Un bilancio piccolo, senza slanci innovativi

ITALIA. Dopo il nuovo patto di stabilità europeo, che ha vietato le spese in deficit, le leggi di bilancio italiane diventano piccole piccole, come quella di quest’anno, che vale solo 18 miliardi. Il problema sono i punti interrogativi che compongono il totale.

Tra le cifre più grosse ci sono un artificio sul trasferimento di fondi Pnrr (sarà d’accordo l’Europa?), il prelievo su banche e assicurazioni (volontario ma senza ancora un accordo), i tagli della spesa dei ministeri. Solo per queste tre voci ballerine se ne va oltre la metà del totale, mentre 8 miliardi di tasse possono solo aumentare. Dell’intervento più strategico, quello sulla difesa, per ora non si fa parola, confidando in uno strappo a parte, autorizzato dall’Europa. Eppure, si tratta di cominciare a salire addirittura al 5% del Pil. Zitti tutti, tranne il ministro della Difesa, che ricorda che l’Italia non può reggere che pochi giorni ad un attacco militare. I tedeschi hanno stanziato centinaia di miliardi e stanno già costruendo bunker in tutto il Paese. Noi non abbiamo un rifugio pronto neppure per il Presidente della Repubblica. Un bilancio piccolo e precario rende ancor più goffe le liti da cortile nella maggioranza e più scarna di idee la proposta dell’opposizione.

In questi ultimi giorni, per sviare l’attenzione hanno avuto spazio gli istinti populistici. Si è alzato il tono sulla tassa per le banche (e poi per le assicurazioni), perché è facile dire pagate voi (come se correntisti e assicurati fossero extraterrestri). E allora ecco la farlocca disputa sugli extraprofitti, nozione sconosciuta agli economisti.

Il ceto medio e i salari

Altre questioni agitate: quella del ceto medio, e dei salari, l’altra faccia della stessa medaglia. A parte una timida agevolazione solo sui rinnovi contrattuali (che scontenterà molti lavoratori esclusi) la risposta è la riduzione della famigerata aliquota della fascia tra 28 e 50mila euro, dal 35% al 33%. Era ora, meglio che niente, ma la riduzione materiale è di 35 euro l’anno per i vicini a 28mila e 440 euro l’anno per i vicini a 50mila: da pochi centesimi al giorno a poco più di un euro quotidiano. I consumi non aumenteranno per questo.

Tutto diverso sarebbe stato un taglio del 10% e salire a 60mila euro di reddito: sono stipendi da 3.000 euro al mese, in Europa già ceto mediobasso, ma da noi sopra i 50mila ci sono quelli che pagano il 40% dell’Irpef pur essendo il 5,8% dei contribuenti. Non si poteva perché Matteo Salvini ha una passione (a parte i condoni): investire sulla vendetta contro la legge Fornero e intaccarne l’essenza, ovvero l’aggancio alla speranza di vita. Il povero Giorgetti, iscritto alla Lega, alla fine, ha escluso dal prolungamento solo il 3%. Salvini sembra quindi aver perso, ma era meglio far di più o addirittura - mentre la Germania incentiva lautamente la permanenza al lavoro - accettare la proposta Nannicini di tagliar le tasse ai giovani neo occupati, in uno scambio nonni-nipoti che i nonni avrebbero gradito. Questa sarebbe stata per lo meno una nota innovativa, dentro una legge che non ha respiro alto. A fatica ci sono soldi sulla sanità, non si dice per cosa, ma probabilmente sono fondi già contabilizzati, buoni solo per aumentare i valori monetari non le percentuali.

Resta fuori il problema chiave, quello della crescita e della politica industriale, visto che per 31 mesi su 35 di vita del Governo è caduta la produzione industriale (-3,5% in agosto). Se ne è accorta anche Confindustria, uscita dall’afasia pro Meloni. Avrebbe incassato solo un acrobatico trasferimento di fondi Pnrr per agevolare gli ammortamenti. Ma aveva chiesto cose ben più importanti in termini di investimenti e di dazi. E sono scomparsi tutti gli incentivi 2025. La legge di bilancio può anche essere una piccola cosa, con un voto positivo in finanza (uscita dalla procedura di infrazione), ma è la politica economica e industriale che bisogna prendere in mano. Meloni vanta stabilità e va bene, ma certi ministri deboli assicurino finalmente competenza al tema più importante di tutti, la crescita del Paese.

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