Una crescita difficile per troppe disparità

MONDO. Alla luce dei crescenti squilibri delle economie occidentali, molti autorevoli analisti di matrice economica classica sostengono che la redistribuzione del reddito a favore delle classi più povere andrebbe a detrimento della crescita economica.

Questo per due motivi. Il primo è che se i più ricchi sono diventati tali in virtù delle loro capacità, togliere ai ricchi vuol dire operare una distribuzione meno efficiente ed efficace delle risorse, con conseguenze negative sulla crescita. Il secondo è che la redistribuzione del reddito potrebbe disincentivare sia le singole ambizioni professionali che gli investimenti nel loro complesso. In netto contrasto con questa tesi si è posto nel 2023 uno studio del Fondo Monetario Internazionale dal titolo «Redistribution, Inequality and Growth». Le ragioni qui sostenute evidenzierebbero, al contrario, come le politiche di redistribuzione del reddito abbiano un effetto positivo sulla crescita, visto che negli ultimi vent’anni a crescere meno sono stati proprio i Paesi con maggiore disuguaglianza. Lo studio prosegue osservando che, proprio l’aumento abnorme delle diseguaglianze economiche e l’impoverimento progressivo della classe media americana sono all’origine della crisi economica del 2008, che ha avuto pesanti conseguenze sulla crescita di molti Paesi. Viene pertanto raccomandato di concentrare l’attenzione sulle «riforme delle politiche fiscali e previdenziali, che costituiscono lo strumento diretto per accrescere gli effetti redistributivi».

L’Italia e le disuguaglianze

Tra i Paesi aderenti al Fondo, l’Italia registra le maggiori disuguaglianze e raggiunge livelli di disparità superiori alla media dei Paesi Ocse. Nell’ottobre del 2023 Banca d’Italia ha pubblicato uno studio con un particolare focus sulla volatilità delle retribuzioni in Italia tra il 1990 e il 2021. Ciò che emerge è un aumento della disuguaglianza nei redditi da lavoro, con conseguente impoverimento complessivo individuale e familiare, al punto che il nostro Paese resta fanalino di coda tra i maggiori dell’Ue, in particolare, Germania e Francia. A rincarare la dose, il rapporto annuale 2024 della Caritas dal titolo «Tutto da perdere». Da esso emerge come in Italia il numero dei poveri assoluti abbia raggiunto i 5,6 milioni, vale a dire il 9,7% della popolazione. Emerge anche che l’Italia è il Paese delle diseguaglianze: l’1% più ricco della popolazione detiene una ricchezza 84 volte superiore a quella del 20% più povero.

Insomma, è evidente come ci si trovi al cospetto di una situazione parecchio critica e ulteriormente degradabile, cui la politica continua a non guardare con la necessaria attenzione, al netto dei soliti fastidiosi proclami. Questo scenario ha determinato negli ultimi trent’anni, ripercussioni consistenti sulla crescita della nostra economia, sempre prossima allo zero, considerato che la produzione del 90% delle imprese italiane dipende dalla domanda interna.

La profezia sul capitalismo

C’è tuttavia un aspetto ancora più esiziale legato alla redistribuzione dei redditi. Un aspetto che potrebbe avere gravi ripercussioni sulla tenuta stessa dell’intero sistema capitalistico occidentale. Poche settimane dopo la storica caduta del «Muro di Berlino» , nel corso di un convegno dedicato alla valutazione di un evento così geopoliticamente mutazionale, due economisti di valore come Siro Lombardini e Paolo Sylos Labini furono concordi nel proporre una riflessione che allo stato attuale delle cose possiamo convintamente definire profetica. Sostennero, infatti, che il crollo del Muro rappresentava una tangibile prova del fallimento del sistema comunista, dimostratosi non in grado di perseguire il suo principale obiettivo: un’efficace redistribuzione del reddito. Ciò, per l’incapacità di produrre le risorse necessarie allo scopo. Evidenziarono, anche, che il sistema capitalistico aveva vinto proprio per la sua enorme capacità di produrre ricchezza, ma che sarebbe entrato in crisi se non si fosse dimostrato capace di ridistribuirla.

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