Una piccola elezione diventa test nazionale

ITALIA. Domenica 21 e lunedì 22 aprile si vota in Basilicata, è la terza competizione regionale del 2024 (le prime due sono finite una a una tra il centrosinistra, vincitore in Sardegna, e il centrodestra, trionfante in Abruzzo).

Benché la Basilicata sia una piccola regione il cui peso politico nazionale è stato sempre marginale, le liti tra i partiti tra Potenza, Matera e Roma sono state talmente aspre che persino una elezione lucana ormai oggi è considerata un test attendibile in campo nazionale alla vigilia delle elezioni europee di giugno. Alla fine, un qualche accordo è stato trovato sia da una parte che dall’altra ma a prezzo di faticosissime mediazioni. Con una differenza: che il centrodestra all’ultimo momento è riuscito ad allestire un palco dove sono saliti tutti i capi nazionali per sostenere il loro campione, il generale Vito Bardi, governatore uscente, a suo tempo scelto da Berlusconi. Viceversa nel centrosinistra, anche se dopo tante tribolazioni democratici e pentastellati sosterranno un unico candidato, Conte ed Elly Schlein non sono riusciti a farsi vedere insieme nel comizio finale e sono arrivati sul posto in giornate diverse.

Il tira-e-molla sui candidati è stato senza risparmio. Salvini avrebbe voluto silurare Bardi per mettere un leghista al suo posto ma Tajani ha opposto una resistenza strenua: «Il generale non si tocca!» ha ripetuto in tutte le riunioni minacciando fuoco e fiamme. Tra Forza Italia e Lega da tempo è in corso la gara per il secondo posto nella coalizione: gli azzurri, rinfrancati dagli ultimi risultati regionali e sollevati per aver potuto dimostrare di non essere finiti dopo la morte del fondatore, si sono messi in testa di superare la Lega. Salvini, che deve affrontare i malumori interni per la sua condotta politica recente e deve subire le critiche sempre più dure di Umberto Bossi, non può darla vinta a Tajani: per lui le amministrative e soprattutto le europee sono una prova che deve essere assolutamente superata.

La Meloni guarda la scena con un filo di preoccupazione: una Lega in crisi è un fattore di instabilità, e si trasformerebbe ancor più di oggi in un pungolo quotidiano alla ricerca dei voti perduti. Ecco perché i numeri della Basilicata sono importanti, perché anticipano quelli per le Europee: non è un paragone corretto, certo, eppure ci potete giurare che così verranno letti domani sera (sperando che i lucani siano più svelti dei sardi a scrutinare le schede).

Quanto al centrosinistra, il tormento è stato ancora peggiore. Intanto è cominciato con un clamoroso annuncio: Carlo Calenda ha deciso di appoggiare Bardi portando i suoi voti al centrodestra. Attenzione, perché in Basilicata Calenda è rappresentato da Marcello Pittella, ex governatore, uscito completamente pulito dai guai giudiziari che lo avevano azzoppato, e adesso pronto a utilizzare il suo serbatoio di voti che è ancora molto consistente e che potrebbe fare la differenza assicurando a Bardi la vittoria. Calenda avrebbe voluto che il centrosinistra accettasse la candidatura proprio di Pittella ma Conte non ne ha voluto neanche discutere. E lo stesso Conte ha poi silurato uno dopo l’altro ben due candidati scelti dal Pd, entrambi personalità in vista come Angelo Chiorazzo che guida una delle più importanti cooperative di servizio sociale del Paese, e come Domenico Lacerenza, un chirurgo molto stimato in regione. In conclusione si è trovato un accordo di pace su un altro esponente del Pd, Piero Marrese, un sindaco della costa jonica. Ma tra i due partiti c’è il gelo.

Due elementi avranno un peso in questa piccola-grande gara: in Basilicata non c’è il voto disgiunto (ricordate in Sardegna cosa successe al candidato del centrodestra?) e non c’è il ballottaggio, per cui vincerà chi prenderà un voto in più al primo colpo. Dopodiché gli aruspici cominceranno a fare i loro vaticinii su come andrà la finalissima europea di giugno.

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