Faida trapper: Simba La Rue resta in cella, disposta perizia medica

L’inchiesta Resta in carcere Simba La Rue, al secolo Mohamed Lamine Saida, il rapper di 20 anni, accoltellato lo scorso giugno a Treviolo, arrestato nell’ambito dell’inchiesta su una presunta «faida» tra due gruppi rivali di trapper. Disposta consulenza medica per stabilire la compatibilità con il carcere: il giovane in seguito all’accoltellamento è stato sottoposto a un intervento neurochirurgico e rischia di avere danni permanenti a una gamba.

Resta in carcere Simba La Rue, al secolo Mohamed Lamine Saida, il rapper di 20 anni arrestato con altri tre giovani nell’ambito dell’inchiesta del pm di Milano Francesca Crupi su una presunta «faida» tra due gruppi rivali di trapper. Per il gip Guido Salvini, che ha rigettato la richiesta di revoca della misura cautelare, il suo racconto sul sequestro del rapper rivale Baby Touché, non è «credibile». Per il giudice, secondo quando emerge nella sua ordinanza, è infatti «improbabile» che si sia trattato di una operazione mediatica, per catturare like e followers sui social, concordata tra i due. Il gip Salvini ha invece accolto la richiesta dei domiciliari per C. M., manager di Simba noto con il nome di «Malippa». Avrebbe avuto «un ruolo certamente minore» nella vicenda, si legge nell’ordinanza, e «ha riferito di aver visto le violenze usate contro Baby Touchè», oltre ad avere spiegato «in modo convincente di essersi opposto a quanto stava succedendo e cercato di convincere anche Saida a risolvere in altro modo i loro problemi».

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Il gip ha anche disposto una consulenza medica per stabilire la compatibilità con il carcere per Simba La Rue, che in seguito all’accoltellamento del 15 giugno a Treviolo, in provincia di Bergamo, è in condizioni gravi al punto che si è reso necessario un intervento neurochirurgico e rischia di avere danni permanenti a una gamba. Per il gip Salvini la «versione sostenuta da Simba La Rue e degli altri indagati accusati» del sequestro di Baby Touchè «non appare allo stato credibile e comunque la stessa scena così come descritta dagli indagati stessi e dai testimoni esclude che la persona offesa abbia potuto agire e muoversi libero nella volontà in occasione dell’episodio iniziato in via Boifava e conclusosi a Calolziocorte nella zona di Lecco». Inoltre, «alla presunta riconciliazione avrebbe dovuto far seguito un video girato in comune dei due protagonisti della vicenda di cui tuttavia non vi è alcuna traccia». Invece poco tempo dopo le violenze di via Boifava «presumibilmente come diretta conseguenza dell’umiliazione subita da Baby Touchè» c’è «stata l’aggressione a coltellate in danno di Simba La Rue in provincia di Bergamo in occasione della quale egli è stato quasi ucciso».

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Il giudice, che l’altro ieri ha concesso i domiciliari anche a S. B. S., a cui gli inquirenti attribuiscono il ruolo di “esca» in diversi episodi di violenza, M. L., 22 anni, nel motivare il rigetto, ha sottolineato come «ancora più dei precedenti penali e giudiziari degli indagati il pericolo di reiterazione nasce dallo stesso contesto culturale in cui i fatti sono avvenuti». Infatti ha parlato di un «un mondo che esprime assoluto e rifiuto dell’intera realtà sociale in cui vive e in cui il pensiero normale, rispetto anche ai fatti più gravi, segue regole di “giustizia privata” senza ricorrere alla giustizia ordinaria. A chi la rappresenta non c’è alcun bisogno né si sente l’esigenza di dire la verità». In più ritiene che «la immediata «diffusione sui social (...) via video delle azioni di violenza e gli stessi messaggi di violenza contenuti nella produzione artistica del gruppo da un lato è tale da scatenare un potente effetto imitativo e d’altro lato è la stessa pressione che viene dai consumatori dei social a premere affinché nuove azioni vengano compiute in una sorta di corto circuito». «In questo quadro - annota sempre il gip Salvini - il rischio di ripetizione di simili azioni può essere eliminato solo tramite un percorso di riflessione e di recupero che non vi è ancora, se non per qualche segnale mostrato durante gli interrogatori, e che comporta tempi assai più lunghi»

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