
La Buona Domenica / Bergamo Città
Domenica 27 Aprile 2025
Al «Galgario» la cura e la tenerezza sanno volare in alto come colombe
SOLIDARIETÀ . I lavoretti in legno intagliati dagli ospiti del «Punto sosta» e colorati dai bimbi della «Casa di Leo».
«Bisogna prendersi cura degli altri con gentilezza» diceva Papa Francesco. Sono parole che nel chiostro del «Punto sosta» del Galgario, in questi giorni, hanno preso la forma delicata di colombe appese come decorazione, frutto di una collaborazione inedita: a intagliarle nel legno sono stati infatti alcuni ospiti della struttura, gestita da Caritas Bergamasca, a dipingerle i bambini della Casa di Leo.
Generazioni e fragilità diverse si sono incontrate in un «laboratorio di bellezza», dal forte valore simbolico. Le colombe parlano di gioia, pace e rinascita, e sono state realizzate per abbellire un luogo dove le persone cercano sollievo da vissuti crudi e difficili.
«La Casa di Leo»
«La Casa di Leo», progetto di Eos Aps (Associazione di promozione sociale) si rivolge alle famiglie di bambini in terapia all’Ospedale Papa Giovanni XXIII, per offrire loro accoglienza e mettere a disposizione un luogo dove sia possibile trovare forza e serenità necessarie per affrontare l’esperienza della malattia. «Abbiamo pensato di creare una collaborazione con il Galgario - sottolinea Sabrina Locatelli, responsabile dell’area minori e progetti dell’associazione - per promuovere la creatività degli ospiti delle due strutture creando un circolo virtuoso di condivisione. Siamo stati coinvolti nella realizzazione di piccole colombe di legno, simbolo di pace, speranza e rinascita. I bambini con pennelli e colori hanno dipinto queste colombine con motivi geometrici, arcobaleni, stelline, per decorare il dormitorio».

Sulle sagome hanno scritto i nomi di ogni bambino che è stato alla Casa di Leo: «Ogni nome rappresenta una storia, un sorriso, una sfida affrontata con coraggio. Questo gesto vuol essere simbolo di accoglienza, memoria e gratitudine, perché ognuno ha lasciato qualcosa di speciale nella Casa di Leo, lasciandola più viva, più vera e più umana».
La riflessione con i bambini
Per i bambini è stato un momento di gioco e divertimento, anche se è stato spiegato loro il valore di questa iniziativa: «Sono piccoli - prosegue Sabrina - perciò abbiamo detto in modo molto semplice che quelle colombe erano destinate a persone, che, come loro, stanno attraversando una situazione faticosa e hanno bisogno di trovare coraggio e speranza, come accade anche a loro nella Casa di Leo. Sono due realtà diverse nei contenuti e nei protagonisti, ma entrambe si impegnano a trasformare la sofferenza in carburante per ottenere una vita migliore possibile. Nel laboratorio sono state coinvolte anche le famiglie e i genitori».
«Questo scambio ha rappresentato un segno concreto d’incontro sia per i ragazzi del Galgario sia per i bambini della Casa di Leo che hanno trascorso un momento di svago creativo»
Un gemellaggio che appare come un modo per sigillare con l’oro le ferite, come accade nell’arte giapponese del kintsugi, per trasformarle in qualcosa di bello: «Per noi - osserva Sabrina - questo scambio ha rappresentato un segno concreto d’incontro sia per i ragazzi del Galgario sia per i bambini della Casa di Leo che hanno trascorso un momento di svago creativo, sapendo che dietro c’erano una condivisione di valori e un progetto più grande».
«Legame di solidarietà»
Non solo, quindi, un laboratorio artistico fine a sé stesso: «È la manifestazione di un legame di solidarietà reciproca che ci auguriamo di poter rafforzare in futuro - conclude Sabrina -. Crediamo nella sinergia tra diverse realtà e associazioni del territorio. Le collaborazioni sono vincenti e arricchenti per tutte le realtà che entrano in contatto con noi».
È già capitato che i volontari di Galgario e Casa di Leo si siano incontrati e scambiati aiuto in diverse manifestazioni, dalle iniziative di raccolta fondi alle camminate non competitive, in un rapporto virtuoso che contribuisce ad alimentare legami di amicizia.
Il lavoro della Caritas
Gli operatori della Caritas, da parte loro, cercano di costruire quotidianamente un ambiente accogliente non solo dal punto di vista logistico, ma anche delle relazioni, contribuendo a restituire dignità a persone, che normalmente restano ai margini della società, prive di punti di riferimento, smarrite come naufraghi in mare aperto, in balia delle tempeste della vita.
«È già capitato per esempio che il cibo in eccedenza della Casa di Leo abbia alimentato il “Galga-bar”, dove le persone che frequentano il Centro diurno possono trovare una bevanda e uno spuntino»
«In questa collaborazione con La Casa di Leo - dice Mauro Palamini, operatore Caritas - si intrecciano fili di stima reciproca e solidarietà nella cura delle persone. Sono diverse fragilità che entrano in contatto e si sostengono a vicenda, attraverso piccoli gesti e attenzioni. È già capitato per esempio che il cibo in eccedenza della Casa di Leo abbia alimentato il “Galga-bar”, dove le persone che frequentano il Centro diurno possono trovare una bevanda e uno spuntino. Un incontro nel segno della cura, in cui due mondi e due realtà così diverse e distanti si ritrovano unite in un atteggiamento di accoglienza e disponibilità».
Il «Punto Sosta» del Galgario
Nel «Punto Sosta» del Galgario si ritrovano persone di età, condizioni, culture e provenienze diverse, che hanno in comune situazioni di precarietà, dolore, difficoltà, solitudine. Spesso non hanno un posto a cui tornare, non solo in senso fisico, perché hanno perso anche affetti, amici e famiglia, a volte perfino il senso di sé, impegnati come sono a sopravvivere, come se si affannassero a nuotare appena sotto il pelo dell’acqua, con la continua minaccia di affondare.
«Cerchiamo di rendere questo luogo bello e piacevole»
Eppure, non è questo che si percepisce entrando nel Punto sosta, aperto tutti i giorni dalle 14,30 alle 17,30. C’è la possibilità di fermarsi a chiacchierare, giocare a calcetto oppure a carte, prendere un caffè, riposare, guardare la televisione. Di sabato si ricrea l’atmosfera dell’oratorio, con le partite di calcetto e la tombola. Sono tante le iniziative in cui vengono coinvolti tutti i cittadini, proprio per restituire la cittadinanza anche agli ultimi, a chi si sente sempre ai margini. Gli operatori fanno in modo di creare un’atmosfera serena, in cui ognuno possa sentirsi davvero accolto, e magari trovare un po’ di serenità: «Cerchiamo di rendere questo luogo bello e piacevole - chiarisce Mauro - con immagini, fotografie, decorazioni. Ed è ancora più bello se questi segni sono espressione di gesti di attenzione e sensibilità verso le persone che ospitiamo».
«Bellezza che diventa cura»
Il caso delle «colombine»non è isolato. Nel chiostro del Galgario si trovano infatti anche ghirlande di fiori e farfalle di carta confezionati da un gruppo di mamme di Curnasco e bellissimi «mandala» realizzati all’uncinetto da alcune signore di Bonate Sotto. «La bellezza - prosegue Mauro - può diventare una cura, nobilitare le persone, toccare l’anima e offrire un po’ di luce a chi deve affrancarsi da storie sofferte e ingarbugliate, e per questo ha bisogno di tempo, pazienza e tenerezza».
«Importante essere presenti»
A collocare le colombine colorate nel porticato sono stati Pietro Bonzi e Davide Tironi, due seminaristi del secondo anno di Teologia, che negli ultimi mesi hanno svolto al Galgario alcune ore di servizio. «L’incontro con i frequentatori del Punto Sosta - racconta Pietro - non è mai facile né scontato, anche se gli educatori sanno creare un clima familiare e accogliente. Pian piano ci siamo conosciuti e abbiamo instaurato un rapporto positivo di rispetto reciproco. Abbiamo capito che qui la cosa più importante non è “guarire” o “salvare” le persone ma essere presenti e per quanto possibile vicini».
«Qui ci si senta a casa»
Il Punto Sosta offre esperienze ed emozioni intense: «Ci siamo impegnati - aggiunge Davide - per fare in modo che chi passa di qui si senta a casa, per offrire dei buoni ricordi, perché resti traccia dei momenti trascorsi insieme, cercando di arricchire anche questo luogo di contenuti, come le immagini che hanno guidato i cammini diocesani di riflessione durante la quaresima».
«Non possiamo chiedere su due piedi di cambiare e uscire dalla situazione in cui si trovano, bisogna soprattutto esserci, capire se si può intraprendere un cammino»
«Ascoltare senza giudicare»
Quando si apre la porta si può entrare e dimenticare per qualche ora i problemi della vita di strada, trovare un ambiente sereno, lasciare da parte tensioni e conflitti: «Sono persone che incontriamo nei diversi servizi che Caritas mette a disposizione - spiega Mauro - frequentano già le docce e la mensa. Il Galgario diventa un punto d’incontro, dove costruire relazioni di fiducia reciproca. Non possiamo chiedere su due piedi di cambiare e uscire dalla situazione in cui si trovano, bisogna soprattutto esserci, capire se si può intraprendere un cammino, con tempi e modi possibili, diversi per ognuno. Siamo qui per ascoltare senza giudicare. Ci sono momenti in cui finalmente qualcuno si apre, si confida e affida a noi. Sono momenti semplici ma di significato profondo, in cui si mette in gioco moltissimo».
La testimonianza
C’è anche un angolo per pregare, in cui ci sono anche dei libri, come il Vangelo e il Corano. La fede può essere di sostegno a percorsi così complessi. «Sono diventato cristiano da adulto - racconta Anas, presente ogni giorno al Punto Sosta - sono passati sei anni da quando ho ricevuto i sacramenti. Avevo un lavoro ma poi l’ho lasciato, ho litigato con la mia famiglia e gli operatori della Caritas mi stanno dando una mano da quando li ho incontrati. Mauro mi ha chiesto di aiutarlo a realizzare le forme delle colombine di legno e per me è stato un piacere e un onore dedicarmi a questa attività. Mi ha commosso sapere che le avrebbero decorate dei bambini malati. Penso che questo sia stato per loro un modo per distrarsi ed esprimere quello che hanno dentro. Mi sono immaginato i loro volti, la sofferenza che stanno provando, e questo mi ha condotto a ridimensionare quello che ho provato e sofferto nella mia vita. In fondo non penso che la mia condizione sia dura come la loro. A volte vedo altri che rispondono male agli operatori e mi innervosisco, perché per me questo è un luogo sacro, come le docce Zabulon e la mensa dei frati Cappuccini».
«Ho trovato aiuto»
«Sono posti - conclude Anas - in cui persone in difficoltà come me, trovano aiuto concreto. In cambio penso sia giusto comportarsi con rispetto e risolvere le proprie questioni in altre sedi. Qui sto davvero bene, ho trovato aiuto e appoggio, è il posto più simile a una casa per me, in questo momento. Cerco di contraccambiare l’aiuto come posso, anche con piccoli gesti, dando una mano a fare le pulizie, sistemare il giardino, curare gli ambienti. Sono gesti che mi aiutano a sentirmi di nuovo me stesso, al di là di quello che mi è accaduto in passato, dandomi speranza per un nuovo percorso di vita».
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