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Martedì 06 Maggio 2025
Dazi auto, la mannaia anche sui componenti: «Filiera preoccupata»
LO SCENARIO. Tariffa Usa in vigore da sabato 3 maggio, pesa per il 25%. Bergamasca in prima linea nel settore con 5.900 addetti. Piccinali (Confindustria): «Perdiamo in competitività».
Dal 3 maggio sono entrati in vigore, ultimi in ordine di tempo, i dazi del 25% decisi dal presidente Trump sulle importazioni di componentistica auto: pneumatici, freni, molle, cerniere, pompe, iniettori e molto altro. Lavorazioni che vedono la Bergamasca in prima linea: secondo dati Istat le unità locali coinvolte nelle fasi di trasformazione manifatturiera sono 89 (per oltre 5.900 addetti, il 5% del totale nazionale), di cui una quarantina di società di capitali che fatturano complessivamente circa 4,5 miliardi di euro (il 13% del valore nazionale).
Per evitare che queste tariffe si sommino ad altri dazi, come quelli del 25% previsti su acciaio e alluminio, nei giorni scorsi Trump ha emanato un ordine esecutivo grazie al quale i costruttori che producono e vendono negli Stati Uniti possono ottenere rimborsi fino al 3,75% del valore della vettura. L’amministrazione americana ha messo a punto un piano che prevede che i dazi vengano eliminati gradualmente in rapporto al trasferimento della produzione delle case automobilistiche straniere dall’altra parte dell’Atlantico. Questo, infatti, è il vero obiettivo di Trump.
«Perderemo competitività»
«I nuovi dazi del 25% sulla componentistica auto faranno perdere competitività alle nostre imprese, che scontano anche la svalutazione del dollaro rispetto all’euro, e quindi un rincaro dei loro prodotti sul mercato americano», sottolinea il presidente del Gruppo Meccatronici di Confindustria, Agostino Piccinali.
Un’altra tegola
È l’ennesima tegola che si abbatte sul settore, già alle prese con il rallentamento della Germania, principale mercato di esportazione per la componentistica bergamasca. Ora a tutto questo si aggiunge l’annuncio di diverse case produttrici a fermare investimenti e assunzioni per l’incertezza determinata dalle decisioni dell’amministrazione Trump.
«La mobilità sta cambiando»
«C’è preoccupazione anche tra imprese che nel 2024 hanno tenuto, perché invece gli ordinativi per il 2025 non sono incoraggianti», commenta Piccinali. Una preoccupazione che va oltre i dazi di Trump: «Tutta la filiera risente dell’andamento stagnante della domanda di auto anche per un’altra ragione: la mobilità in Europa sta cambiando, specialmente nelle città le vetture si vendono di meno, i giovani utilizzano sempre più mezzi alternativi», fa presente il presidente dei Meccatronici di Confindustria.
«Complicato aprire negli Usa»
Pensare di compensare le perdite di mercato in Europa e i dazi di Trump aprendo stabilimenti negli Stati Uniti non è semplice. «Sebbene la burocrazia americana sia più veloce della nostra, mettere in piedi un sito produttivo richiede tempo, come pure reperire la manodopera necessaria - commenta Piccinali -. Non si tratta soltanto di trovare i dipendenti, ma di trattenerli, cosa davvero difficile negli stabilimenti americani, dove il turnover si avvicina al 100% annuo. Di positivo per un’impresa italiana ci potrebbero essere un minore costo dell’energia e tasse più vantaggiose, perché Trump sarebbe intenzionato a ridurre l’imposizione fiscale anche sulle imprese. Di contro, però, il costo del personale è decisamente più alto che da noi».
La Cina
Poi c’è il capitolo Cina. A breve termine la perdita di competitività dei prodotti europei rispetto a quelli del Dragone è in parte compensata dai dazi al 125% imposti da Trump a Pechino, ma l’unica via d’uscita a lungo termine per il comparto automotive, secondo Piccinali, è che i costruttori europei di auto accelerino sull’evoluzione tecnologica: «Bisogna recuperare il tempo perduto, essendo però consapevoli che le vendite che i costruttori tedeschi facevano in Cina non torneranno, quindi dovrà per forza esserci una graduale riconversione forzata delle imprese della filiera automotive verso altre produzioni».
Sempre sperando che, nel frattempo, i negoziati in corso tra Usa e Unione europea possano portare a una rimodulazione dei dazi nei prossimi mesi, in modo da contenere i danni per tutta la filiera dell’auto.
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