L'Editoriale
Venerdì 16 Giugno 2023
I movimenti al centro, Meloni tiene le carte e pretendenti in attesa
POLITICA. Ora che sono passati i giorni del trionfale cordoglio nazionale per la scomparsa di Silvio Berlusconi si torna all’ordinario della vita politica. Che ha all’ordine del giorno una sola domanda: che fine farà Forza Italia?
Un partito carismatico e personale, costruito su misura da un leader irripetibile che ha via via negli anni prima illuso e poi eliminato ogni possibile erede (essendo convinto di non poterne avere alla sua altezza) difficilmente potrà resistere a lungo senza poter guardare ogni mattina al sole che sorge da Arcore. Il partito oltretutto è un coacervo di correnti che si sono sempre fatte la guerra e che trovavano la pacificazione solo sotto l’ombrello del padre-padrone (che peraltro faceva la stessa cosa, finché ha potuto, anche con gli alleati della coalizione). Forza Italia si è sviluppata fatalmente come una corte in cui il potere derivava dalla maggiore o minore vicinanza al re: non a caso si parlava dell’alternanza di vari «cerchi magici» di pochi eletti(e) che gestivano - in genere per un tempo limitato - la vita del partito azzurro. Che nel tempo, a causa della fatale decadenza anagrafica e sanitaria del Cavaliere, ha perso ben più di due terzi dei voti dei bei tempi: ora stiamo parecchio sotto il 10%. Che, attenzione, non è poco: quei voti fanno parecchio gola a tanti.
Quindi, dando per scontata lo spegnersi del partito come è adesso, ci si chiede chi erediterà il consenso berlusconiano. La risposta più evidente la si aveva guardando cosa accadeva nella prima fila davanti all’altare durante i funerali in Duomo a Milano: dagli abbracci e dagli ossequi si capiva che l’erede più evidente è Giorgia Meloni. È lei il capo del governo e della coalizione, è naturale che tutti gli sguardi si indirizzino sulla sua persona. Ma questo non vuol dire che il trapasso possa essere facile: non pochi elettori di Forza Italia, moderati, perlopiù centristi, ex democristiani, ex socialisti, ex liberali o repubblicani potrebbero essere in difficoltà a votare un partito di destra erede del Msi: potrebbe però fare la differenza se Meloni in vista delle prossime elezioni europee riuscisse a cucire l’alleanza tra i suoi Conservatori e Riformisti e i grandi capi del Ppe. Ecco, sotto il cappello dei popolari europei gli elettori già berlusconiani potrebbero trovarsi rassicurati e andare dove la corrente va. Nel frattempo però, dando prova di un certo stile, Meloni ha annunciato che Fratelli d’Italia non accoglierà (per ora) i deputati e i senatori forzisti che volessero cambiare casacca. Se ne parlerà semmai dopo, appunto, le Europee dell’anno prossimo.
Ma non c’è solo Meloni, in campo. Anche Salvini, in nome della lombardità per dir così di Forza Italia, potrebbe tentare un travaso di voti che rafforzi le sue fila che le ultime elezioni hanno tanto indebolito.
C’è poi Matteo Renzi, da alcuni definito il figlio politico che Silvio non ha avuto, tentato da un allungo che poteva essere più efficace se il suo cosiddetto «Terzo Polo» non si fosse sfasciato sotto i colpi della rivalità con Carlo Calenda.
Tutto questo in prospettiva, ancorché piuttosto ravvicinata. Nel frattempo però c’è il day-by-day della vita del governo e del Parlamento. E ci sono i due gruppi parlamentari di FI - si badi bene: sia alla Camera che al Senato determinanti per raggiungere la maggioranza - che, privi di guida, potrebbero dare non pochi grattacapi all’inquilina di Palazzo Chigi. A loro dovrà badare Antonio Tajani, nominato ieri presidente pro tempore del partito e con uno standing politico di tutto rispetto che lo attrezza per affrontare la prova. Da notare che Tajani è considerato il ministro «più meloniano» di Forza Italia.
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