Il rebus regionali: la Lega vuole ricompense

POLITICA. Ora che, con l’intervento della magistratura si è chiusa la lite sulla Sardegna, non è detto che si siano risolte tutte le questioni aperte nel centrodestra alle prese con le candidature delle regionali.

Dicevamo della Sardegna: il governatore uscente Solinas è stato di fatto messo fuori gioco dall’inchiesta per corruzione che, dopo mesi che andava avanti, ha avuto uno scarto improvviso (sequestro di beni per 350mila euro) al punto che Salvini, che su quel nome sembrava essersi incaponito, ha mollato la presa. Come molti avevano già capito, la bandiera del centrodestra sarà sventolata dalla persona scelta da Giorgia Meloni, e cioè il sindaco di Cagliari Paolo Truzzu, giovane e brillante fedelissimo della premier, esponente di quella che viene ormai chiamata «la generazione Atreju». FdI l’aveva incoronato candidato anche senza il benestare di Salvini, e ora ha avuto partita vinta. Certo, bisogna vedere cosa farà Solinas stesso che di per sé un partito suo - il Psd’Az, Partito sardo d’azione - ce l’ha e potrebbe anche correre in solitudine, ma certo l’inchiesta lo ha molto ammaccato. «Siamo per l’unità della coalizione», dicono i leghisti che però aggiungono: «Adesso siamo in credito». Salvini comprensibilmente vuole una compensazione in più rate.

La prima rata riguarda la Basilicata, attualmente guidata da un forzista scelto personalmente a suo tempo da Silvio Berlusconi, l’ex generale della Finanza Bardi. «E lui non si tocca» proclamano bellicosamente gli esponenti di Forza Italia, da Tajani in giù, ai quali tuttavia quelli di FdI ricordano che a suo tempo i meloniani fecero un passo indietro in Sicilia, cedendo il posto di Nello Musumeci a Renato Schifani. Dunque… vedremo se Tajani cederà: se lo farà, chiederà anche lui in cambio qualche altra carta, però per il momento è un ostacolo che Salvini deve saltare.

Seconda rata chiesta dal leader leghista: il via libera al terzo mandato per i governatori regionali. Serve a mantenere al proprio posto il governatore veneto Zaia, campione d’ascolti. Ma è proprio a quel posto che mirano i Fratelli d’Italia, convinti che adesso tocchi a loro governare il Veneto, dunque sono contrari al terzo mandato, incuranti del fatto che, senza certezze sul suo futuro in laguna, Zaia in giugno correrà per le Europee sapendo che raccoglierà una barca di voti che potrebbero lanciarlo sul piano nazionale se le Europee alla Lega dovessero andar male male. Che il Carroccio scenda da quel favoloso 34,3% di cinque anni fa (40 e passa nel Nord Ovest, tanto per dire, con sette eletti tra cui lo stesso Salvini) è cosa scontata, il problema è che non scenda al di sotto dell’8,8% delle politiche del 2022. In quel caso un Salvini sofferente potrebbe subire la concorrenza di uno Zaia super-votato sul piano personale.

È pur vero che il capo della Lega ha in serbo una carta che non è più segreta: candidare il generale Vannacci ovunque convenga e aspettare che il militare ripeta nelle urne il successo che ha raccolto col suo libro controcorrente. Dicono che la sua presenza in lista potrebbe portare in dote addirittura un 3% di voti in più - ma certo è tutto da dimostrare in un’epoca politica come la nostra in cui i fenomeni politici sono come i palloncini, si gonfiano e si sgonfiano in un battibaleno.

Quanto alla terza rata della compensazione che Salvini chiederà a Giorgia Meloni è probabilmente quella nel sistema di potere sottostante il governo: ci sono parecchie cariche che scadono nelle società partecipate (Cassa depositi e prestiti, Rai e Ferrovie, per dirne alcune) e la Lega negli ultimi tempi non sempre si è sentita trattata bene quando si è seduta al tavolo dei negoziati con gli alleati.

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