L’Europa ha pagato dazio e regala la Web tax a Trump. Sacrificata l’equità fiscale

MONDO. Bruxelles ha mollato il colpo proprio sul fronte dove stava timidamente provando a costruire una sovranità europea digitale e fiscale.

C’è un’arte che Donald Trump padroneggia come pochi: quella della negoziazione muscolare, spacciata per patriottismo economico. Nel campo da golf di sua proprietà di Turnberry, sulla costa scozzese, la partita migliore l’ha giocata contro Ursula von der Leyen. Con la sua solita arrogante tattica commerciale, aveva chiesto il 30% per avere il 15 e infatti l’ha ottenuto, mentre la presidente della Commissione ha lasciato sul tavolo - sul prato in questo caso - pesantissime condizioni. Tra l’altro l’Unione europea acquisterà 150 miliardi di dollari di energia dagli Stati Uniti, e investirà 600 miliardi di dollari nel partner americano. L’Italia, come sempre in queste grandi manovre transatlantiche, si trova a contare i danni a giochi fatti. Secondo Confartigianato sono 25.037 le imprese italiane che nell’ultimo triennio hanno esportato direttamente e stabilmente verso gli Usa, con un valore complessivo delle vendite che ha raggiunto 56,4 miliardi di euro nel solo 2024. In media il mercato americano rappresenta il 13,4% delle esportazioni totali di ciascuna impresa esportatrice. In particolare, Confartigianato segnala oltre 6mila imprese italiane vulnerabili poiché concentrano sul mercato statunitense oltre il 50% delle proprie esportazioni totali, pari a 11,1 miliardi di euro. Ci saranno lacrime e stridore di denti, col rischio di decine di migliaia di posti di lavoro persi, perché ovviamente bisogna considerare gli effetti a catena su fornitori e su tutto il fragile tessuto delle pmi.

Il tema Web tax

Ma la cosa preoccupante non è l’accettazione di uno «squilibrio» nelle tariffe: 15% sui beni del Vecchio Continente, da zero a 4,8 per i prodotti americani, bensì quello che l’Unione ha concesso a Trump, i «doni» offerti alla corte dell’imperatore per limitare i danni. Si sa che il presidente americano è insofferente rispetto alle regole internazionali e non si cura degli enormi conflitti di interesse in cui egli stesso è coinvolto (ad esempio sugli affari sulle criptovalute). I termini dell’accordo non sono chiari (e forse non lo saranno mai), ma che ne sarà dei regolamenti europei sui servizi sul digitale e sulle criptovalute europee, il Micar, con rischi di speculazione enormi? Per non parlare della Web tax, la proposta di legge portata avanti faticosamente in questi anni che punta, nell’era dell’economia digitale, alla regolamentazione della tassazione per le multinazionali che operano in Rete, con l’obiettivo di garantire equità fiscale e concorrenza leale. In un’ottica di guerra all’evasione fiscale la Commissione aveva già sanzionato le maggiori aziende digitali globali chiedendo il pagamento di miliardi di euro. Si tratta delle cosiddette Big Tech, quasi tutte americane, da Google a Meta, che nei decenni scorsi hanno goduto di immensi vantaggi fiscali facendo business in Europa senza pagare un euro alla collettività. I loro proprietari erano tutti in fila al discorso di insediamento di Trump, che hanno largamente foraggiato in campagna elettorale. E oggi riscuotono il loro appoggio a «The Donald». L’Unione infatti non prende in considerazione l’idea di introdurre una Web tax. Le «Big Tech» come Google, Microsoft, Netflix producono nel settore dei servizi un possente saldo positivo negli scambi con l’Europa e dunque rientrano perfettamente nella logica protezionistica trumpiana. L’Unione ha quindi voluto sgombrare il campo dagli equivoci e offrire al presidente americano un altro scalpo in questa Waterloo economica. C’è chi dice che in fondo era la cosa migliore da dare in pasto a Trump come fumo negli occhi perché si trattava solo di un progetto, peraltro difficile da applicare a livello internazionale. In realtà in nome della de-escalation commerciale, Bruxelles ha mollato il colpo proprio sul fronte dove stava timidamente provando a costruire una sovranità europea digitale e fiscale. Si trattava di un faticoso e coraggioso precedente che avrebbe fatto da battistrada nel mondo. E che rischia di naufragare miseramente, dopo mille sforzi, in un campo da golf scozzese.

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