
Vicino ai malati anche col Covid. L’ospedale piange fra Aquilino
IL LUTTO. Il Cappuccino è stato a lungo cappellano del «Papa Giovanni». Durante la pandemia al fianco di pazienti e medici. Si è spento a 88 anni.
Per nove anni è stato cappellano all’Ospedale Papa Giovanni XXIII, girando i reparti per portare conforto e speranza ai malati. Ma soprattutto, durante il Covid, è diventato un angelo consolatore, per tanti malati e per i loro famigliari, che non potevano visitarli.
Chi era Fra Aquilino
È morto domenica sera, nell’infermeria del convento dei Cappuccini di Borgo Palazzo, fra Aquilino Apassiti. Aveva 88 anni. Era nato il 12 ottobre 1936 a Sforzatica di Dalmine e battezzato con il nome di Pietro. A 12 anni, in parrocchia sente la predicazione di un frate Cappuccino e riemerge la vocazione che da tempo aveva nel cuore. Entra quindi nel convento di Albino per il noviziato ed emette la professione religiosa perpetua nel 1957 a Cerro Maggiore (Milano), ma sceglie di non diventare sacerdote. Vorrebbe partire per le missioni, ma i superiori gli affidano alternativamente gli impegni di questuante, sacrista, cuoco, portinaio e infermiere professionale nei conventi di Varese, Como, Borgo Palazzo e Milano. Nel 1988, a 52 anni, può coronare il suo sogno missionario nel Nordest del Brasile, impegnato nella pastorale, a costruire dispensari e chiese, a combattere miseria, malaria e lebbra.
La malattia e la guarigione
Nel 2013 gli viene diagnosticato un tumore al pancreas all’Ospedale Papa Giovanni, ma guarisce inaspettatamente, tanto da far parlare di miracolo. «Un giorno – ricorda padre Attilio Gueli, cappellano al Papa Giovanni – il medico che l’aveva curato gli dice: “Ma lei doveva essere al cimitero”. Fra Aquilino gli risponde: “Lei mi ha curato bene”. Per tutta risposta il medico indica il Cielo, per dire che lassù Qualcuno ci aveva pensato». Nel 2014 viene assegnato nello stesso ospedale come cappellano, passando reparto per reparto avvicinando degenti e parenti, ed è anche diligente sacrista della chiesa della struttura. Poi scoppia il Covid. Lui respinge con fermezza l’idea che sia un castigo di Dio e la sera nella sua camera prega: «Signore, manda una benedizione e aiuta la scienza perché scopra qualcosa contro questo male». Subito si mobilita. Sta accanto e sostiene spiritualmente il personale medico-infermieristico stremato dalla fatica e soprattutto sta accanto a chi muore in solitudine, senza l’affetto di un familiare, continuando a pregare e a piangere con chi, dalla propria casa, prega e piange un parente. Decide di mettere a disposizione il suo cellulare in modo tale che i famigliari possano telefonargli per pregare insieme e poter ricevere conforto.
«In ospedale, ma anche nel cuore di tante persone, il ricordo della sua azione durante il Covid è rimasto indelebile – sottolinea fra Gueli –. Anche quando la situazione era peggiorata e il personale gli diceva di stare cauto vista la sua età, fra Aquilino rispondeva a tutti di sentirsi sempre utile, con la preghiera, anche stando sulla soglia delle camere dove gli era proibito entrare. È stato come una luce di presenza e impegno nel buio di quei drammatici giorni». Nel 2023, indebolendosi la salute, fra Aquilino si era trasferito nel convento di Albino. Da alcuni mesi era nell’infermeria di Borgo Palazzo.
I funerali saranno celebrati martedì mattina alle 10 nella chiesa dei Cappuccini di Borgo Palazzo. Sarà sepolto nel cimitero civico nell’area riservata ai Cappuccini.
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