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Mercoledì 26 Novembre 2025
Un cardiochirurgo che si racconta «a cuore aperto»
IL LIBRO. Massimo Villani traccia la parabola di una carriera che lo ha portato a eseguire circa diecimila interventi al cuore.
Il libro di Massimo Villani
Il titolo è un richiamo al lavoro di una vita, ma anche allo spessore del racconto. Nel libro «I miei primi 80 anni. A cuore aperto» (Graus Edizioni), il cardiochirurgo Massimo Villani traccia la parabola di una carriera che lo ha portato a eseguire circa diecimila interventi al cuore, intrecciando le sfide mediche all’aspetto più umano della professione.
L’arrivo a Bergamo
Nato a Salerno, dopo la laurea a Napoli e l’abilitazione professionale tra Italia, Regno Unito e Stati Uniti, nel 1971 incontra Lucio Parenzan, il luminare della cardiochirurgia che in quegli anni ha reso Bergamo un centro di caratura mondiale. All’ospedale di Bergamo, Villani resterà sino al 1983, per poi spostarsi a Torino (1983-1998) e infine diventare primario a Lecce (1998-2012). «La figura di Parenzan è centrale, ha segnato tutta la mia vita – ricorda Villani -. Arrivai all’ospedale di Bergamo come un giovane dottore e fui improvvisamente catapultato in un mondo incredibile. Parenzan, grazie alla sua esperienza tra Svezia e Stati Uniti, aveva una mentalità molto aperta e ha trasmesso questa impronta a tutti i suoi allievi».
«Avvertivamo il suo carisma»
La fiducia nel talento dei suoi «ragazzi» è stata una delle cifre della visione del «professore»: «Parenzan mi diede la responsabilità di eseguire il mio primo intervento a soli 25 anni e divenni il più giovane cardiochirurgo d’Italia. Ci chiamava per nome, avvertivamo costantemente il suo carisma: l’immediatezza nel pensiero e nell’azione erano i suoi tratti caratterizzanti». Una forma mentis, quella di Parenzan, «che ho cercato di mettere in pratica nelle successive esperienze: a Lecce, in un ospedale del profondo Sud, ho provato a portare uno sguardo internazionale, favorendo gli scambi e aprendo alle contaminazioni con studenti da tutto il mondo».
«Oggi un po’ di disaffezione»
Scorre una memoria intensa nelle quasi duecento pagine dell’autobiografia di Villani, l’occasione per una riflessione più ampia sulla professione di medico. «Vorrei che questo libro – riflette l’autore – possa avvicinare qualche giovane al “mestiere”. Oggi vedo una disaffezione verso alcune discipline come la chirurgia. Forse perché richiedono più sacrificio, si deve mantenere uno stile di vita come quello degli atleti: rigore, concentrazione costante, preparazione. Ma la vita è questa, è fatta anche di dedizione». Soprattutto la cardiochirurgia, osserva Villani, «oggi è a rischio: alcune scuole di specializzazione iniziano ad avere dei posti vuoti perché si preferiscono altri percorsi professionali».
In questa tendenza c’è anche un’altra ragione, quella della «medicina astensiva»: «Il costante aumento dei contenziosi giudiziari – ragiona Villani – può portare soprattutto i giovani chirurghi a rifiutare di eseguire alcuni interventi proprio per timore di subire degli strascichi in tribunale. Vero, se fai il chirurgo devi conoscere i tuoi limiti, ma io rammento sempre un insegnamento di Parenzan. Di fronte a un’operazione difficile, mi chiedeva: “Te la senti? Sappi che io comunque ci sono, se hai bisogno”. Questo fanno i maestri: ci sono sempre per l’allievo».
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