Addio a Giorgio Zenoni, l’architetto di Bergamo che sfidava le forme convenzionali

IL LUTTO. Aveva 90 anni, tra i suoi progetti il «Duse». Ultimo testimone dell’era Gambirasio-Ciagà-Barbero. Nel 2020 protagonista del film sulle «Terrazze Fiorite».

Nella sua architettura c’è sempre stata quasi una sfida alle convenzioni. Un’identità netta, così moderna da risultare spesso discussa. Giorgio Zenoni non ne soffriva, anzi, era il «sale» della sua professione: «“L’architettura non sempre, e per forza, è capita”, ci diceva, vivendo la capacità di generare dibattito con un certo orgoglio positivo», racconta il figlio Stefano, che con il fratello Simone, entrambi architetti, ne ha raccolto la passione: «Per noi è stato un papà e un maestro», ammette.

L’architetto Giorgio Zenoni, «firma» di opere-simbolo come il Triangolo (1989-90), in via Palma il Vecchio, o le Terrazze Fiorite (1976-80), nel quartiere di San Paolo - complessi residenziali che hanno trasformato il volto della città lasciando un’impronta inconfondibile - si è spento nella mattina di giovedì 23 ottobre, dopo un breve ricovero in ospedale. Classe 1935, aveva compiuto 90 anni il 5 ottobre scorso.

In eredità edifici dall’eco internazionale

Con lui se ne va l’ultimo testimone di quella stagione fortunata che, tra il 1967 e il 1982, aveva raggiunto l’apice nella progettualità «a otto mani» con Giuseppe Gambirasio, Baran Ciagà e Walter Barbero. Un laboratorio creativo che lascia in eredità edifici dall’eco internazionale, come l’ «Esposizione Mobili» alla Celadina (1968) e il Duse alla Rotonda dei Mille (1969).

Cavagnis: «Avanguardista, dalle linee pulite, dai tratti definiti. Zenoni era un architetto molto contemporaneo, mai passatista»

Un gruppo di «colleghi» raro per affiatamento e originalità di metodo, tant’è che Ciagà scriveva: «Il bello del lavoro di insieme era che nessuno di noi si sentiva mai solo e questo dava a ciascuno più coraggio anche nel pensare cose nuove». Uno sguardo «avanguardista, dalle linee pulite, dai tratti definiti. Zenoni era un architetto molto contemporaneo, mai passatista», lo ricorda Giorgio Cavagnis, presidente dell’Ordine degli architetti di Bergamo. Zenoni non era più iscritto all’organizzazione di categoria, «ma qui era di casa e poco tempo fa avevamo dato il patrocinio alla presentazione di una tesi di laurea proprio sulle sue opere», dice Cavagnis.

I ricordi

«Papà non ha mai cercato la visibilità, era piuttosto riservato. Ma era spesso al centro della ricerca di giovani studenti», conferma il figlio Stefano. Anche l’assessore all’Urbanistica Francesco Valesini parla di Zenoni come «uno dei protagonisti più proficui e interessanti di una generazione di architetti che ha dato tanto a questa città. Se ancora oggi possiamo apprezzare architetture di qualità, capaci di costituire un esempio di sperimentazione e innovazione per i più giovani, molto lo si deve ad architetti come lui».

Protagonista del film sulle Terrazze fiorite

In alcune scene era proprio Zenoni a raccontare come quell’«inclinazione» verso le Orobie fosse nata per non perdere il cono visivo su Città Alta

Nel 2020 Giorgio Zenoni era stato anche protagonista del film «Il condominio inclinato» dei registi Paolo Vitali e Alberto Valtellina, dedicato proprio alla «dimensione sociale» delle «Terrazze fiorite» e di «Bergamo Sole», frutto della sperimentazione architettonica alla fine degli anni Settanta. In alcune scene era proprio Zenoni a raccontare come quell’«inclinazione» verso le Orobie fosse nata per non perdere il cono visivo su Città Alta: «Questo scorcio è un miracolo», spiegava con la chioma al vento e lo sguardo su tetti e cortili.

«All’inizio quelle case venivano chiamate in maniera dispregiativa “pollai”, poi sono venuti da tutta Europa, e anche dalla Russia a studiarle»

«All’inizio quelle case venivano chiamate in maniera dispregiativa “pollai”, poi sono venuti da tutta Europa, e anche dalla Russia a studiarle», commenta il figlio Stefano. Che descrive con affetto quel papà sempre intento a disegnare: «E io con lui. Sin dalla scuola materna, quando uscivo dalle suore andavo nel suo studio a fare i primi disegni», racconta. Zenoni, nato a Genova, da ragazzo era emigrato con la famiglia nella zona mineraria del Belgio (si è infatti laureato in Architettura all’Ecole Superieure d’Architecture St. Luc a Bruxelles nel 1959, per poi parificare il titolo nel 1962 all’Istituto Universitario di Architettura di Venezia, con relatore Franco Albini, suo mentore).

Visionario fino all’ultimo

A Bergamo ha sempre vissuto ai piedi della Maresana. Negli ultimi anni si era trasferito in centro, dove nel 2023 aveva partecipato all’inaugurazione del nuovo Sentierone (il figlio Simone era nel gruppo «Flanerie» che ha vinto il concorso europeo di progettazione, ndr), abbozzando un sogno: «Un fungo di vetro per coprire via XX Settembre e proteggere i passanti dalle intemperie». Visionario fino all’ultimo, Giorgio Zenoni lascia la moglie Alda Maria Terzi, cinque figli (oltre a Stefano e Simone, Luca, Francesca e Michela) e nove nipoti. Venerdì 24 e sabato 25 ottobre mattina l’ultimo saluto nella Casa del commiato di via Suardi. I funerali si terranno sabato 25 ottobre alle 14,30 nella chiesa del cimitero.

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