Allarme medicina d’urgenza, vuoto il 60% dei posti per specializzandi

In Lombardia. La situazione nell’ultimo biennio fotografata da Anaao- Assomed. Magnone: va ripensata la rete ospedaliera. Marinoni: stress e carichi di lavoro.

Si sperava nel futuro, per risolvere i problemi del presente. Il rischio è che non sia così: se oggi i pronto soccorso degli ospedali soffrono la carenza di personale, potrebbe essere così anche domani.

Posti vacanti

L’allarme, numeri alla mano, si scorge leggendo i dati dei contratti non assegnati (o abbandonati) nelle scuole di specializzazione, cioè le «borse di studio» per i medici che vanno formandosi per entrare in servizio in ospedale. Negli ultimi due anni, ad esempio, il 60% dei contratti di specializzazione in Medicina di emergenza-urgenza banditi in Lombardia è andato «a vuoto» (non è stato assegnato, o meglio non è stato scelto dai neo-specializzandi) o è stato abbandonato in corso d’opera dopo il primo anno (per riprovare il concorso e puntare a un’altra specializzazione): sono infatti rimasti liberi 207 posti su 343.

È uno degli allarmi lanciati da Anaao-Assomed, il sindacato dei medici ospedalieri, che ha mappato la situazione lombarda dell’ultimo biennio: e se, come premette il segretario regionale Stefano Magnone, la «regione è in linea con il dato nazionale», è comunque «necessario un ripensamento globale della rete ospedaliera».

Le altre rinunce

Anche altre specializzazioni pagano un prezzo pesante – che si traduce nelle rinunce – in fatto di scarsa attrattività: sono risultati non assegnati o abbandonati il 91% dei contratti di Patologia clinica e Biochimica clinica, l’88% di quelli di Microbiologia e virologia, l’86% per Farmacologia e Tossicologia clinica, il 77% per Medicina e cure palliative, il 72% per Medicina nucleare.

Le aree ambite

Su un totale di 5.106 contratti statali di specializzazione disponibili nelle università lombarde nell’ultimo biennio, complessivamente il 18% è stato abbandonato o non assegnato; alcune branche segnano invece il «sold out» perché ambitissime, come Oculistica, Dermatologia e Chirurgia Plastica che non lasciano contratti vuoti.

L’attrattività

Per il segretario regionale Anaao-Assomed, Stefano Magnone, «i dati confermano che i medici non sono attratti da lavori di laboratorio, forse più ambiti da altri dirigenti sanitari che al momento, però, non hanno il contratto e su cui occorre investire. La Medicina d’emergenza-urgenza, in particolare, sconta la crisi dei pronto soccorso e un’arretratezza culturale che non permette di spendere in modo appropriato le competenze che questi professionisti acquisiscono durante il loro percorso formativo e professionale».

Sistema da tutelare

In più, aggiunge il segretario regionale Anaao-Assomed, a questo si aggiunge un fenomeno che è sempre più dilagante: ci sono «la fatica, lo stress e il rischio professionale, attualmente senza alcun riscontro economico, di carriera e di tutela sostanziale. C’è molto lavoro da fare sia per un sindacato come il nostro che per la politica tutta, se non si vuole far crollare in pochi anni il sistema ospedaliero, mentre si sta faticosamente puntando sul territorio per sgravare il pronto soccorso di tutti gli accessi inappropriati e ridurre il fenomeno del boarding che è frutto dei tagli dei posti letto e delle carenze, appunto, del territorio».

La libera professione

«Il tema è che il Servizio sanitario nazionale non è più attrattivo – commenta Guido Marinoni, presidente dell’Ordine dei medici di Bergamo -. Le motivazioni sono numerose: c’è un tema di stress, carichi di lavoro e condizioni di lavoro, in particolare per i pronto soccorso, che non rendono attrattive quelle specializzazioni. Dall’altro lato ci sono specializzazioni che lasciano ampi spazi alla libera professione (per esempio Oculistica, Dermatologia, Allergologia, ndr) e che quindi sono decisamente più attrattive perché potenzialmente più remunerative». E in più il presidente dell’ordine dei medici di Bergamo rimarca: «Il problema principale non è questione di soldi: è lo stress che si vive in alcuni ambiti. Serve tornare a investire in maniera importante nel Sistema sanitario nazionale, rendendolo attrattivo. Altrimenti, il futuro non potrà che essere quello di un inesorabile declino».

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