All’estero per lavoro o studio: la «fuga» rallenta, ma ogni giorno partono in 10 - I dati
Emigrazione bergamasca: nel 2020, causa Covid, un calo dell’11% nelle partenze di «braccia» e «cervelli» in altri Paesi. Nei primi mesi dell’anno registrati 421 trasferimenti.
Non è una fuga, ma comunque sembra uno stillicidio. Una decina al giorno, ogni giorno: sono i bergamaschi che lasciano la terra orobica per trasferirsi con più stabilità all’estero. Covid e lockdown hanno impattato appena lievemente: nel 2020 le cancellazioni dalle anagrafi dei comuni bergamaschi per trasferimento della residenza in un altro Paese sono state 3.254, «solo» l’11% in meno delle 3.670 del 2019. In questo «macronumero» c’è una platea variegata, dai «cervelli in fuga» ai giovani appena usciti dalle scuole superiori che scelgono un’altra esperienza di vita, per lavoro o per studio, fino agli stranieri che decidono di rientrare in patria o di proseguire la vita oltre i confini italiani. C’è però anche un altro dato, complementare: sono stati 4.271 i cittadini che si sono iscritti nelle anagrafi bergamasche – hanno preso residenza qui, in sostanza - provenendo dall’estero. Il «saldo» è positivo per circa un migliaio di unità, anche se nel 2019 le persone insediatasi in Bergamasca dall’estero erano state 7.141, il 67% in più rispetto al 2020.
Niente valigie di cartone
«È un’emigrazione certamente diversa da quella delle valigie di cartone che abbiamo conosciuto dalle immagini in bianco e nero e vissuto ancora negli anni 50 o 60. Se anche oggi c’è chi sceglie di emigrare da Bergamo, il motivo però è sempre quello: la pagnotta», rileva Carlo Personeni, presidente dell’Ente bergamaschi nel mondo. «All’estero, se si è disposti a fare sacrifici e ad accettare di integrarsi, ci si può costruire una nuova vita – prosegue Personeni -. Ma sono scelte che comportano anche delle rinunce, dalle tradizioni agli affetti. Purtroppo in questi trasferimenti perdiamo spesso i giovani, i giovani migliori»
Nei primi due mesi del 2021 i trasferimenti verso l’estero sono stati 423, i trasferimenti «inversi» – cioè dall’estero alla Bergamasca – invece 736. Il dato del 2020 mostra il maggior numero di partenze dal capoluogo (373 residenti si sono spostati fuori dai confini nazionali), ma la classifica consegna anche alcune curiosità: se al secondo posto c’è Seriate (88 trasferimenti verso l’estero), al terzo posto c’è Osio Sotto (80); in 42 dei 243 comuni bergamaschi non si sono registrate invece «fughe».
Formazione di base
I numeri vanno però guardati in maniera più profonda: «Altrimenti si rischia una declinazione solo negativa o un’immagine stereotipata», premette Remo Morzenti Pellegrini, rettore dell’Università degli Studi di Bergamo. «Occorre fare una valutazione comparativa con quanti arrivano nel nostro Paese – prosegue Morzenti Pellegrini -. Se tanti giovani ricercatori trovano occupazione all’estero, tra l’altro, questo porta anche un giudizio positivo alla nostra formazione di base e universitaria. Spesso, però, non siamo attrattivi verso i ricercatori che potrebbero venire nel nostro Paese».
I dati certificano però una «mobilità» all’insegna di «un’internazionalizzazione che fa di Bergamo un’ambasciata culturale – rimarca il rettore , la nostra università lo è per gli Erasmus e i visiting professor. Nei primi quattro anni del mio mandato abbiamo investito per rinnovare e implementare accordi con tantissimi atenei all’estero: dopo i rallentamenti legati alla pandemia, stiamo avendo numerosi segnali della voglia di riprendere quel che il Covid ha interrotto. Proprio questa mattina ho ricevuto una richiesta dal rettore dell’Università di Riga».
Il presente consegna anche una possibile chiave per invertire la tendenza della «fuga» e rinsaldare l’attrattività. Il Pnrr e più in generale la ricostruzione post-pandemica «è un’occasione unica e inedita – conferma Remo Morzenti Pellegrini -. È acclarato che in passato il nostro Paese non sia stato in grado di trattenere i giovani: il Pnrr è l’occasione, forse l’ultima, per invertire la tendenza. Ma è anche la possibilità per inserire il nostro Paese in un circuito almeno europeo di interscambio per attirare anche giovani che vengano dall’estero per fare qui ricerca e sperimentare quello che si è appreso nella formazione a fare ricerca e sperimentare formazione. Bergamo ha investito moltissimo in internazionalizzazione negli ultimi anni: con queste risorse e con questa fiducia, si può capitalizzare».
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