Ambiente, il dossier Ecomafie: nella Bergamasca un reato ogni due giorni

I dati Legambiente: dai rifiuti al cemento alla fauna, 170 reati nel 2020 e 316 infrazioni dal 2014.

In questi reati la vittima c’è ma apparentemente non si vede, perché ha i contorni indefiniti dell’ambiente. Non sono numeri banali, quelli degli ecoreati in Bergamasca: uno ogni due giorni, in media. L’ultima fotografia consolidata – condensata nel dossier Ecomafie di Legambiente, basato su dati forniti da procure e forze dell’ordine – è riferita al 2020, in attesa di riepilogare le cifre del 2021: ma anche in quell’annozero pandemico il territorio orobico ha comunque contato 170 reati, con 163 persone denunciate e 48 sequestri. Un reato ogni due giorni, tra violazioni legate alla filiera del cemento, discariche abusive, reati contro la fauna.

I dossier di Legambiente consentono di ampliare lo sguardo, fotografando la situazione a partire almeno dal 2014: una cinquantina di casi all’anno in media

È soprattutto il ciclo dei rifiuti il settore in cui si concentrano gli illeciti più «visibili» e pericolosi, ma anche gli affari sporchi più redditizi (ma a basso rischio penale). Guardando appunto solo a questo specifico segmento della criminalità ambientale, in Bergamasca nel 2020 sono stati censiti 61 reati connessi al ciclo dei rifiuti, con 68 persone denunciate. I dossier di Legambiente consentono di ampliare lo sguardo, fotografando la situazione a partire almeno dal 2014: da quell’anno in poi (con l’esclusione del 2016, per cui non sono disponibili i dati), in Bergamasca si possono contare 316 infrazioni o reati (dalla fine del 2015 è entrata in vigore una riforma che ha meglio tipizzato gli ecoreati). Una cinquantina all’anno in media, praticamente uno a settimana.

Le «tecniche»

Dietro a queste vicende si scorgono le matrici più differenti. Piccoli imprenditori che valicano saltuariamente – o anche inconsapevolmente – il limite della legge, aziende che adottano l’illecito ambientale come strategia d’impresa per contenere i costi, oppure i più ramificati tentacoli della criminalità più organizzata. Di «condotte multiformi», non a caso, parla l’ultima relazione annuale della Direzione nazionale antimafia (Dna) proprio con riferimento al distretto giudiziario di Brescia, che comprende anche la Bergamasca. «Nel distretto di Brescia – si legge nel documento – numerose indagini e processi hanno riguardato il traffico di rifiuti, di diverso tipo: rottami metallici, end of waste, fanghi di depurazione». I magistrati antimafia – i reati ambientali più gravi, al di là della reale matrice, vengono trattati d’ufficio a livello distrettuale – cristallizzano tre modelli: l’«incendio dei capannoni ove vengono stoccate tonnellate di rifiuti in totale difformità con l’autorizzazione rilasciata all’azienda», il «trattamento di rifiuti speciali in difformità alle prescrizioni», oppure «le fittizie operazioni di trattamento».

«Alterano la concorrenza»

La questione di fondo è etica ed economica: gli «ecocriminali» estraggono profitto senza rispetto dell’ambiente (smaltendo rifiuti non trattati correttamente o incendiando la «monnezza»), e lo fanno anche a danno di quelle aziende che invece rispettano la legge e propongono modelli innovativi. Lo mette in luce anche la Dna quando parla di «finta economia circolare»: «Tali condotte – specificano i magistrati – pregiudicano e alterano la concorrenza del mercato, poiché le economizzazioni derivanti dal mancato trattamento dei rifiuti consentono, in sede di gara d’appalto, di avanzare offerte con ribassi d’asta difficilmente sostenibili per le aziende concorrenti che operano nella legalità».

In Lombardia da tempo la ‘ndrangheta ha sostituito quella camorra che negli anni Ottanta aveva «inventato» il business delle ecomafie.

In Lombardia e anche in Bergamasca, da tempo la ‘ndrangheta ha sostituito quella camorra che negli anni Ottanta aveva «inventato» il business delle ecomafie. L’ultima inchiesta con proiezioni anche bergamasche risale al febbraio 2021, l’operazione «Cardine-Metal Money» della Dda di Milano: un’intricata vicenda in cui esponenti dei clan calabresi avevano avviato un traffico illecito di rifiuti, con frodi fiscali ed estorsioni a far da contorno. Tre bergamaschi, coinvolti con ruoli marginali nella «logistica» dei rifiuti, sono già stati condannati con rito abbreviato a un anno e quattro mesi.

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