Appello per 53 medici di base: entro martedì le candidature

IL BANDO. Possono partecipare anche i giovani del corso di formazione. Michela Savoldi, 26 anni, in tirocinio a Seriate: «Questa sarà la mia strada».

Scade martedì 18 luglio il nuovo appello di Ats ai medici di base per coprire i 53 posti rimasti vacanti in provincia di Bergamo. È l’ultimo tentativo, in ordine di tempo - per la prima volta aperto anche ai medici inseriti nelle graduatorie di altre regioni - per provare a ricomporre un mosaico che manca ancora di tanti tasselli. La storia recente di questi bandi porta a pensare che difficilmente chi farà domanda resterà senza pazienti. In meno di un anno i posti vuoti si sono pressoché dimezzati, restano però ancora tanti «slot» da assegnare, soprattutto nella zona della Bassa.

Manca personale

Vista l’ormai cronica difficoltà di reperire personale, di recente le maglie dei requisiti per accedere ai bandi si sono allargate; tra coloro che possono prendervi parte ci sono anche i giovani medici che frequentano il corso triennale di formazione in Medicina generale della Regione Lombardia. In attesa del titolo abilitante, per questi medici si è aperta la possibilità di esercitare la professione prendendo in carico i loro primi mille pazienti (il tetto massimo per un medico di base è di 1.500). C’è da superare il bando, ma a questo punto sembra essere davvero l’ostacolo meno proibitivo.

Tra coloro che si sono iscritti per la prima volta c’è anche la nembrese Michela Savoldi, 26 anni, fresca di laurea in Medicina all’università di Varese. Michela è uno dei 14 medici al secondo dei tre anni di corso all’Asst Bergamo Est dove, alle ore di teoria, alterna tirocini nelle strutture di Seriate, Alzano Lombardo e Calcinate. Il passo verso l’entrata in servizio, che per qualche tempo si affiancherà alle lezioni di perfezionamento, sembra davvero vicino. «Mi ha sempre affascinato l’idea del dottore che si prende cura del cittadino – racconta –. Il medico di base dev’essere in grado di avviare un percorso terapeutico, ma anche di follow up, facendosi carico del proprio paziente in maniera globale. E a me interessa questo tipo di approccio, senza legami con una specialità in particolare».

La professione medica è cambiata negli ultimi anni, in particolare quella della medicina generale, la punta dell’iceberg di quella sanità territoriale che ha conosciuto un «prima» e un «dopo» il Covid, e alla quale pochi medici oggi vogliono avvicinarsi. «In tanti mi hanno chiesto se fossi davvero sicura di questa scelta – ammette Michela Savoldi –. So che la situazione è difficile e che si trascina da anni. Ci vorrà tempo per risolverla, ma io sono un’inguaribile ottimista. La professione si è informatizzata tanto, ma è aumentata anche la burocrazia. Oggi l’ideale è lavorare in uno studio medico associato, sia per i professionisti che per i pazienti, ai quali vengono garantiti più servizi».

Non si fa intimorire dal carico di lavoro che l’aspetta, la giovane dottoressa, che pure una prima esperienza in uno studio medico l’ha già maturata, con brevi periodi di sostituzioni per ferie o malattia. Prima di cominciare il corso di specializzazione nelle strutture della Bergamo Est, Michela Savoldi ha svolto anche un tirocinio gratuito in uno studio di Trescore, una zona dove ora le piacerebbe tornare a lavorare: «Mi piace l’idea di rappresentare un punto di riferimento per i pazienti e di poter dare loro una prima risposta alle loro richieste d’aiuto – dice –. Durante il mio percorso di studi avevo pensato anche di specializzarmi in pediatria, ma l’anno prima di laurearmi ho capito che la mia strada sarebbe stata quella della medicina generale». Medicina di territorio, dunque, ma non la guardia medica, dove pure i posti a disposizione nella nostra provincia non mancano: «Non lo farei – conclude –, perché non è il lavoro per cui mi sento portata. Le guardie mediche gestiscono pazienti acuti, che si presentano senza anamnesi e che non si conoscono. È l’opposto di quello che fanno, invece, i medici di base».

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