Aprire il cuore ai sogni e alle emozioni, scrivere per far posto a passioni e ricordi

Mario Casati da oltre vent’anni frequenta il Cdd di Bergamo, scrivendo pensieri e poesie per superare l’autismo.

«Due fidanzati/mare chiaro, azzurro/navi van piano». Le parole di un haiku sono come corde tese che uniscono mondi lontani per Mario Casati, che da oltre vent’anni frequenta il Centro diurno disabili (Cdd) del Comune di Bergamo in via Pizzo della Presolana, e scrive pensieri e poesie sul suo «Giornale Impavido». Ce lo porge con garbo, sorridendo, con un pizzico d’orgoglio: «Questo lo facciamo noi». «È una testata “storica” - chiariscono gli operatori del Cdd - nel tempo si è ampliata e modificata a seconda dei contributi dei suoi frequentatori». Sul giornale c’è una pagina dedicata al laboratorio «Poesi-Amo» del Cdd che, come spiegano gli operatori responsabili di questa attività, «diventa un modo diverso per comunicare e per mettersi alla prova». Un canale aperto per le emozioni e i sogni, che permette anche a persone con autismo come Mario di conquistare uno spazio creativo e di instaurare relazioni positive, offrendo la propria originale prospettiva sulla realtà. «Una forma espressiva come l’haiku - scrive sul giornale Dario, un educatore - invita a trovare un riflesso di noi stessi nelle parole dell’altro e a far nascere un legame di empatia e di condivisione».

Mario ama stare a contatto con la natura, che per lui è una continua fonte d’ispirazione: «Il paesaggio autunnale - scrive - mi mette tristezza, perché le giornate sono più corte, diventa buio molto presto, arrivano le piogge, alcune volte le prime nevicate e gli alberi sono spogli perché sono senza foglie».

Ogni venerdì, con un gruppo di sei ospiti del Cdd, accompagnato da due operatori, trascorre la giornata all’agriturismo La Merletta di Villa d’Almè, dove svolge attività diverse, a seconda della stagione: «La fattoria - scrive ancora Mario - è bella per i suoi alberi e le bestiole che ci sono al suo interno: pecore, oche, galline, asini e un maialino nero di nome Piero. Ci sono molte cose da fare: accudire le pecore, dare da mangiare agli asini, raccogliere mele e noci».

Secondo Aaron Appelfeld, celebre scrittore israeliano sopravvissuto all’Olocausto, «La scrittura non è magia ma, evidentemente, può diventare porta d’ingresso per quel mondo che sta nascosto dentro di noi. La parola scritta ha la forza di accendere la fantasia e di illuminare l’interiorità». Così accade davvero che Mario faccia affiorare nei suoi «temi» - un paziente esercizio di espressione e creatività - un mondo interiore denso e ricco di sfaccettature: «Quando una persona è generosa - scrive per esempio - e dà una cosa a un’altra persona con il cuore vuol dire che l’altra persona è degna di essere amata». La sua grafia è curata, il tratto è mobile, manifesta un gusto e uno stile personale anche nell’aspetto estetico. I fogli stessi diventano quasi, a volte, piccole opere d’arte contemporanea, segni di un desiderio di esistere, di manifestarsi. Mario parla anche, con il suo stile diretto e semplice, del suo rapporto con la terra, che identifica anche con le sue radici e con i legami familiari: «Madre terra vuol dire madre nostra, dà a noi tutto. Gli ortaggi, gli alberi, i frutti più belli che Dio ci ha messo vicino fin da piccoli sono i nostri genitori, i quali hanno permesso sempre a noi di svegliarci con un sorriso, ci hanno riscaldato con il loro calore. Grazie a loro noi siamo diventati veri uomini».

Accanto ai temi scrive anche tante lettere, per mettersi in connessione ideale con associazioni e gruppi del territorio, che interpella ponendo domande e questioni con atteggiamento curioso e attento. Ha instaurato un rapporto speciale con il proprietario della fattoria, Jonny Scolari: «Ogni settimana - sottolinea Mario - mi chiede di scrivere un tema per lui, e se gli piace alla fine mi offre un dono». La Merletta è un luogo speciale, dove nascono sempre nuove ispirazioni. Jonny, poi, conserva gelosamente i quaderni nelle stanze dove gli ospiti del Cdd svolgono le attività di laboratorio: uno spazio confortevole, accogliente, con ampi tavoli e tanti cartelloni appesi alle pareti. «Anche per le altre persone disabili che vengono qui - sottolinea Jonny Scolari - stare all’aria aperta in questo ambiente è un’occasione per scoprire nuovi lati di sé grazie al contatto con la natura e con gli animali. C’è chi all’inizio ha paura di avvicinarsi e col tempo, invece, prende confidenza. Mario non riusciva a salire gli scalini, poi pian piano è migliorato e ci è riuscito. È bello vedere le persone felici, dà una grande energia anche a noi che li accogliamo. Durante la pandemia c’è stata una pausa in queste visite e i ragazzi mi sono mancati, mi sono sentito sollevato quando hanno avuto la possibilità di riprendere. Per loro significa molto poter passeggiare all’aria aperta, è un’attività che li aiuta a respirare, a rilassarsi, offre loro nuovi stimoli. Alla Merletta tutti i giorni ci sono gruppi che arrivano dai centri per la disabilità. Lavorano, non si limitano a passeggiare e a osservare la natura. Seguono tutto il processo dalla semina al raccolto, osservando i mutamenti delle piante nel corso delle stagioni».

Mario ci raggiunge trasportando le patate che ha raccolto nel campo in una carriola. Poi si dirige con gli altri compagni del centro a raccogliere i lamponi.

«Ne abbiamo trovati molti vicino agli alveari - confida al ritorno -. Mi piacciono molto, ricordo che mia madre li usava per preparare una torta speciale, seguendo una sua ricetta».

La memoria, le relazioni, i legami affettivi, il rapporto con il mondo sono tutti ingredienti che Mario inserisce nei suoi lavori di scrittura. «I miei temi - racconta Mario - parlano ogni settimana di un argomento diverso: della terra, del cielo, della fratellanza, del significato della condivisione. Ogni tanto provo nostalgia pensando al passato e ai miei genitori, che sono morti tanti anni fa ma mi mancano sempre, poi penso che comunque mi sono sempre vicini, li porto nel mio cuore».

La scrittura diventa allora lo strumento giusto per trovare un posto ai sentimenti e ai ricordi, per rimetterli in ordine. Ma accanto ad essa ci sono tutte le altre attività del Cdd Presolana, che contribuiscono a rendere piena la vita di Mario: «Mi piace molto dipingere» racconta. Nei suoi lavori, dai colori vivaci, si vedono girasoli, tramonti, paesaggi, animali ed elementi astratti. A settembre una delle sue opere è stata esposta nella mostra benefica «Artisti Bergamaschi per Nepios» per raccogliere fondi a sostegno dei progetti in corso con la Neuropsichiatria infantile ed il Centro per il Bambino e la Famiglia dell’Asst Papa Giovanni XXIII. «Sappiamo che due dipinti realizzati da me con un mio amico, Andrea Pedenzini - spiega Mario - sono stati venduti. Uno rappresentava un mazzo di girasoli, l’altro il mare in burrasca. Entrambi mi piacevano molto e sono molto contento di aver potuto contribuire ad aiutare famiglie in difficoltà».

Il periodo della pandemia ha segnato una pausa in questo percorso: «Per un certo periodo, durante il primo lockdown - spiegano gli operatori del Cdd - abbiamo dovuto sospendere le nostre iniziative. Poi, alla fine di aprile 2020, abbiamo ripreso gradualmente, part time, siamo riusciti a tornare a tempo pieno solo dopo Ferragosto». Ora le persone con disabilità che lo frequentano sono divise in due grandi gruppi, ognuno dei quali porta avanti le attività in modo indipendente, seguendo tutte le norme di sicurezza anti-covid.

Mario considera le persone che frequentano il Cdd come parte della sua famiglia: «Questo luogo è la mia vita, ci vado da tantissimo tempo. Vivo in una comunità e mi trovo molto bene, ne sono molto contento. Anche se i miei genitori non ci sono più c’è sempre qualcuno che si occupa di me. Ho la mia stanza dove tengo gli oggetti che mi sono cari, e mio fratello viene a trovarmi spesso. Oltre al disegno e alla scrittura mi divertono anche le attività sportive. C’è anche una squadra di calcio, partecipiamo ai tornei, giochiamo fino al gran finale con tutte le squadre. L’anno scorso abbiamo vinto due coppe».

Il Cdd organizza anche altre attività ricreative: «Dall’autunno sono ripartiti i corsi in piscina, la pet teraphy, mentre alcuni laboratori sono ancora sospesi per l’impossibilità di attuarli secondo le norme anti-covid. Grazie alla collaborazione con il Cai - continuano gli operatori - organizziamo abitualmente gite in montagna, sia d’inverno sia d’estate, e fortunatamente abbiamo potuto riprendere anche queste camminate, sempre realizzate in luoghi accessibili e su percorsi commisurati alle possibilità fisiche dei partecipanti. La pandemia è stata un periodo difficile anche per le famiglie, proprio perché la mancanza di attività espressive e di passeggiate all’aperto influiva in modo negativo sulla condizione generale e sull’umore dei figli. Ci capitano spesso grazie al contatto con la natura tante piccole magie: ci sono per esempio persone che rifiutano di comunicare, hanno un atteggiamento oppositivo e sono soggette a turbe dell’umore ma ottengono sempre un beneficio e “si sciolgono” all’aria aperta».

Mario è cresciuto in Città Alta con la sua famiglia, che in passato gestiva un bar: «È una parte della città - spiega - che conosco bene e mi piace molto tornarci, mi ricorda la mia infanzia». Così il Centro diurno disabili, in un’ottica di promozione umana, per valorizzare queste sue conoscenze, ha aperto sul «Giornale Impavido» la rubrica «Quattro passi in Città Alta», in cui può raccontare a modo suo percorsi e monumenti: il Duomo, la fontana del Contarini, la cappella Colleoni. «Ogni volta - sorride Mario - è come visitarla di nuovo». Questa routine regolare ma allo stesso tempo molto varia fa sentire Mario al sicuro: «Sono davvero fortunato, non mi sento mai solo. La vita va avanti, progredisce, e così anche noi. Non bisogna fermarsi mai».

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