Bergamo tra le città europee con la qualità dell’aria più scarsa: il report

Polveri sottili Nord Italia messo male nella classifica dell’Agenzia europea per l’ambiente su dati 2020 e 2021. Con i parametri Oms più stringenti, il nostro capoluogo 320° su 344 centri. Fa peggio Brescia con il 338° posto.

Bergamo è tra le città con l’aria più «cattiva» dell’Unione europea. È quanto emerge da un report diffuso a inizio settimana dall’Agenzia europea dell’ambiente, che ha messo a confronto i dati di 344 aree urbane del vecchio continente: Bergamo è al 320° posto, nella parte bassissima della graduatoria. Nel dettaglio la classifica è stata stilata in base alla concentrazione media annua dei valori del PM 2,5, una specifica polvere sottile monitorata dall’Ue e dall’Oms: tra il 2020 e il 2021, secondo l’Agenzia europea dell’ambiente, Bergamo ha avuto una concentrazione media di 19,9 microgrammi per metro cubo d’aria.

L’Organizzazione mondiale della sanità adotta un parametro più stringente, fissando un tetto massimo «ideale» di 5 microgrammi per metro cubo di aria

Tanto? Poco? Per capirlo, occorre prendere in considerazione i valori di riferimento. L’Organizzazione mondiale della sanità adotta un parametro più stringente, fissando un tetto massimo «ideale» di 5 microgrammi per metro cubo di aria: da questa prospettiva, Bergamo è ben lontana dal raggiungere l’obiettivo; sono ben distanti quasi tutte le città in realtà, perché solo 11 delle 344 aree monitorate dall’Unione europea si sono mantenute sotto questa asticella. L’Ue, appunto, al momento usa dei parametri più elastici, con un limite massimo di 25 microgrammi per metro cubo d’aria: Bergamo è così comunque entro i limiti, al pari di Brescia che pure con il suo 338° posto è messa peggio, e in realtà solo tre città europee su 344 lo sforano.

Cremona e Padova «fuori soglia»

La nota negativa è che due di queste tre città «fuori soglia» sono nel Nord Italia: Cremona (25,7 microgrammi/metro cubo) e Padova (25,3 microgrammi/metro cubo), rispettivamente penultima e terzultima città europea per qualità dell’aria; fa peggio solo Nowy Sacz, città della Polonia meridionale (26,8 microgrammi/metro cubo). La città europea con l’aria migliore – almeno se si guarda al parametro del PM 2,5 – è Umea (3,1 microgrammi/metro cubo), nel Nord della Svezia, seguita dalle città portoghesi di Faro (3,6 microgrammi/metro cubo) e Funchal (3,9 microgrammi/metro cubo). La miglior città italiana è Sassari (5,5 microgrammi/metro cubo), al 16° posto del ranking europeo; il primo centro lombardo è Lecco (14,1 microgrammi/metro cubo), al 261° posto in Europa.

In Lombardia, a parte Lecco, tutti gli altri capoluoghi monitorati si sono attestati oltre i 15 microgrammi per metro cubo: valori che, secondo l’Unione europea, definiscono «scarsa»

Tutta la zona della pianura padana non se la passa gran bene; in Lombardia, a parte Lecco, tutti gli altri capoluoghi monitorati si sono attestati oltre i 15 microgrammi per metro cubo: valori che, secondo l’Unione europea, definiscono «scarsa» («poor», in inglese) la qualità dell’aria, e nello specifico «molto scarsa» per quanto riguarda il fanalino di coda Cremona.

PM 2,5

I dati, spiega l’Agenzia, si focalizzano «sulle concentrazioni a lungo termine di PM 2,5 poiché l’esposizione a lungo termine all’inquinamento atmosferico provoca gli effetti più gravi sulla salute». Il PM 2,5, nel dettaglio, «è l’inquinante atmosferico con il maggiore impatto sulla salute, in termine di malattie e di morte prematura». Ma da cosa è prodotto, questo PM 2,5? Un «atlante» dell’Unione europea citato nell’ultimo report dell’Agenzia scava a fondo su questo fronte. Nell’area metropolitana di Milano per esempio (una delle grandi città «campione» per questo studio, dove Bergamo non è invece inclusa), poco più del 20% del PM 2,5 deriva dai trasporti, circa il 15% dall’industria, poco meno del 15% dall’agricoltura, quasi il 30% dagli usi domestici, la restante parte da «altro». Qualche nota positiva c’è. L’Agenzia ha pubblicato anche una più ampia analisi sulle emissioni nell’Ue nel periodo 1990-2020, da cui emerge una tendenziale riduzione delle emissioni di sei inquinanti: monossido di carbonio, ammoniaca, ossidi di azoto, composti organici volatili non metanici, ossidi di zolfo e particolato.

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