Borgo Santa Caterina torna alla tradizione con la cena sul sagrato del Santuario

L’iniziativa Proseguono le celebrazioni della festa dell’Apparizione nel santuario dell’Addolorata. Il 16 agosto, dopo due anni di sospensione causa Covid, l’evento conviviale sarà riproposto

Proseguono le celebrazioni della festa dell’Apparizione nel santuario dell’Addolorata in Borgo Santa Caterina. Martedì 16 agosto – oltre alle Messe alle 7,30; 9 e 16 (per i malati) e al Rosario dei Sette dolori alle 15,30 – si terrà la cena sul sagrato con inizio alle 20. «Dopo due anni di sospensione a causa della pandemia – racconta Alessandro Invernici, presidente del Comitato festeggiamenti – ritorna la cena all’aperto, che è un evento molto atteso e ha sempre raccolto vasta adesione. Finora si sono iscritte oltre 300 persone. Sarà un bellissimo momento di festa e di condivisione, contornato da lotteria e animazione». (Ci sono ancora posti liberi, per iscrizioni contattare il 338-2610114).

«Finora si sono iscritte oltre 300 persone, ma ci sono ancora posti liberi. Sarà un bellissimo momento di festa e di condivisione, contornato da lotteria e animazione»

La tradizione della cena rimanda alla presenza nel borgo, fino ad alcuni decenni fa, di numerose osterie, ognuna con una caratteristica particolare. Il menù prevedeva la bösèca (la trippa), casoncelli, carne salata, pollame, salumi e vino. C’era l’osteria della Scua (della scopa), famosa per i casoncelli, dove si davano appuntamento i venditori di cavalli, mentre l’osteria dell’Angelo era scelta dai corrieri di merci della Valle Seriana. Alle osterie del Carbone e del Gamberù si serviva anche il vino del Sud Italia in terrine a misura fissa. Per l’alta gradazione era raccomandato dai medici ai malati e alle partorienti, perché si credeva desse carica energetica.

Le storiche osterie del borgo d’Oro non esistono più. Tranne una, hanno lasciato il posto a negozi e abitazioni

L’osteria del Giardinetto era la più grande, quella della Mamma grande la più antica e dotata di un vasto stallo. C’era poi l’osteria del Trentì, che prendeva il nome dai trenta centesimi che occorrevano per pagare una terrina di vino pugliese, molto forte. I bergamaschi non eravamo abituati a berlo e le sbornie erano frequenti. Perciò l’oste aveva predisposto un servizio particolare: caricava su una carriola i clienti ubriachi e li faceva portare nelle loro case. Nei giorni dell’Apparizione, queste osterie erano frequentatissime. Ormai da decenni un microcosmo dissolto. Tranne una, riconvertita in ristorante, tutte le osterie del borgo hanno lasciato il posto a negozi e abitazioni.

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