Chiusa l’inchiesta sul Covid nella Bergamasca, primi indagati: attese le notifiche

Coronavirus. La Procura di Bergamo ha chiuso l’inchiesta per epidemia colposa. Leggi l’approfondimento su L’Eco di Bergamo di giovedì 2 marzo.

A tre anni di distanza dallo scoppio della pandemia di Covid che, tra febbraio e aprile 2020, ha straziato la Bergamasca con oltre 6 mila morti in più rispetto alla media dell’anno precedente, la Procura ha chiuso l’inchiesta per epidemia colposa. Il procuratore aggiunto di Bergamo Cristina Rota con i pm Silvia Marchina, Guido Schininà e Paolo Mandurino, sotto la supervisione del Procuratore Antonio Chiappani, hanno tirato le somme di una indagine con cui si è cercato di far luce e individuare le responsabilità, eventuali o meno, di quella tragedia che ha lasciato una profonda ferita. Gli avvisi di conclusione dell’indagine sono in via di notifica a una ventina di persone che, a vario titolo, hanno gestito la risposta alla pandemia da Covid 19.

«Ricostruiti i fatti dal 5 gennaio 2020»

Il 20 febbraio – si legge in un comunicato stampa del Procuratore Chiappani – «si sono concluse le indagini nei confronti di 17 persone che, a vario titolo, hanno gestito la risposta alla pandemia da Covid 19». Le indagini, condotte dalla Guardia di finanza di Bergamo «sono state articolate, complesse e consistite nell’analisi di una rilevante mole di documenti acquisiti e/o sequestrati – si legge ancora nella nota – sia in forma cartacea che informatica, presso il ministero della Salute, l’Istituto superiore di Sanità, il Dipartimento della Protezione civile, Regione Lombardia, Ats, Asst, l’ospedale Pesenti Fenaroli di Alzano Lombardo, nonché migliaia di mail e di chat telefoniche, oltre che nell’audizione di centinaia di persone informate sui fatti, attività questa alla quale hanno partecipato in prima persona i pm delegati».

Questa attività che, ribadisce la Procura «è stata oltremodo complessa sotto molteplici aspetti e ha comportato altresì valutazioni delicate in tema di configurabilità dei reati ipotizzati, di competenza territoriale, di sussistenza del nesso causalità ai fini dell’attribuzione delle singole responsabiltà, ha consentito innanzitutto di ricostruire i fatti così come si sono svolti a partire dal 5 gennaio 2020. All’esito delle attività la Procura – conclude la nota – ha pertanto redatto l’avviso di conclusione delle indagini che, come noto non è un atto d’accusa».

Indagine su tre livelli

Tra gli indagati, da quanto è trapelato, ci sarebbero l’ex premier Giuseppe Conte, l’ex ministro Roberto Speranza, il Governatore della Lombardia Attilio Fontana, l’ex assessore Giulio Gallera, il presidente dell’Istituto superiore di Sanità Silvio Brusaferro e il presidente del Consiglio superiore di Sanità Franco Locatelli. Al di là del numero degli indagati, di cui ora sono noti solo alcuni nomi, e dell’eventuale invio di alcuni filoni ad altre Procure, gli accertamenti hanno riguardato tre livelli, uno strettamente locale, uno regionale e il terzo nazionale. Nel mirino degli inquirenti e degli investigatori della Guardia di Finanza sono finiti non solo i morti nelle Rsa della Val Seriana e il caso dell’ospedale di Alzano chiuso e riaperto nel giro di poche ore, ma soprattutto la mancata istituzione di una zona rossa uguale a quella disposta nel Lodigiano e i mancati aggiornamento del piano pandemico.

Conte e Speranza: agito sempre per il Paese

Le posizioni dell’ex premier Giuseppe Conte e dell’allora ministro della Salute Roberto Speranza, indagati nell’inchiesta bergamasca sulla gestione della pandemia di Covid, saranno trasmesse al Tribunale dei ministri, che dovrà valutare gli atti a loro carico. Le loro posizioni non figurano, dunque, nell’avviso di conclusione indagini, non ancora notificato agli altri 17 indagati. «Apprendo dalle agenzie di stampa notizie riguardanti l’inchiesta di Bergamo. Anticipo subito la mia massima disponibilità e collaborazione con la magistratura. Sono tranquillo di fronte al Paese e ai cittadini italiani per aver operato con il massimo impegno e con pieno senso di responsabilità durante uno dei momenti più duri vissuti dalla nostra Repubblica». Così in una nota il Presidente del M5S ed ex premier Giuseppe Conte.

«Apprendo da agenzie di stampa notizie riguardanti l’inchiesta di Bergamo. Ho sempre pensato che chiunque abbia avuto responsabilità nella gestione della pandemia debba essere pronto a renderne conto. Io sono molto sereno e sicuro di aver sempre agito con disciplina ed onore nell’esclusivo interesse del Paese. Ho piena fiducia come sempre nella magistratura». Così l’ex ministro della Salute, Roberto Speranza.

«Si riscrive la storia delle nostre famiglie»

«Da oggi si riscrive la storia della strage bergamasca e lombarda, la storia delle nostre famiglie, delle responsabilità che hanno portato alle nostre perdite. La storia di un’Italia che ha dimenticato quanto accaduto nella primavera 2020, non a causa del Covid19, ma per delle precise decisioni o mancate decisioni». Lo scrive l’associazione dei familiari delle vittime Covid19 #Sereniesempreuniti, commentando la chiusura dell’inchiesta. «Da sempre ci siamo battuti per la verità per i nostri cari - spiega il direttivo dell’associazione - nonostante l’omertà che ha sempre contraddistinto questa storia. Siamo andati avanti senza mai scoraggiarci nel percorso di memoria e di giustizia, confidando nella magistratura, e oggi non possiamo fare altro che ringraziare la dottoressa Rota, il suo team, e il Procuratore di Bergamo Antonio Chiappani». «Questa decisione - spiegano ancora - non ci restituisce i nostri cari e non cancella le lacrime che abbiamo versato, ma onora la memoria di chi ha pagato in prima persona». E ringraziano i loro legali, gli avvocati «Consuelo Locati, Alessandro Pedone, Luca Berni, Giovanni Benedetto e Piero Pasini, vicini a noi in questa battaglia con professionalità e impegno costante». Per il team di legali dell’associazione «ora si sa che quelle persone hanno pagato il prezzo della inefficienza e della incompetenza istituzionale, ad ogni livello, e oggi finalmente qualcuno sarà chiamato a rispondere delle sue responsabilità».

Gallera: massima collaborazione

«Non ho ancora ricevuto alcun atto ufficiale. Ma sono sereno e garantirò, come ho sempre fatto, la massima collaborazione alla Magistratura». Lo afferma Giulio Gallera, già assessore al Welfare della Regione Lombardia, in relazione alle notizie di natura giudiziaria legate all’emergenza Covid, diffuse in serata da alcuni organi d’informazione. «Abbiamo affrontato il Covid a mani nude - spiega Gallera - e, sulla base delle pochissime informazioni delle quali potevamo disporre, abbiamo messo in campo le decisioni più opportune per affrontare l’emergenza. Ho sempre garantito ogni forma di collaborazione con la Procura di Bergamo come persona informata sui fatti, e continuerò a farlo. Come afferma la stessa Procura, l’avviso della conclusione delle indagini preliminari non è un atto di accusa bensì un’atto di garanzia per l’indagato, che viene messo a conoscenza degli atti di indagine e posto nelle condizioni di esercitare la propria difesa chiedendo l’archiviazione». «Un’indagine così lunga e complessa - prosegue Gallera - è composta da migliaia di pagine di atti processuali, molti dei quali di natura tecnica. Se le notizie fossero confermate, chiederemo tutto il tempo necessario per esaminare gli atti e predisporre il contraddittorio affinché possa essere accertata la correttezza delle azioni messe in campo durante l’emergenza».

«Non avevamo il minimo segnale, Fontana era stato sentito come persona informata sui fatti e da allora silenzio assoluto». È il commento dell’avvocato Jacopo Pensa, legale di Attilio Fontana, alla chiusura dell’inchiesta della Procura di Bergamo sulla gestione della pandemia di Covid, che vede tra gli indagati anche il presidente della Lombardia. Oggi, aggiunge il legale, «apprendiamo prima dai media e senza alcuna notifica formale di essere tra gli indagati». E ancora: «Prendiamo atto - spiega il difensore - che la Procura di Bergamo ha sottolineato che la conclusione delle indagini non è un atto di accusa. Vedremo, vedremo. Non è neanche un atto di difesa».

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