Coltre di neve sulle Alpi: mai così poca in sei secoli

Inchiesta sull’acqua. Un innovativo studio del Cnr sul ginepro indica una situazione allarmante. Dal secolo scorso la durata del manto ridotta di un mese.

I meteorologi, insieme agli studiosi del clima, hanno a disposizione banche dati derivanti da osservazioni strumentali riferite a periodi temporali limitati, generalmente dalla seconda metà in avanti del ventesimo secolo. Per questa ragione, l’obiezione comune che viene mossa nei loro confronti è: «Le fasi di riscaldamento globale ci sono sempre state, non sappiamo cosa succedeva in passato perché nessuno registrava temperature e precipitazioni».

Leggi anche

Per quanto riguarda gli inverni e le condizioni di innevamento delle nostre montagne, a queste tesi si può ora contrapporre uno studio dell’Università di Padova e dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche) con sede a Bologna. La ricerca riesce ad abbracciare un orizzonte temporale plurisecolare grazie a una metodologia innovativa, validata dalla pubblicazione dell’articolo sulla prestigiosa rivista scientifica Nature Climate Change: partendo dall’analisi degli anelli di crescita degli arbusti di ginepro in Valtellina, i ricercatori hanno sviluppato un modello che conferma le preoccupazioni di chi si batte contro i cambiamenti climatici. Ciò che sta avvenendo negli ultimi inverni non ha paragone con quanto accaduto negli ultimi 600 anni.

«Abbiamo scoperto – spiega il professore Marco Carrer, ecologo forestale dell’Università di Padova e primo autore dello studio – che un arbusto estremamente diffuso, il ginepro comune, quando si trova in alta quota ha un portamento strisciante sul terreno, ovvero cresce orizzontalmente molto vicino al suolo, ed è in grado di registrare nei suoi anelli di accrescimento la durata della copertura nevosa. Infatti, essendo alto poche decine di centimetri, la sua stagione di crescita dipende fortemente da quanto precocemente riesce ad emergere dalla coltre bianca che lo ricopre».

I campioni in quota

Il team di ricercatori ha raccolto i campioni di ginepro ad una quota compresa fra i 2.100 e i 2.400 metri di altitudine della val Ventina, in provincia di Sondrio. «Incrociando – aggiunge Michele Brunetti del Cnr-Isac – le misure degli anelli di accrescimento del ginepro, che può raggiungere età considerevoli (oltre 400 anni), con un modello di permanenza del manto nevoso elaborato ad hoc, siamo riusciti a ricostruire le condizioni di innevamento negli ultimi sei secoli. Ciò ci ha permesso di comprendere che quello che stiamo vivendo negli ultimi anni è qualcosa che non si era mai presentato precedentemente».

Lo studio si intitola «Recent waning snowpack in the Alps is unprecedented in the last six centuries» ed è disponibile on line. Dal testo e dai grafici che lo accompagnano, e dagli studi precedenti che vengono citati, emerge che la durata media della copertura nevosa sulle Alpi, a partire dal 1400, è stata di 251 giorni. Ci sono stati anni in cui la neve è rimasta quasi tutto l’anno (nel 1431, nel 1541 e nel 1705) e inverni in cui la neve è durata molto di più rispetto ai soliti 251 giorni.

In particolare, nel secolo scorso, l’inverno più nevoso risulta essere stato quello del 1916/1917, quando si combatteva la Guerra Bianca in Adamello: in quel periodo, i ginepri furono coperti dalla neve per 67 giorni in più rispetto ai consueti 251 che si registrano fra novembre e maggio. Ma negli ultimi decenni tutto è cambiato.

Riduzione costante

A partire dal 1971, ogni dieci anni, l’altezza media del manto nevoso caduto sulle Alpi italiane si è ridotto dell’8,4% e la durata della copertura nevosa è diminuita del 5,6%. Queste riduzioni, misurate strumentalmente, si aggiungono a quelle ricostruite grazie all’analisi dei ginepri e riferite ai decenni precedenti e consentono di dire ai ricercatori dell’Università di Padova e del Cnr che «nell’ultimo secolo la durata del manto nevoso si è accorciata di oltre un mese: la neve sta diventando sempre più effimera nelle nostre Alpi. Nonostante la tipica variabilità che conosciamo bene tra un inverno e il successivo, quello che stiamo sperimentando negli ultimi decenni è qualcosa che non si era mai riscontrato da prima della scoperta delle Americhe. In pratica, nell’ultimo secolo la durata del manto nevoso si è accorciata di oltre un mese».

È la prima volta che si riescono a ottenere informazioni riferite alle presenza di neve sulle Alpi per un orizzonte temporale così lungo. «La neve – evidenzia una nota diffusa direttamente dal Cnr – ha un ruolo chiave nel bilancio energetico terrestre, ma è anche fondamentale per i sistemi naturali, sociali ed economici della regione alpina che si sostengono grazie alla sua disponibilità. Dovremmo, infatti, acquisire maggiore consapevolezza delle nuove sfide dettate dai mutamenti in atto e futuri per una regione i cui equilibri si sono mostrati fortemente sensibili ai cambiamenti climatici».

© RIPRODUZIONE RISERVATA