Commercio, ecco chi apre e chi chiude
Guida ai meandri del nuovo decreto

La zona rossa. Da oggi, per quattro settimane , cambiano le regole nel terziario. Ieri l’assalto a supermercati e centri commerciali. Aperti solo i negozi di alimentari e generi di prima necessità, ma la lista è lunga e controversa.

Per le prossime quattro settimane, che potrebbero diventare due se l’emergenza sanitaria dovesse rallentare, il commercio lombardo subirà una battuta d’arresto. Il Dpcm in vigore da oggi stabilisce per le regioni in zona rossa - Lombardia, Piemonte, Valle d’Aosta e Calabria - la sospensione delle attività commerciali al dettaglio, fatta eccezione per i generi alimentari e per quelli di prima necessità indicati nell’allegato 23 al decreto, una lista che a ben vedere riguarda non poche categorie merceologiche. Una vigilia di acquisti Ieri, alla vigilia del lockdown, supermercati e centri commerciali di Bergamo e dintorni hanno registrato un numero consistente di presenze, con clienti in coda sin dalla prima mattina. Meno affollato, invece, il centro città, già provato da una crisi mordace. «Siamo stati presi d’assalto sin dall’apertura - dice il direttore di Oriocenter, Ruggero Pizzagalli -, la sensazione è che in molti pensassero di trovare il centro commerciale chiuso nei prossimi giorni. E invece un centinaio delle nostre 280 attività commerciali da domani (oggi per chi legge, ndr) potranno restare aperte, come prevede l’ultimo Dpcm. Per evitare il rischio di assembramenti resteremo aperti tutti i giorni dalle 9 alle 20. Intanto abbiamo già acceso le luminarie di Natale, un segno di speranza in un futuro migliore». Più affollato di un normale giovedì anche il centro commerciale Le Due Torri di Stezzano.

«Un’affluenza trasversale, che ha riguardato sia gli alimentari sia gli altri negozi - spiega il direttore Roberto Speri - la sensazione è che la clientela non abbia ancora chiaro cosa accadrà durante il lockdown. È il caso di ricordare che nei centri commerciali dal lunedì al venerdì resteranno aperti i negozi che vendono alimentari e generi di prima necessità, nel fine settimana e nei festivi l’offerta si riduce come da decreto. Resteranno aperte farmacie, parafarmacie, presidi sanitari, punti vendita di generi alimentari, tabacchi ed edicole». Cosa prevede il decreto Il decreto del 3 novembre sospende le attività commerciali al dettaglio salvo quelle espressamente individuate nell’allegato 23. Chiusi bar, pub e ristoranti, gelaterie e pasticcerie, centri estetici, negozi di abbigliamento e calzature, gioiellerie e tutti i negozi che vendono prodotti delle categorie merceologiche non espressamente indicate. Restano aperti alimentari, librerie, cartolerie, edicole, tabaccherie, ottici, fioristi, lavanderie, barbieri, parrucchieri, negozi di abiti, calzature per bambini e giocattoli, e ancora negozi che vendono biancheria personale, articoli sportivi e per il tempo libero, medicali e ortopedici, igienico-sanitari, cosmetici, elettrodomestici, computer e prodotti per animali. Nessun impedimento alla consegna a domicilio. Sono chiusi i mercati, salvo le attività dirette alla vendita di soli generi alimentari. Resta ammesso (non nei mercati) il commercio al dettaglio ambulante delle stesse categorie merceologiche consentite nei negozi.

Le strutture ricettive possono operare ma il nuovo Dpcm, sia per le aree rosse sia arancioni, non consente il servizio di ristorazione per i clienti, che dovranno arrangiarsi con cibo d’asporto. Resta consentita la sola ristorazione con consegna a domicilio e fino alle 22 la ristorazione con asporto, con divieto di consumazione sul posto o nelle adiacenze. La lettera a Fontana I presidenti di Ascom Confcommercio Bergamo e di Confesercenti Bergamo, Giovanni Zambonelli e Antonio Terzi, hanno scritto al governatore della Regione Lombardia, Attilio Fontana, chiedendo la deroga alla chiusura per le attività commerciali e della ristorazione del territorio bergamasco. L’art. 3 comma 2 del Dpcm del 3 novembre 2020 - scrivono nella lettera - stabilisce infatti che «con ordinanza del Ministero della Salute, d’intesa con il presidente della Regione interessata, può essere prevista, in relazione a specifiche parti del territorio, in ragione dell’andamento del rischio epidemiologico, l’esenzione dell’applicazione delle misure». «I dati sulla curva epidemiologica della nostra provincia - sottolineano i due presidenti - evidenziano che non sussiste uno scenario di massima gravità così come stabilito per la zona rossa individuata dall’ordinanza del ministro della Salute».

E ricordano che «le imprese della nostra provincia, come da studi elaborati da numerosi soggetti accreditati, hanno già subito danni economici pesanti e più gravi rispetto agli altri territori lombardi». Un appello che difficilmente il presidente Fontana potrà accogliere, avendo dichiarato che per la zona rossa lombarda «non vi sono possibilità di deroga», e che bisognerà «attendere due settimane per valutare misure di allentamento sulla scorta dell’evoluzione della situazione». Serve un piano di rilancio» «Abbiamo a che fare con numeri impressionanti sul fronte delle richieste di ammortizzazione sociale, delle contrazioni nelle vendite e dei lavoratori coinvolti, dietro ai quali ci sono vite e volti di persone. Per questo sono necessarie scelte non ordinarie» dichiara Mario Colleoni, segretario generale Filcams-Cgil di Bergamo. «Per i settori del commercio, degli appalti, del terziario, del turismo e degli studi professionali, nei quali operano fra Bergamo e provincia ben più di 100.000 persone, sono state in questi mesi oltre 2.500 le richieste di ammortizzazione sociale. La stima dei dipendenti coinvolti è superiore ai 40.000. Quello che oggi serve per l’intero settore del terziario è un piano straordinario di rilancio degli investimenti».

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