Concorso scuola, 5mila aspiranti docenti per la prova scritta in Bergamasca

LA SESSIONE . Sono 52 le scuole di Bergamo e provincia sedi della prova scritta del concorso ordinario Pnrr della scuola dell’infanzia e primaria e della scuola secondaria di entrambi i gradi.

Sono 52 le scuole di Bergamo e provincia sedi della prova scritta del concorso ordinario Pnrr della scuola dell’infanzia e primaria e della scuola secondaria di entrambi i gradi. Sette in totale le sessioni di concorso nella Bergamasca iniziate l’11 marzo e che si concluderanno lunedì 18 marzo. Secondo i dati pubblicati da Orizzonte scuola, sono 11.280 in Lombardia i candidati per infanzia e primaria a fronte di 6.552 posti a bando; per la scuola secondaria di entrambi i gradi i candidati sono 57.505 per 7.017 posti.

Analizzando i posti potenziali previsti nei laboratori di informatica delle scuole del territorio coinvolte, sono stimati più di 5mila aspiranti docenti ospitati per la prova scritta nelle scuole bergamasche. «Non abbiamo ancora dati precisi alla mano, ma da voci arrivate, ci risulta circa il 15% dell’assenteismo», aggiungono dall’ Ufficio scolastico territoriale di Bergamo. «Bergamo, Milano e Brescia costituiscono circa il 50% delle sedi per effettuare il concorso, anche per il numero di scuole che hanno», commenta Fabio Cubito, segretario generale Flc Cgil Bergamo.

Le testimonianze

«È andata bene, sono soddisfatta. Le domande sono abbastanza intuitive e tendono a privilegiare la sfera metodologica didattica rispetto a quella nozionistica della disciplina. Il peccato è che siano davvero pochi i posti banditi. L’orale sarà lo scoglio peggiore a questo punto», racconta Giulia Leggeri, aspirante docente di italiano e storia alle superiori.

Le fa eco Cinzia Perziano, candidata per le medesime materie sulle medie: «Ho trovato le domande molto più equilibrate rispetto all’ultimo concorso ordinario. Nonostante io abbia superato la prova, purtroppo c’è un po’ di sconforto perché i posti sono davvero pochi rispetto ai candidati». La prova, uguale per tutte le classi di concorso e il grado di scuola a cui si concorre, consiste in una prova al computer a quesiti a risposta multipla inerenti conoscenze e competenze in ambito pedagogico, psicopedagogico e didattico – metodologico, lingua inglese e uso didattico delle tecnologie e dei dispositivi elettronici multimediali.

Dopo lo scritto si aspetta la prova orale che consisterà in un colloquio sugli argomenti della classe di concorso per cui si è fatto domanda creando una lezione simulata su un argomento estratto 24 ore prima, oltre alla verifica della conoscenza della lingua inglese. «Non sapevo cosa aspettarmi: è il primo concorso che provo – commenta Chiara Del Monte, candidata per insegnare italiano e storia alle medie e italiano e latino alle superiori –. Sono felice del buon risultato ottenuto, non me lo aspettavo. Avevo studiato il più possibile, ma non era scontata la riuscita: nessun insegnante della secondaria ha mai incontrato nel suo percorso di studi universitari le materie richieste». Tanti gli aspiranti docenti provenienti dal Sud. Come Simona, per scienze aziendali sulle superiori, tra le candidate che hanno effettuato la prova a Bergamo: «Sono arrivata direttamente da Messina. Nella mia classe di concorso in Sicilia c’era un solo posto messo a bando, in Lombardia 17». Un concorso che, quindi, al netto di una percentuale di bocciati, sta procedendo in modo regolare, senza eclatanti numeri di respinti.

Il bilancio

«Non stiamo ricevendo commenti negativi, a differenza dell’ultimo concorso ordinario – aggiunge Cubito –. Resta, però, la grande polemica attorno a questa tipologia di concorso che è sia ordinario sia straordinario perché finanziato da fondi straordinari del ministero (Pnrr, ndr). Questo significa che il concorso non è abilitante. Quindi se non si risulta vincitori all’interno dei posti messi a bando, non si entra in cattedra, anche se le prove del concorso sono state superate. E, d’altro canto, se si risulta vincitori all’interno dei posti messi a bando bisogna comunque intraprendere un percorso abilitante. Quindi, invece che alleggerire la già pesantissima situazione di precariato, la aggrava. Un precariato che è anche di tipo economico: il percorso per ottenere l’abilitazione costa 2mila euro nelle università telematiche e molto di più nelle università statali che, tra l’altro, non offrono lo stesso percorso a livello di crediti formativi».

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