Coronavirus, la Cina è bloccata
Il tessile orobico teme ripercussioni

Ferraris (Confindustria): «Pesa l’assenza cinese alla fiera Milano Unica». Albini: «Sono il 45% dei clienti del lusso» Paccanelli (Euratex): «Impatto su tutto il 1° semestre».

Il comparto tessile bergamasco teme conseguenze dall’attuale blocco cinese causato dal coronavirus. «Qui a Milano le aziende manifestano una certa preoccupazione – dice Chiara Ferraris, presidente del Gruppo tessile-moda di Confindustria Bergamo – e la sensazione generale è che ci saranno delle complicazioni. Oggi è ancora difficile quantificare, ma una ripercussione comunque ci sarà. Il mondo della moda ha come target il mondo del lusso con una preponderanza degli acquirenti cinesi, che però in questo momento non ci sono a Milano Unica. Bisognerà vedere se i minori acquisti dei cinesi potranno essere compensati da più acquisti degli europei e degli americani. Per un bilancio, però, bisogna aspettare che la fiera finisca».

Quanto alla sospensione della fiera di Milano Unica a Shanghai in marzo, Ferraris pensa che «probabilmente verrà annullata dato che nel mondo della moda le collezioni si presentano ogni sei mesi».

L’interscambio Bergamo-Cina

Secondo dati dell’area studi di Confindustria Bergamo, l’interscambio commerciale Bergamo-Cina nel 2018 con riferimento ai prodotti tessili, abbigliamento, pelli e accessori mostra un saldo commerciale negativo di 165,6 milioni di euro (import di 184 milioni ed export di 18,6 milioni). L’ultimo dato riferito al terzo trimestre 2019 evidenzia un saldo di 62,3 milioni (69 milioni di import e 6,6 di export). Sempre con riferimento ai prodotti tessili, abbigliamento, pelli e accessori, la Cina ha un peso pari al 22% dell’import bergamasco del settore e al 2% dell’export, dati che nel 3° trimestre 2019 diventano rispettivamente il 33% (import) e il 3% (export). Infine, l’interscambio Bergamo-Cina sempre nei prodotti del tessile è pari al 19% dell’import manifatturiero Bergamo-Cina e al 5% dell’export, valori che nel 3° trimestre 2019 salgono al 25% e al 6%.

Dice da New York Alberto Paccanelli, presidente di Euratex, la confederazione europea dell’abbigliamento e del tessile: «Qui il problema cinese è sentito molto marginalmente. Le nostre preoccupazioni invece ci sono tutte, poiché il mercato sia cinese che asiatico sono importanti sia per la fornitura che per la vendita e sappiamo già che il primo semestre dell’anno avrà un impatto sulle vendite su quel mercato. Speriamo che si limiti al primo semestre e non vada oltre perché ci sono tante incertezze». Si può già calcolare una possibile incidenza? «Sul totale tessile abbigliamento italiano si stima un impatto pari a una riduzione del 2,5%. In Cina è tutto fermo, gli ordinativi sono bloccati. Fortunatamente il tessile bergamasco vende un po’ in tutto il mondo e quindi contiamo di assorbire il colpo e tenere botta. Se ad essere interessato dalla crisi fosse il mercato americano, sarebbe molto peggio. È evidente però che se la crisi va avanti e si allarga ad altri mercati le cose si complicheranno».

«Tutto - dice Stefano Albini, presidente di Albini Group - dipenderà da quanto sarà lunga questa fase di blocco: speriamo che trovino un farmaco che possa bloccare il virus, il che vorrebbe dire tornare alla normalità. Non si tratta tanto del mercato cinese dei consumi dove noi esportiamo relativamente poco, ma di tutto il flusso di turisti e acquirenti che arrivano dalla Cina e spendono in maniera importante, se è vero che il 40-45% del consumo di beni di lussi è costituito da cinesi. Non è un caso che a in via Monte Napoleone a Milano i maggiori acquirenti siano asiatici».

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