Covid, crescita inferiore rispetto a marzo
«il 2-3% per cento dei lombardi positivo»

Giovedì in Lombardia si sono registrati gli stessi casi di mercoledì. In provincia di Bergamo 129 infetti e 2 decessi Il professor La Vecchia: «Nonostante tutto l’accelerazione è enormemente inferiore a quella dello scorso marzo».

La curva resta alta, non s’abbassa. In tutta la Lombardia, e anche a Bergamo pur con ritmi più contenuti. Giovedì, esattamente come mercoledì, in regione s’ è contato un totale di 4.125 nuovi casi di Coronavirus, però con una quota leggermente più contenuta di tamponi (35.715), che ha alzato all’11,55% il tasso di positività. In provincia di Bergamo, nello specifico, le nuove infezioni individuate sono state 129, dato che riporta in pratica al 5 aprile. Torna a farsi aspro anche il dato dei decessi: ieri sono stati due, dopo quattro giorni senza vittime, e 29 in tutta la Lombardia.

Milano resta l’area più critica, tracima anche la soglia dei duemila casi; 2.031 per la precisione giovedì quelli in tutta la provincia, con 917 casi in città. Il fronte ospedaliero Il fronte ospedaliero s’ accentua ancora e varca la soglia dei 150 ricoverati Covid nelle terapie intensive lombarde (ora sono 156), a cui se ne aggiungono 1.695 negli altri reparti. Regge, però, la Bergamasca: al «Papa Giovanni» ieri si contavano 44 pazienti di degenza (uno in attesa dell’esito del tampone) e 9 in Terapia intensiva, nelle strutture dell’Asst Bergamo Est erano invece 9 i ricoverati (tutti a Seriate), in quelle dell’Asst Bergamo Ovest c’erano invece 20 ricoverati a Romano nell’area sub-acuti e 10 a Treviglio nel reparto appena riaperto (pazienti con patologia acuta, che non necessitano di ausili per la respirazione; due di questi provenivano dal «Papa Giovanni», a cui invece sono stati trasferiti due pazienti dalla Terapia intensiva); alle Gavazzeni si avevano 6 ricoverati positivi entrati per altra patologia e 3 in attesa di diagnosi Covid, negli ospedali del Gruppo San Donato 5 i pazienti positivi (uno asintomatico entrato per altra patologia). Totale: 106.

Ma come si spiega l’ennesima impennata nei contagi in Lombardia?

Carlo La Vecchia, professore ordinario di Statistica medica all’Università Statale di Milano, parte dai numeri: «La positività rispetto ai tamponi è molto alta, l’11%. Questo fa supporre che ci sia una grande quota della popolazione al momento positiva: potremmo immaginare il 2-3% della popolazione lombarda. Questo vorrebbe dire da un lato che il tracciamento è difficilissimo, ma dall’altro lato vorrebbe dire che la proporzione di malati, e in particolare di malati seri, sia relativamente bassa». Con prudenza, La Vecchia guarda a marzo: «L’accelerazione, cioè la crescita proporzionale dei positivi, è enormemente inferiore, nonostante tutto, a quella di marzo. Non siamo a marzo, è il numero di tamponi nettamente più alto che porta a questi numeri. Perché a Bergamo i nuovi casi sono contenuti? La grande epidemia di marzo e aprile ha portato a una più ampia quota di immunizzati: senza arrivare a parlare di immunità di gregge, termine scorretto, s’ è comunque ridotta la quota dei suscettibili al contagio».

E se il tracciamento è saltato, sul fronte clinico altre cifre portano a non veder precipitare la situazione: «Le terapie intensive salgono, ma di poco, e per approntare nuovi letti abbiamo ancora diverse settimane: ricordiamoci che all’inizio di aprile avevamo 1.300 ricoverati. Un problema urgente però c’è - rileva La Vecchia -, ed è la media intensità di cura: abbiamo un gran numero di pazienti, in parte Covid e in parte con sintomi respiratori, che si rivolgono all’ospedale, ma questi casi non dovrebbero essere trattati in medi ospedali. Servirebbero delle strutture intermedie, quelle che in Cina hanno chiamato “infermerie”, che però non abbiamo. L’urgenza vera è gestire questi pazienti, per liberare le pneumologie e le malattie infettive, da dedicare ai pazienti seri. La carica virale? Occorre una precisazione: non è più alta di aprile; è indubbiamente più alta invece di quanto si rilevava a giugno e luglio, semplicemente perché allora i tamponi rilevavano residui di infezione di marzo e aprile». Intanto, da ieri sono in vigore le nuove ordinanze: «Servirà tempo, alcune settimane, prima di vederne gli effetti - conclude La Vecchia -. L’unica misura che criticherei è la didattica a distanza: la malattia tra gli studenti non è un problema sanitario. I giovani o li chiudiamo a casa, ma è ben difficile, o li mandiamo a scuola, dove sono invece più controllati».

© RIPRODUZIONE RISERVATA