Covid in Lombardia: nella Bergamasca l’incidenza più bassa (35), intorno quasi tutti sopra 50 - I dati

Il dato regionale: 59 nuovi casi settimanali ogni 100mila abitanti. La nostra è la provincia con l’incidenza più bassa, a quota 35; le altre due aree sotto la soglia simbolica dei 50 nuovi casi – un tempo l’unico indicatore per la zona bianca, ora combinato alla pressione ospedaliera – sono Pavia e Lecco, entrambe a 42.

L’inizio del rimbalzo ha una data precisa, incisa nei numeri: il 15 ottobre, tra l’altro – coincidenza o «effetto» concreto – l’inizio dell’obbligo di Green pass sui luoghi di lavoro e quindi del boom di tamponi. Quattro settimane dopo, la tela del contagio restituisce una Lombardia di tonalità ben diverse: Bergamo, ancora una volta virtuosa nel limitare i casi di coronavirus, è di fatto «circondata». Continua a essere la provincia lombarda con la circolazione virale più bassa, ha rinnovato la «tenuta» nonostante nell’ultimo mese il virus abbia ricominciato a correre. Lo ha fatto, in realtà, con velocità diverse tra le aree della regione. Oggi è più diffuso nello spicchio occidentale della Lombardia, peraltro come all’inizio della seconda ondata che infiammò l’autunno del 2020.

Ieri l’incidenza regionale ha toccato i 59 nuovi casi settimanali ogni 100mila abitanti, ma è una media che sintetizza solo parzialmente la ripartizione territoriale delle infezioni. La Bergamasca è appunto la provincia con l’incidenza più bassa, a quota 35; le altre due aree sotto la soglia simbolica dei 50 nuovi casi – un tempo l’unico indicatore per la zona bianca, ora combinato alla pressione ospedaliera – sono Pavia e Lecco, entrambe a 42. L’incidenza più alta è invece in provincia di Lodi (74), poi Varese (70), Monza (66), Sondrio (62) e Milano (61). Lo spicchio orientale della Lombardia frena, seppur solo lievemente, il rialzo: Brescia è a 56, sotto la media regionale, mentre Cremona e Mantova sono a 60. Situazioni da monitorare, insegna l’esperienza, perché il contagio spesso avanza per contiguità territoriale (e per relazioni sociali tra i territori): la seconda ondata in Bergamasca colpì in particolare la Bassa (anche perché l’immunità naturale dopo la prima ondata lì era minore) e quindi «entrando» dal Milanese, la terza (marzo 2021) soprattutto nelle aree al confine col Bresciano anche perché nel Bresciano quell’ondata era partita prima.

Il presente rimanda all’inizio di questa nuova rincorsa del virus. Che, va rimarcato, grazie all’ampia copertura vaccinale è ben più lenta dell’ondata dello scorso anno, oltre che decisamente più circoscritta nei numeri: in Lombardia negli ultimi 7 giorni sono emersi 5.923 positivi su 699.939 tamponi (tasso di positività 0,85%), mentre tra il 6 e il 12 novembre del 2020 – il picco della seconda ondata – i contagi furono 60.944 su 294.648 test (20,68%). Quello che però è interessante, tornando a questi giorni, è la diversa proliferazione sul territorio. Il 15 ottobre 2021, infatti, l’incidenza lombarda viaggiava a 18 nuovi casi settimanali ogni 100mila abitanti e tutte le province avevano valori compresi tra i 6 di Mantova e il 22 di Brescia, mentre anche Bergamo era a 18. Quattro settimane dopo, l’aumento più ripido è stato proprio quello di Mantova (che partiva dal valore più basso), dove l’incidenza è decuplicata (da 6 a 60), mentre l’incidenza di Como (da 9 a 52) e Varese (da 12 a 70) si è moltiplicata per sei; l’incidenza del Milanese è cresciuta del 221%, quella del Bresciano del 265%. Bergamo, invece, in questo incipit di recrudescenza è anche il territorio dove i contagi sono aumentati più lentamente: l’incidenza in quattro settimane è aumentata «solo» del 94%, contro il +227% di media regionale.

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