Dona il polmone al figlio di 5 anni: il papà ha lasciato la Rianimazione

Il trapianto. Il direttore sanitario dell’Asst Papa Giovanni XXIII: «Un orgoglio essere stati i primi in Italia, lavoro di squadra». I medici: per il bambino il percorso sarà più lungo, ma c’è ottimismo.

Il papà ha lasciato la Rianimazione e ora è in reparto, con un buon decorso. Per il piccolo, invece, il cammino sarà più lungo, ma la sensazione è quella dell’ottimismo. Lo storico trapianto di un lobo polmonare da vivente – l’organo è stato donato da un padre al figlio di 5 anni – consegna ancora emozioni forti qui all’ospedale «Papa Giovanni XXIII», dove nella giornata di martedì è stato eseguito il primo intervento di questo tipo in Italia.

«Adesso si pensa meno all’intervento, che è dietro alle spalle, e si guarda a cosa succede ai pazienti: c’è molta prudenza, ma con cautela possiamo dire che si sta piano piano cercando di svezzare il bambino da vari supporti. La prognosi resta riservata e la prudenza è doverosa, ma le sensazioni sono positive. Il prossimo giorno di festa sarà quando rivedremo a casa entrambi», racconta Michele Colledan, direttore del Dipartimento di insufficienza d’organo e trapianti e dell’Unità di Chirurgia generale 3, che ha effettuato l’operazione sul piccolo. Mediamente, un bambino trapiantato di polmoni resta in ospedale non meno di un mese. Alle spalle, ricorda Colledan, c’è stata «una preparazione di circa due mesi, a partire dalla prima segnalazione telefonica. È stato fatto un lavoro straordinario, da parte di tutti i professionisti coinvolti».

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Anche la parte burocratica non è stata da meno: «Il trapianto da vivente è normato in modo molto stretto: ci deve essere la massima garanzia che la donazione sia consapevole e non forzata. C’è una valutazione da parte di terzi, un passaggio con un magistrato e quindi una valutazione immunologica da parte del centro regionale di coordinamento dei trapianti».

«Il padre sta bene, ha ripreso a mangiare e si muove autonomamente, e ora è stato trasferito nel reparto di degenza», aggiunge Alessandro Lucianetti, direttore della Chirurgia generale 1 (addominale toracica) dell’ospedale di Bergamo, che ha eseguito il

prelievo del lobo polmonare sull’adulto. Al momento non risultano complicanze come perdite di sangue o d’aria, la prognosi non è più riservata. Ha un pensiero fisso, questo padre coraggioso: continua a domandare del figlio, delle sue condizioni. Lucianetti rimarca la genesi dell’intervento «costruito» insieme a Colledan: «È una tecnica che ci ha sempre interessato. Nel 2015 c’era l’idea di andare a vedere un intervento di questo tipo in Giappone, dove si stava sviluppando. Poi un mese e mezzo fa si è presentato questo caso: il fatto che il bimbo avesse già ricevuto dal padre un trapianto di midollo ne ha favorito la possibilità». È un trapianto che farà scuola, quello del «Papa Giovanni»: tra i messaggi di congratulazioni arrivati c’è anche quello di Bruno Gridelli, luminare della materia, già direttore del Centro trapianti degli allora «Riuniti» di Bergamo dal 1999 al 2003, profondamente legato a Lucianetti e Colledan.

Dietro quest’intervento eccezionale – «una bella pietra nella nostra storia», è la metafora tratteggiata da Colledan – c’è la «straordinaria ordinarietà» di un ospedale che quotidianamente ridà speranza e vita. Nel 2022 sono stati 156 i trapianti di organi solidi eseguiti al «Papa Giovanni», in linea con i livelli pre-Covid, e nel primo scorcio del 2023 se ne sono contati già 20 (dati al 18 gennaio). «È un segnale importante del superamento della fase di emergenza – rileva Fabio Pezzoli, direttore sanitario dell’Asst –. Ogni vita salvata dà un’emozione profonda, unica. Dare a un bambino di 5 anni la possibilità di crescere, diventare adulto e avere una vita che mi auguro tranquilla è qualcosa che deve rendere felice tutta la comunità. È un punto d’orgoglio importante essere stati i primi in Italia e tra i pochi in Europa. Ringrazio pubblicamente tutti i professionisti coinvolti: è il segno di una qualità di livello internazionale».

Un risultato che s’incide in una storia lunga: «Si può sovrapporre allo storico trapianto di cuore effettuato da Lucio Parenzan (nel 1985, il primo a Bergamo e il terzo in Italia, ndr): sembrava una nuova epoca – ricorda Pezzoli -, ma adesso anche il trapianto è un’attività ordinaria. Le cose accadono grazie al lavoro di squadra».

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