«Ferite di luce», perché ogni cicatrice e ogni dolore possano divenire speranza

Ogni cicatrice ha una storia da raccontare, fatta di dolore ma anche di speranza. «Una cicatrice - come dice lo scrittore spagnolo Fernando Aramburu - rimarrà sempre. Però è già una forma di cura» e può perfino trasformarsi in un simbolo di coraggio. È questo il messaggio del calendario «Ferite di luce», creato dall’associazione «Insieme con il sole dentro. Melamici contro il melanoma» per accompagnare il nuovo anno con i migliori auspici, nel segno della prevenzione.

Raccoglie dodici storie: ognuna ha il volto di una donna che ha affrontato un melanoma e accetta di mostrarsi con la propria fragilità, dando un senso nuovo alle proprie ferite, come testimonianza di resistenza e strumento privilegiato di sensibilizzazione.

«Ci siamo ispirate - racconta Marina Rota, fondatrice e presidente dell’associazione - all’arte giapponese del kintsugi, una tecnica di riparazione che sana le fratture degli oggetti con l’oro: alla fine le cicatrici restano visibili, ma diventano un pregio dell’oggetto, rendendolo unico e prezioso. Abbiamo scelto di metterci la faccia per lanciare un messaggio che invita all’attenzione e alla prevenzione».

Le «ferite di luce» delle donne ritratte nel calendario diventano crepe dell’anima nelle quali, come cantava il poeta e folksinger Leonard Cohen, «entra la luce». Ognuna mostra, in modo spiazzante, di aver trovato nuovi lati di sé dopo la malattia, e di aver scelto di farne un trampolino di lancio anziché un «buco nero», affrontando il dolore e la fatica a viso aperto.

C’è chi, come Daniela, si è sottoposta a controlli per tutta la vita, ma ha pagato poi con tanta sofferenza un periodo di disattenzione: «A 13 anni mi viene detto che devo togliere un neo, è il 1978. Negli anni ne tolgo in totale 7 ed erano tutti negativi all’istologico. Per tutta la vita mi hanno sottoposto ai controlli, ma negli ultimi 4 anni li ho saltati perché “avevo troppo da fare”. Ad ottobre 2019 noto che la mia camicia è sporca di sangue, mi sottopongo a una visita dermatologica e mi viene comunicato che quel neo va tolto subito. Esco dall’ospedale con un taglio di 10 centimetri e 7 punti sulla mia pancia. Si trattava di un melanoma».

Pochi mesi dopo Daniela scopre di avere un altro tumore, un carcinoma mammario infiltrante: «Dopo l’operazione al seno si sono così sovrapposte due diverse cure oncologiche, tra pastiglie, infusioni, iniezioni e a seguire radioterapia. Ogni settimana ho reazioni diverse e ho avuto persino un’infezione che mi ha portato di nuovo in ospedale. Se non avessi saltato i controlli forse mi sarei risparmiata tutto questo calvario. Ho perso i capelli e sono aumentata molto di peso ma ho anche tanta voglia di farcela». L’invito finale è chiaro: non lasciare mai da parte la prevenzione.

«Avevo notato un neo strano, ma per un po’ avevo fatto finta di non vederlo – racconta Diletta –. Un giorno, dopo la doccia, mi sono accorta che aveva cambiato aspetto: aveva bordi irregolari ed era circondato da un alone di colore arancione». Così si è decisa a farlo vedere a uno specialista, ed è stata la sua fortuna: «La dermatologa mi ha detto che andava tolto con la massima urgenza». L’esame istologico conferma che si tratta di un “melanoma maligno al primo stadio». Dopo due anni, Diletta sta bene: «Sono stata fortunata, perché l’ho preso in tempo. Ho imparato una grossa lezione: qualunque sospetto sulla propria pelle merita un controllo».

Esame istologico

Durante le vacanze estive la pelle rimane più esposta ed è così che Simona si è accorta di una stranezza: «Al ritorno dal mare mi sono resa conto che avevo un neo che sanguinava sotto il seno destro». Anche in questo caso le è stata consigliata l’asportazione e l’esame istologico ha rivelato un melanoma. La diagnosi la turba profondamente: «Ho rivissuto i due anni della malattia di mio marito, che 4 anni prima, quando lui ne aveva solo quaranta, se n’era andato per un tumore al cervello. Poi mi sono detta che avrei affrontato tutto questo con la stessa forza e voglia di vivere che aveva mio marito, sempre con il sorriso. Glielo dovevo. Quando mi guardo allo specchio non sempre vedo quella cicatrice, ma capita che mi soffermi a guardarla. Ci passo il dito sopra e mi dico che non so fino a quando se ne starà lì buona buona, ma di una cosa sono certa: quando e se la malattia si dovesse ripresentare non riuscirà mai a togliermi il sorriso. Se sono la donna che sono è merito anche di questa ferita».

Sono addirittura quattro i melanomi che ha dovuto affrontare Luisanna: «Dopo il terzo – spiega – cominciai a farmi seguire da uno psicologo e decisi insieme ai medici di togliere i nevi più irregolari. Da lì, fino ad oggi, ogni anno mi sono sottoposta a numerosissime asportazioni. Purtroppo, nonostante questo, ad agosto 2019 è stato diagnosticato il quarto melanoma. Stavolta era al terzo stadio. La malattia, però, mi ha regalato tanto. Mi ha portato amici nuovi, mi ha fatto capire che non sono sola e non lo sarò mai. E mi ha insegnato che la vita va festeggiata ogni giorno».

Anche per Milena il melanoma ha rappresentato una battuta d’arresto:«L’ho scoperto per caso, perché un’amica mi ha invogliato a sottopormi a una visita dermatologica. Il melanoma fra le altre cose mi ha provocato anche un’altra patologia di cui si parla poco: il linfedema. Non ci sono scuse: bisogna tenersi sotto controllo. Una delle poche armi che abbiamo contro questa malattia è il tempo».

La ferita di Jenny è sulla tempia sinistra: «La diagnosi è avvenuta precocemente, e il melanoma era molto grande, infatti ho dovuto rasare i capelli ben due volte, ma esteticamente non stavo poi così male. Le paure sono tante, però sento che, lentamente, questa esperienza mi sta “aiutando” a godere del presente, cosa che prima non ero mai riuscita a fare».

L’orizzonte non è sempre luminoso, chiarisce Katy, che oggi deve fare i conti con una recidiva del primo melanoma, asportato quattro anni fa: «All’inizio non mi ero allarmata più di tanto, perché non avevo una conoscenza effettiva e reale di questo male. Il fatto di non aver mai effettuato controlli, per ignoranza o per superficialità, mi ha messo davanti alla realtà, cioè che sto rischiando per questo anche di perdere la vita. La chemioterapia è pesante, ci sono giorni buoni in cui riesco a fare le cose che facevo (anche se non tutte) e giorni pesanti, bui, dove mi trascino e vivo male per i dolori. Continuo a sorridere lo stesso e a lottare per superare questo momento. Lotto per far sapere alle persone l’importanza della prevenzione».

Anche Marina Rota ha prestato il suo volto al calendario accanto alle amiche dell’associazione: «La mia storia nasce da una “macchia” che sembrava morta e sepolta dopo l’asportazione chirurgica. E invece, 17 anni dopo, da quel neo è partita una metastasi polmonare. Io, che lavoravo come tecnico di laboratorio in un reparto di oncologia, mi sono ritrovata improvvisamente dall’altra parte, dalla parte di una paziente oncologica con un tumore al quarto stadio. Ho sempre cercato di mantenere la calma e la positività, traendo forza e coraggio dalle persone meravigliose conosciute grazie al mio blog “Marydallaltraparte” e all’associazione “Insieme con il Sole dentro”, di cui sono socia fondatrice e presidente. Perché, come recita il mio motto, anche con un melanoma al quarto stadio quello che conta è avere il sole dentro».

Il melanoma di Elisa si è presentato nel 2012: «Era un neo maligno in fondo alla schiena. Ho affrontato due operazioni importanti, poi ho intrapreso cure sperimentali che in quel momento stavamo provando in pochissimi al mondo.

Tutti i giorni assumo la mia terapia per sconfiggere questo ospite indesiderato. Come dico sempre, sono diventata forte amando le mie cicatrici».

Anche Emanuela ha seguito una terapia sperimentale: «Il mio percorso – racconta – comincia a luglio del 2019 con l’asportazione di un neo al fianco destro. Si trattava di un melanoma e la tac ha evidenziato metastasi al polmone e ai linfonodi inguinali. La diagnosi dell’oncologo successiva alla visita è stata di melanoma al quarto stadio. Se il primo impatto con la malattia è stato devastante, la voglia di vivere e la fiducia nella terapia mi hanno dato la forza di reagire e guardare avanti. Adesso vivo cogliendo ogni attimo».

La malattia mia ha cambiata

Era solo una piccola macchia «che non mi convinceva» il melanoma di Giulia: «Sono andata privatamente a toglierla. Con stupore del chirurgo (che sosteneva non fosse niente di serio), l’istologico recitava: “Melanoma pt1a” (melanoma con spessore inferiore a 0,8 mm e senza ulcerazione). Oggi sento che ho paura, perché da infermiera conosco e vedo quello che può succedere. La malattia mi ha cambiata, e a volte penso che lo abbia fatto in peggio. Ma ci sto lavorando».

Sembrava piccolo e innocuo il neo asportato nel 2016 a Guja, ma ha rivelato poi metastasi a milza, fegato e polmone, scoperte proprio il 4 gennaio 2021, nel giorno del suo 40esimo compleanno. E nel frattempo ha perso la madre a causa di un tumore alle ovaie. Del suo rapporto con la malattia dice: «Ho iniziato a vedere il tempo in maniera diversa. Io e mamma stavamo combattendo la stessa battaglia e quando lei non ce l’ha fatta mi sono scoraggiata. Ho sentito mancarmi la terra sotto i piedi». Ora, però, sorride sulla prima pagina del calendario. «Ferite di luce» si può richiedere all’associazione «Insieme con il sole dentro» ([email protected]) a fronte di una libera donazione, e il ricavato andrà a sostegno delle attività. Le foto si possono vedere anche in una mostra fotografica itinerante ora allestita in collaborazione con la Carolina Zani Melanoma Foundation a Brescia in Corsia del Gambero 10 fino al 7 gennaio.

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