Finti poliziotti, è allarme per le truffe: una ventina di casi, nel mirino gli anziani

Il fenomeno. Quasi la metà delle vittime ci è cascata, i bottini spesso ingenti. Il questore: «Polizia e carabinieri non chiamano a casa a chiedere soldi».

«C’è un aspetto che deve essere molto chiaro: la polizia e i carabinieri non telefonano mai a casa delle persone per chiedere soldi e tantomeno si presentano alla porta di casa. Sono delle truffe ed è bene non cascarci». Non usa mezzi termini il questore Stanislao Schimera nel sensibilizzare soprattutto le persone più avanti con l’età perché stiano attente a non incappare in una tipologia di truffa che sta purtroppo spopolando in questo periodo a Bergamo.

A caderne vittime sono soprattutto gli anziani: persone over 70, anche se sono capitati casi anche a persone ben più giovani, soprattutto donne e che vivono da sole. Negli ultimi mesi sono stati già venti i casi di truffe, di cui 8 andati a buon fine. Nella maggior parte, invece, le potenziali vittime si sono rese conto che il racconto che stavano sentendo non poteva stare in piedi. Tra questi anche l’ex parlamentare Pd Elena Carnevali, che lo scorso 31 gennaio si è subito accorta che dall’altro capo del telefono non c’era un vero maresciallo dei carabinieri bensì un truffatore. Soltanto due giorni dopo i malviventi – forse gli stessi – sono tornati in azione e un colpo è andato a buon fine mentre l’altro è fallito perché la vittima individuata, in questo caso una pensionata di 91 anni abitante in via Cairoli, che ha avuto la prontezza di rispedire al mittente, senza mezzi termini, il finto carabiniere che le riferiva di un incidente del figlio e che chiedeva del denaro per toglierlo rapidamente nei guai. Quasi contemporaneamente e nella stessa zona, una donna di vent’anni più giovane ha purtroppo creduto al racconto del finto poliziotto e gli ha poi consegnato i gioielli che aveva in casa.

Le indagini

Entrambi i casi sono stati denunciati alla polizia, che da tempo indaga su un fenomeno dietro cui si celerebbero gli stessi delinquenti. Del resto, lo schema messo in atto dai truffatori è sempre lo stesso: dopo essersi informati – non si sa bene con quali modalità, anche se la polizia sta cercando di far luce anche su questo fronte – dei rapporti di parentela stretta delle persone individuate come loro vittime, i malviventi fanno una telefonata presentandosi come poliziotti, carabinieri o avvocati e riferiscono alla persona anziana dall’altro capo del filo che il figlio o il nipote, solitamente alticcio, ha causato un incidente in cui una persona è rimasta ferita. Il parente stretto, ora in stato di fermo – «è inutile che tenta di contattarlo perché non le può rispondere ma è qui da noi», precisa di solito il truffatore – è però fortunato: grazie all’intercessione di chi sta telefonando, la controparte si è detta disponibile a ritirare la querela a fronte di un risarcimento economico da corrispondere, però, il più velocemente possibile.

«Dunque, signora, prepari cinquemila euro e, se non li ha in casa, vada a prelevarli in banca o, alla peggio, ci consegnerà dei gioielli» è l’indicazione dei truffatori. Nella metà dei casi finora registrati in città le vittime hanno consegnato qualcosa al finto poliziotto, carabiniere o avvocato giunto nel giro di venti minuti alla porta di casa: chi davvero i cinquemila euro richiesti – che aveva in casa o è andata a prelevare in banca in tutta fretta –, chi qualche migliaia di euro (con i truffatori che hanno precisato trattarsi solo di un «acconto», ma che in realtà si sono accontentati – e chi, come in uno dei due casi di martedì, i gioielli di famiglia che aveva in casa. Soltanto in un secondo momento, quando riescono a mettersi in contatto con il figlio o il nipote, le vittime scoprono di essere state raggirate. Talvolta a quel punto prevale la vergogna e molte vittime non vogliono denunciare l’accaduto. Invece, dalla questura arriva l’indicazione a denunciare sempre episodi del genere, anche quando non vanno a buon fine per i malviventi, perché tutti gli elementi raccolti possono tornare utili alle indagini che la polizia ha in corso per risalire agli autori di questo fastidioso reato.

«Il fenomeno era già diffuso negli anni scorsi – rileva il questore Schimera –, ma nell’ultimo anno si è acuito ulteriormente. Alle vittime si fa leva psicologica sulla possibilità di togliere dai guai nel più breve tempo possibile il figlio o il nipote, evitandogli una denuncia o il ritiro della patente, come viene palesato dai truffatori nelle loro telefonate».

Ma si tratta di truffatori solitari? Di certo chi chiama e chi si presenta poco dopo alla vittima che ha abboccato è quasi certamente la stessa persona. Ma chi indaga ritiene che il truffatore non agisca da solo ma conti sulla presenza di un palo-autista piazzato non lontano dalla casa della vittima: un aiuto fondamentale per potersi allontanare il più rapidamente possibile appena arraffato i soldi o i gioielli.

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