«Fondamentale per vincere il virus»
Immuni scaricata da 150 mila bergamaschi

Anche un clic aiuta a contrastare il nemico invisibile. Dopo un avvio timido, ora la app Immuni – promossa dal ministero della Salute, in particolare per tracciare i contagi da Sars-CoV-2 – è sempre più diffusa, perché l’importanza è stata colta.

Basta guardare al trend nazionale dei download: lanciata in tutto il Paese dal 15 giugno, al 4 ottobre si è raggiunta la soglia dei 7 milioni di download, e già al 10 ottobre si è saliti a 8,3 milioni. Gli ultimi giorni segnano infatti numeri da record, che contribuiscono a coprire in modo più ampio il territorio. «Stiamo vedendo un boom di download, con giornate da record – segnala Stefano Denicolai, professore di Innovation management all’Università di Pavia e componente della task force del ministero dell’Innovazione per l’utilizzo dei dati nell’emergenza Covid -. Ovviamente salgono i contagi e sale anche la paura, quindi cambia la prospettiva. Prima la scelta sullo scaricare la app era frenata anche da un po’ di pigrizia. Ora, invece, l’importanza di questo strumento è stata recepita».

In attesa di nuovi dati su base regionale (e dei primi su base provinciale, non ancora disponibili), all’ultimo aggiornamento del 30 settembre la stima indicava che l’app era stata scaricata dal 12,5% della popolazione al di sopra dei 14 anni , con un andamento diversificato tra le regioni: il picco in Abruzzo (15,9%), i numeri più contenuti in Sicilia (7,8%), Calabria (8,2%) e Campania (8,8%), poi un’ampia porzione di territorio con «quote» comprese tra 12 e 15%; la Lombardia stava grosso modo a metà, al 13,6%. Con i dati aggiornati al 10 ottobre, la media nazionale di copertura è salita al 15,7%; una proiezione solo approssimativa, ipotizzata sulle oscillazioni rispetto alla media dell’intero Paese, potrebbe indicare per la provincia di Bergamo qualcosa come un numero di download compreso tra i 145 e i 175 mila. «La percentuale di download non è equamente distribuita in tutta Italia, ma ha un andamento a macchia di leopardo – spiega il professor Denicolai -. Ci sono delle zone, delle fasce d’età e delle comunità che hanno una predisposizione particolarmente alta, altre invece hanno predisposizioni basse. Per esempio, una stima afferma che tra i laureati del Nord Italia siamo al 35-40% di download; una rilevazione tra gli studenti del dipartimento di Economia dell’Università di Pavia ha mostrato invece un picco del 71%, ed è possibile che in ambienti universitari la copertura sia simile. Si innesca un meccanismo psicologico per cui si è portati a scaricare la app se nel tuo ambiente un buon numero di persone l’ha già scaricata».

Anche la app è un pilastro della rete di prevenzione. «Distanziamento, mascherina, lavaggio delle mani sono misure che tutti conosciamo e utilizziamo. Rischiano però di essere deboli senza l’altro lato della medaglia, cioè il contact tracing – sottolinea il docente -. Per vincere la sfida del Covid in attesa del vaccino, occorre lavorare su due fronti: rendere difficile la vita al virus e rompere le catene del contagio, ed è su questo aspetto che interviene Immuni». La questione della privacy è ormai chiara: Immuni non la lede assolutamente. «È semplicemente il tentativo di fare in modo più smart un’attività che viene comunque svolta dalle autorità sanitarie, cioè il tracciamento dei contatti in caso di positività – rimarca Denicolai -. Credo che ormai questo sia chiaro. Semmai, le resistenze al download sembrano ora essere per un altro motivo: la paura di dover stare in quarantena in caso di notifica. È per questo che occorre la stretta collaborazione delle aziende sanitarie per un sistema efficiente e rapido di tamponi, per ridurre al minimo le attese e anche il possibile deterrente a scaricare la app. Mi sembra però che in Lombardia oggi si viaggi a buon ritmo».

Ma qual è la soglia di download per rendere Immuni davvero efficace? Anche qui, occorre una precisazione: «Si cita spesso uno studio di Oxford che indica la soglia del 60%. In realtà, quel 60% sarebbe da raggiungere per avere l’elevata probabilità di bloccare completamente il virus in assenza di altre misure di sicurezza. Queste misure di sicurezza sono però in campo e le conosciamo tutti – conclude Denicolai -. La soglia minima, in sostanza, è lo 0,1%: quando comincio ad avere qualche notifica, fossero anche poche, ho comunque bloccato dei possibili focolai. Realisticamente, per vedere un effetto importante servirebbe coprire il 15-20% della popolazione: ci siamo molto vicini».

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