Fragilità e precarietà a causa del Covid
«In guardia contro il rischio depressione»

Il neurologo Rosario Sorrentino: «Siamo fragili, ma impariamo a leggere la parte positiva della paura».

«Ce la faremo, questa è una prova che ci farà crescere. Ci siamo scoperti improvvisamente vulnerabili, ora però siamo chiamati a trasformare la debolezza in forza. Con pazienza e responsabilità». Il monito è di Rosario Sorrentino, neurologo, divulgatore scientifico e scrittore.

In una fase tornata alquanto delicata, numeri alla mano, il 61enne romano mette in guardia senza lesinare richiami a politica e mass media. «Il virus è vivo e vegeto – spiega –, tuttavia stiamo affrontando il periodo con risorse mentali che non sono illimitate, messe già a dura prova da quanto accaduto a marzo. In alcune persone tutto ciò ha incrementato forme di disagio come ansia, attacchi di panico, depressione, disturbo post traumatico da stress. La fragilità è emersa perché abbiamo capito come un piccolo granello di sabbia abbia fatto inceppare il motore delle nostre certezze. I piani di vita vanno riconfigurati».

Massima attenzione e accento che obbligatoriamente va posto sulla distinzione tra paura e attacchi di panico, ossia due pericoli a cui si rischia fortemente d’essere esposti: «La paura – osserva Sorrentino - è una risposta emotiva che segue ad un pericolo reale mentre l’attacco di panico è un sistema d’allarme che si attiva in pieno benessere senza un motivo apparente. La paura peraltro è una risorsa che, ahinoi, utilizziamo nella parte negativa, se invece riuscissimo a leggerne la parte benevola capiremmo che ci conferisce un profondo senso di lucidità per contrastare e poi vincere un’esperienza così complessa mai combattuta prima. Sebbene il nostro delirio d’onnipotenza ci abbia sempre illuso del contrario».

Una distinzione non di poco conto, quella rimarcata da Sorrentino: «È una sfaccettatura, questa, che ha inciso non poco: la scienza non è ancora riuscita a trovare gli anticorpi affinché la paura possa essere dominata. Se però ci alleniamo ad essa, ci trasmetterà condizioni mentali e comportamentali adeguate trasformandola al contempo in opportunità. E tale concetto andrebbe trasmesso a chi ci governa perché bisogna cominciare a formare le persone ad un’idea e ad una percezione diversa della realtà: in caso contrario potrebbe innescare una miscela difficile da contenere soprattutto se addizionata alla rabbia che si scatena quando le incognite sono così numerose».

Ragion per cui i mass media andrebbero esortati a gettare sul fuoco acqua invece che benzina: «Il cervello – spiega Sorrentino - è una spugna. Siamo sottoposti ad un’overdose d’informazione che alimenta la confusione. Serve una comunicazione semplice e chiara, in grado di far capire cosa si deve e non si deve fare specie perché, nel momento della paura, la soglia d’attenzione e di concentrazione si affievolisce. Scienza, politica e comunicazione dovrebbero essere coordinate da un’unica cabina di regia per capire cosa e come trasferire agli altri. Il dibattito anziché sui social, in tv o alla radio andrebbe prima fatto in camera caritatis e solo quando si trova la quadra si può passare alla divulgazione».

Per concludere, un appello al senso di responsabilità e all’utilizzo dei dispositivi di protezione: «Deve essere il momento dell’unione, con comportamenti a tutela della comunità e strategie mirate. Altrimenti se questi due punti vengono meno neppure il vaccino basterà per vincere la battaglia. Dobbiamo abituarci ad una quotidianità differente, indossando la mascherina la cui ritrosia mi ricorda quando nel passato erano stati introdotti obblighi come casco, cinture di sicurezza o divieto di fumo nei locali pubblici. Rimedi che hanno salvato tante vite e che devono farci capire ulteriormente quanto è necessario essere ligi. Per noi e per gli altri».

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