Fuga dall’Ucraina, Dariia nasce a Bergamo. «Dopo tanto dolore, piangiamo di gioia»

Al «Papa Giovanni» La mamma Zoriana, 34 anni, parrucchiera, è scappata con un’amica dalla zona di Leopoli a Bergamo dove vive la suocera Iaroslava. L’incontro in ospedale con il vescovo Beschi.

Sono lacrime anche queste, come quelle che da oltre un mese solcano il viso. «Ma adesso, dopo tanto dolore, piangiamo di gioia». Iaroslava lo dice con voce tenue, sorridendo di una felicità che si legge negli occhi, oltre la mascherina. È appena diventata nonna, e con riservata dolcezza racconta – letteralmente – di una nuova vita. Quel miracolo che quotidianamente si compie in ogni ospedale, qui al «Papa Giovanni» consegna anche un sorriso che spegne – almeno per un attimo – la tragedia della guerra. Venerdì alle 9,46 ha visto la luce Dariia, splendida bimba di quattro chili: poco più di un mese fa era ancora nel pancione della sua mamma Zoriana, 34enne parrucchiera che dall’Ucraina è partita in cerca di riparo. Lo ha trovato appunto a Bergamo, dove vive la suocera Iaroslava: in Ucraina Zoriana ha lasciato il marito Marco, figlio di Iaroslava, 42enne informatico che attende l’eventuale chiamata alle armi.

La bimba è nata venerdì all’ospedale «Papa Giovanni XXIII» e pesa quattro chili

Zoriana e Marco vivevano a Kalus, 120 chilometri da Leopoli. Febbraio consegna i bagliori della guerra, il 28 di quel mese Zoriana inizia il viaggio verso Bergamo insieme all’amica Irina, che ha con sé il figlio Marco; prima in auto da Kalus a Leopoli, poi in treno fino a Cracovia, infine in aereo per Bergamo. Qui trovano un abbraccio accogliente, il primo soggiorno è al monastero di Matris Domini in città. Zoriana conosce Elisabetta, una delle «mamme» dell’Associazione genitori Lussana: la catena della solidarietà, che passa dapprima attraverso Caritas e parrocchie, porta Zoriana, Dariia ancora in grembo, l’amica Irina e il figlio Marco in un appartamento messo a disposizione in città da una coppia di bergamaschi. Il termine della gravidanza intanto si avvicina: «Ho conosciuto Zoriana all’ottavo mese – spiega Elisabetta -, e in contatto con don Roberto Trussardi, direttore della Caritas, ho contattato un’amica ginecologa, e dopo le prime visite si è optato per un cesareo». Venerdì mattina la nascita. Nuova vita.

«Non facciamo altro che piangere, ma finalmente sono lacrime di gioia. Prima, invece, erano solo lacrime di dolore per la guerra»

«Siamo tutti emozionatissimi», ripete la neononna Iaroslava facendosi interprete delle parole della nuora Zoriana e del neopapà Marco: «Vogliamo ringraziare tutti quelli che ci stanno aiutando. Vogliamo ringraziare tutta Bergamo, le mie datrici di lavoro sempre disponibili ad aiutarci, l’ospedale che ci è molto vicino. Non facciamo altro che piangere, ma finalmente sono lacrime di gioia – continua Iaroslava -. Prima, invece, erano solo lacrime di dolore per la guerra. La speranza è che tutto possa finire al più presto, e che Zoriana e Dariia possano tornare quanto prima in Ucraina per riabbracciare Marco». Ora sono le videochiamate ad attenuare la distanza, a consegnare il suono dolce dei primi pianti, a consentire i primi abbracci virtuali. Poco prima del travaglio, il papà ha scritto un tenero messaggio: sono molto triste, ha detto alla moglie, perché non potrò entrare in sala parto con voi.

«La nascita di questa piccola, che va ad aggiungersi al bimbo nato sempre questa settimana da un’altra giovane profuga, è un messaggio di forte speranza di fronte alla tragedia della guerra»

È una gioia di comunità, questa culla che si riempie. Ieri anche il vescovo Francesco Beschi – in ospedale per la Messa in vista della Pasqua – ha voluto testimoniarlo concretamente, facendo visita alla neonata e alla mamma. Al «Papa Giovanni» già nei giorni scorsi era nato un primo bimbo da una giovane profuga: «A nome di tutto l’ospedale vorrei fare gli auguri alla neo mamma per il lieto evento – sono le parole di Maria Beatrice Stasi, direttore generale del’Asst Papa Giovanni -. Ma soprattutto la nascita di questa piccola, che va ad aggiungersi al bimbo nato sempre questa settimana da un’altra giovane profuga, è un messaggio di forte speranza di fronte alla tragedia della guerra. Mamme che non sono lasciate sole. Il personale dell’ospedale si sta dedicando con grande umanità a queste e tutti i pazienti ucraini trovando soluzioni non solo sanitarie ma di forte solidarietà. Per esempio, per superare la barriera della lingua, utilizzano le video chiamate a 3 e 4 persone con parenti e famiglie che li stanno ospitando che parlano italiano. Piccoli gesti che dimostrano ancora una volta il grande cuore dell’ospedale».

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