Il dramma afghano; cinque-sei famiglie in arrivo a Bergamo

Una ventina i profughi saranno ospitati sul territorio grazie alle realtà impegnate nella accoglienza, Caritas compresa.

Saranno 5-6 le famiglie afgane che arriveranno a Bergamo nei prossimi giorni, comunque entro l’inizio di settembre. «Si parla di una ventina di persone, tra adulti e minori che verranno accolti in alcuni appartamenti, probabilmente un paio in città – precisa don Roberto Trussardi, direttore di Caritas diocesana, che sarà coinvolta con altre realtà nell’accoglienza –. Caritas è disponibile ad accogliere chi sta lasciando un Paese in guerra e che sta attraversando una situazione gravissima. Pensiamo a un’accoglienza attenta a creare condizioni di integrazione nel territorio».

Dopo le drammatiche immagini giunte da Kabul con la presa del potere da parte dei talebani, lunedì scorso il sindaco Giorgio Gori aveva dichiarato la disponibilità a ospitare i rifugiati e le realtà che da tempo si occupano di richiedenti asilo si stanno preparando all’arrivo di famiglie, sotto il coordinamento della Prefettura. «L’accoglienza avviene appunto nell’ambito del bando prefettizio ancora in corso e in scadenza a novembre – aggiunge don Trussardi –. Siamo come sempre disponibili, stabilendo con chiarezza modalità, criteri e tempi, secondo un principio di responsabilità condivisa. Siamo favorevoli a un’accoglienza attenta, che accompagni e renda possibile un percorso di integrazione . Certamente la nostra risposta non potrà essere come quella degli ultimi flussi migratori, con 2 mila richiedenti asilo ospitati nelle strutture». Per ora i numeri sono contenuti con poche centinaia di nuclei che stanno lasciando in questi giorni l’Afghanistan, cittadini che hanno negli anni scorsi collaborato con il contingente italiano.

«Mi preoccupa invece – dice don Roberto – quello che potrebbe accadere nei prossimi mesi invernali con arrivi consistenti. Come direttore di Caritas credo si dovrebbe aprire una riflessione a livello di governo, Unione europea, comunità internazionale, rispetto a una crisi in cui ancora una volta a pagare il prezzo più alto sono i più deboli, donne e bambini».

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