Il Papa Giovanni «ospedale dei bambini», nuovo dipartimento

Il Piano strategico. Una struttura ad hoc per i Percorsi pediatrici integrati. Stasi: «Si investe sul territorio, subito le assunzioni per potenziare i servizi»

Il documento è denso, e non solo metaforicamente. In 350 pagine c’è il nuovo Poas, il «Piano di organizzazione aziendale strategico» per il 2022-2024, la bussola con cui l’ospedale Papa Giovanni si orienta al futuro. Perché se il passaggio è da un lato una prassi burocratica, cioè un aggiornamento periodico di uno strumento già vigente e da rivedere alla luce della nuova riforma sanitaria regionale, dall’altro lato è anche un momento per guardare a quella che sarà la missione dell’Asst nei prossimi anni. Una missione ambiziosa: continuare a essere ospedale all’avanguardia, in particolare concretizzando sempre più l’idea di «ospedale del bambino dentro l’ospedale di tutti», e rafforzare contemporaneamente la vocazione per il territorio.

La Regione, cui spetta l’ultima parola sul Poas, l’ha approvato in via definitiva il 12 settembre. «L’esigenza del Poas – spiega Maria Beatrice Stasi, direttrice generale dell’Asst “Papa Giovanni” –, è quella di investire molto sulla parte territoriale, anche alla luce delle nuove competenze attribuite, ma abbiamo interpretato questi investimenti anche come l’esigenza di salvaguardare la struttura del grande ospedale, aggiungendo in particolare delle strutture per la parte pediatrica. È un lavoro di organizzazione e di investimento importante, anche per far sì che qualora la Regione decidesse di dare vita alle Aziende ospedaliere (una possibilità d’eccellenza prevista dalla riforma, ndr) noi possiamo farci trovare pronti».

L’«ospedale del bambino»

Tra le novità più rilevanti sul versante ospedaliero, il nuovo Poas introduce il nuovo Dipartimento funzionale dei Percorsi pediatrici integrati: lo scopo, come si legge nel documento, è «mantenere dei percorsi trasversali all’interno dell’Asst “Papa Giovanni”, che assicurino una continuità di cura del bambino, anche quando si trovi ricoverato/assistito in Unità o Dipartimenti non appartenenti all’area Materno Infantile». Al Dipartimento fanno capo strutture complesse già esistenti, come la Pediatria, la Chirurgia pediatrica, la Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza e la Patologia neonatale e altre ancora, a cui se ne aggiungono due nuove: l’Anestesia e Rianimazione pediatrica e la struttura delle Cardiopatie congenite del bambino.

La ricerca

Il Poas, poi, «consolida anche la struttura che ha la finalità di occuparsi della ricerca clinica», aggiunge Stasi: «Siamo un ospedale votato anche a questo, e alla formazione universitaria». Lo testimoniano alcuni numeri: nel 2021 il «Papa Giovanni» ha contribuito a 184 studi clinici, 123 studi clinici no profit, 548 pubblicazioni scientifiche e 71 progetti di ricerca.

La valle

Anche a San Giovanni Bianco si aggiungono dei tasselli: «Abbiamo individuato una nuova struttura semplice in campo alla Medicina, cioè la struttura dei Subacuti, a cui verrà collegato l’Ospedale di comunità – spiega Stasi –. Abbiamo poi mantenuto tutte le altre strutture già esistenti, che anzi sono state potenziate: cito, per esempio, l’aumento delle prestazioni oncologiche per avvicinarci nella cura ai pazienti che vivono in valle».

«Il tema dei medici di medicina generale e del loro coinvolgimento non si risolve da solo: governo, Regione e Ats sono chiamati a fare gli accordi. Noi opereremo nella “cornice” che ci sarà»

Il territorio

La riforma regionale «spacchetta» i Dipartimenti di Cure primarie – la struttura cui in sostanza fa capo la governance dei medici di base – trasferendoli, a partire dal 1° gennaio 2023, dalle Ats alle Asst. «È un altro tema importante su cui stiamo lavorando, e su cui bisognerà capire su quante risorse trasferite da Ats potremo contare», prosegue Stasi. In questo contesto si inseriscono anche i «nuovi» Distretti, cui afferiscono gli Ospedali di comunità, le Case di comunità e le Centrali operative territoriali, ed è stato già bandito il concorso per nominarne i direttori (il territorio del «Papa Giovanni» è suddiviso nel Distretto di Bergamo circondario e nel Distretto delle valli). «Il tema dei medici di medicina generale e del loro coinvolgimento non si risolve da solo – riconosce la dg –: governo, Regione e Ats sono chiamati a fare gli accordi. Noi opereremo nella “cornice” che ci sarà». La riforma rafforza anche il rapporto con le amministrazioni locali, per cui sono in programma nei prossimi giorni le elezioni degli organismi di rappresentanza dei sindaci che faranno capo alla Asst e non più ad Ats.

Le risorse

Sullo sfondo c’è un tema ineludibile, quello del personale per dare concretezza al disegno strategico: «Stiamo inoltrando alla Regione la richiesta di copertura delle strutture autorizzate col Poas – precisa Stasi –, copertura sia per i responsabili delle strutture sia per le assunzioni con cui potenziare i servizi. Nelle Case di comunità già aperte sono al lavoro i nostri infermieri di famiglia, ad esempio, ma abbiamo chiesto alla Regione anche un anticipo delle assunzioni per potenziare ulteriormente i servizi». Complessivamente, esce un «disegno» del «Papa Giovanni» composto di 191 strutture, in crescita rispetto alle 185 del Poas vigente: «Abbiamo “sacrificato” alcune strutture dei servizi amministrativi, razionalizzandole, per dedicare più risorse alla parte territoriale».

Le Case di comunità

Nel Poas c’è anche il disegno della nuova sanità territoriale. Al momento sono già attive le Case di comunità di Borgo Palazzo e Sant’Omobono, entro fine anno toccherà a quella di Villa d’Almè e all’Ospedale di comunità di San Giovanni Bianco, che andrà a integrarsi con l’ospedale già esistente: «L’Ospedale di comunità – specifica la dg – aggiunge dei posti e dei servizi a quelli già presenti: si tratta di 10 posti iniziali, che a regime diventeranno 20».

«Siamo soddisfatti del Poas perché siamo riusciti a preservare l’integrità dell’ospedale, a conservarne la sua natura e a valorizzare la parte pediatrica aggiungendo delle strutture, e al tempo stesso rafforzando la parte territoriale: con le Case di comunità diamo vita a una rete di servizi che prima non esistevano»

Nel 2023 si attiverà la Cdc di Zogno, nel 2024 toccherà al «Matteo Rota» e – sempre in città – alla Cdc in via Ghirardelli. «Entro quest’anno dunque avremo già aperto 4 strutture su 7, al di sopra dell’obiettivo fissato dalla Regione», aggiunge la dg. «Siamo soddisfatti del Poas», è la sintesi finale di Stasi, perché «siamo riusciti a preservare l’integrità dell’ospedale, a conservarne la sua natura e a valorizzare la parte pediatrica aggiungendo delle strutture, e al tempo stesso rafforzando la parte territoriale: con le Case di comunità diamo vita a una rete di servizi che prima non esistevano. Penso allo psicologo di comunità, al coinvolgimento degli assistenti sociali dei Comuni, alle postazioni di telemedicina, agli infermieri di famiglia, all’integrazione con i professionisti dell’ospedale».

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