«Io, puericultrice al brefotrofio. Un ricordo che va tenuto vivo»

Sfogliando una delle ultime edizioni de L’Eco di Bergamo ha scoperto che oggi verrà posata una targa in Largo Barozzi (a Santa Lucia) per tenere viva la memoria storica del brefotrofio di Bergamo, la struttura dove 5.770 piccoli orfani hanno trovato casa tra il 1928 e il 1975.

«Mi sono emozionata a leggere l’articolo e ho deciso di chiamare la redazione per una testimonianza». Maria Carmen Vitali ha 67 anni, vive a Borgo Santa Caterina e da ragazza è stata puericultrice al brefotrofio. «Probabilmente sono l’ultima rimasta in vita, anche perché quando ci lavoravo ero la più giovane: ho cominciato nemmeno 19enne, nel gennaio 1974, selezionata dalla Provincia tra una ventina di aspiranti. È stata un’esperienza arricchente, una palestra di vita e di lavoro. Mi dedicavo anima e corpo ai bambini. Era una piccola città super organizzata, dove tutto funzionava a meraviglia. E avrei continuato se non avessero chiuso il brefotrofio nel ’75».

Dalla sua scatola dei ricordi Vitali estrae una miniera di aneddoti. «All’inizio sono stata presa per un mese di prova, senza essere pagata. Facevo 4 notti di fila, dalle 21 alle 7. Ricordo i nomi di quasi tutti quei bambini. Tanti di loro li ho tenuti a battesimo. D’estate li portavo a fare le passeggiate intorno alla piscine: camminavamo e cantavamo felici. Una volta ho chiesto il permesso per accompagnare il piccolo Marcellino in Città Alta per una visita e una merenda. Sono stata anche responsabile dell’asilo nido per i figli dei dipendenti, al primo piano della palazzina. E nel ’75, alla vigilia della chiusura, ho prestato servizio in via Albricci, dove si era distaccato temporaneamente il brefotrofio».

«È importante ricordare il ruolo di questa struttura, le migliaia di piccoli accolti e noi che ci abbiamo lavorato»

Terminata l’esperienza, Vitali ha lavorato oltre 40 anni alla neuropsichiatria infantile di Bergamo (ora in Borgo Palazzo). E una volta in pensione ha scritto un libro dedicato alla dipendenza affettiva delle donne. «Non ho più sentito parlare del brefotrofio, come se tutti si fossero dimenticati di quella pagina di storia. Quando racconto che da giovane ci ho lavorato in molti cadono dalle nuvole, ignari dell’esistenza di un brefotrofio in città. Sono contenta della posa della targa e parteciperò alla cerimonia. È importante ricordare il ruolo di questa struttura, le migliaia di piccoli accolti e noi che ci abbiamo lavorato».

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