La montagna vista con gli occhi di uno scrittore: Cognetti e le sue «terre alte»

L’inchiesta. Questa volta per parlare di montagna ci siamo affidati a uno scrittore, Paolo Cognetti, autore del celebrato «Le otto montagne», e a un giornalista, Paolo Confalonieri, direttore della rivista Orobie.

Con «Le otto montagne», una storia di vita, famiglia e amicizia, Paolo Cognetti ha vinto nel 2017 il «Premio Strega» e venduto oltre un milione di copie nel mondo. La storia di Cognetti dice molto del rapporto tra l’uomo e la montagna: milanese di nascita, classe 1978, dopo gli studi in Matematica prima e alla Civica scuola di cinema di Milano poi, si è dedicato alla realizzazione di documentari prima di affrontare la scrittura. Da quando ha lasciato, per scelta, il capoluogo lombardo vive a Estoul, una frazione del comune valdostano di Brusson, dove ha realizzato e gestisce un rifugio culturale.

Anche Cognetti, come già Ferdy Quarteroni settimana scorsa, sposta l’attenzione sul modello di turismo che si sta affermando nelle terre alte: «Il modello che noi italiani abbiamo ancora in testa è in effetti quello del parco divertimenti, quindi pensiamo che la montagna non sia attraente senza pista da sci, da slittino, da downhill, quella di pattinaggio, spazi al coperto, eccetera… Un centro sportivo, diciamo così, dove le persone vengono e fanno mille attività. Invece gli stranieri che arrivano sulle nostre Alpi, e sono sempre di più, cercano la montagna vera: posti dove camminare, vedere un torrente, un lago, un ghiacciaio finché esiste ancora, mangiare e dormire in posti semplici e autentici. Sentirsi davvero in montagna, insomma».

Paolo Confalonieri, oltre a essere giornalista che si occupa di montagna, è uno che in montagna ci vive. Dalla sua Val Borlezza conosce bene le gioie e le soddisfazioni, ma anche le fatiche e le frustrazioni di vivere in quota.

«Con Orobie – racconta il direttore – incontriamo e facciamo conoscere tante eccellenze professionali che operano in zone fuori mano con successo, oltre che entusiasmo. Aziende non soltanto agricole. Con giovani che intraprendono carriere inaspettate, un bel segnale per il futuro. Le tecnologie aiutano, purché arrivino anche in queste periferie quando sono ancora attuali, se non ancora innovative. Magari, per una volta, ribaltando proprio il sistema che oggi fa girare un po’ tutti i motori: tot abitanti, tot investimenti, tot servizi…».

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