Quarta dose, l’infettivologo Rizzi: «C’è stanchezza, ma fragili e anziani devono proteggersi»

Covid. L’intervista al direttore del reparto di Malattie infettive dell’Asst «Papa Giovanni»: «Buon vaccino, non bisogna aspettare. A quasi un anno dalla terza dose, è ragionevole allargare ancora la platea».

I dati tracciano oggettivamente una sintesi: l’adesione alla quarta dose resta tiepida, anzi fredda. Numeri bassi, ma perché? «Un po’ perché in molti aspettavano l’autunno e il vaccino aggiornato, e vedremo le prossime settimane se daranno conto di un aumento delle prenotazioni – ragiona Marco Rizzi, direttore del reparto di Malattie infettive dell’Asst “Papa Giovanni” -. E un po’ perché le persone sono stanche: l’entusiasmo c’era per le prime due dosi, anche per la terza, ma adesso è diverso. Non si vedono più i disastri della pandemia, dunque cala l’attenzione e la propensione a vaccinarsi. Ma qualcuno ancora si ammala: continuiamo a ricoverare dei pazienti, certo pochi e certo in maniera molto diversa agli anni precedenti». Ma il consiglio, per i fragili e gli anziani, «resta quello di vaccinarsi». E farlo ora, senza aspettare ulteriori aggiornamenti del vaccino.

Dottore, il nuovo vaccino è arrivato: è «bivalente», cioè basato sia sul ceppo originario di Wuhan sia su BA.1, la prima versione di Omicron.

«Questa sicuramente è una prima tappa, perché sono già di prossima disponibilità vaccini configurati su varianti ancora più recenti, cioè BA.4 e BA.5. Questo si ripeterà periodicamente, nel corso dei mesi e degli anni: dobbiamo immaginarci che il modello sarà quello del vaccino antinfluenzale, periodicamente configurato sulle varianti virali di cui si prevede la circolazione o comunque già in circolazione».

Se tra un mese arrivano i vaccini aggiornati a BA.4 e BA.5, ha senso vaccinarsi comunque adesso?

«Dobbiamo mettere in conto che questa è una corsa che durerà nel tempo. Al momento questo vaccino (quello aggiornato a BA.1, ndr) è un buon vaccino, funziona bene anche sul virus che attualmente circola. Questa è l’opportunità che abbiamo, e va benissimo vaccinarsi ora, senza aspettare un altro mese. Anche perché per molti anziani sono passati 10-11 mesi dalla terza dose. Poi con il passare del tempo si vedrà: saranno importanti anche i dati epidemiologici delle prossime settimane. Di sicuro, tra le cose da fare, vale la pena organizzarsi per fare la co-somministrazione del vaccino anti-Covid e dell’antinfluenzale».

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Rispetto ai vaccini «originari», questi danno una copertura maggiore anche contro l’infezione, oltre che contro la malattia grave?

«Sicuramente sì. L’elemento più forte dei vaccini, valorizzato anche nelle diverse approvazioni dell’Ema (l’Agenzia europea del farmaco, ndr), è sempre che prevengono la malattia grave, ma c’è anche una maggior efficacia anche contro l’infezione. Comunque sia, dobbiamo dare per acquisito che le infezioni ci saranno ancora, anche per i vaccinati col nuovo vaccino, ma sicuramente con decorsi come si è visto recentemente: tante infezioni asintomatiche, pochi giorni di malessere generale o febbre. Il vaccino vecchio, comunque, funziona ancora benissimo contro la malattia grave. Adesso bisognerebbe ridisegnare anche le strategie per la sorveglianza e l’isolamento».

In quale direzione?

«È vero che si è ridotto il periodo di isolamento (da 7 a 5 giorni, ndr), ma continuare a fare tanti tamponi per mettere persone in isolamento sta diventando sempre più una complicazione organizzativa, sia nella società sia in ospedale, in un quadro epidemiologico come l’attuale».

Qual è la situazione che osserva in reparto e in ospedale?

«In ospedale in questa fase abbiamo tra le 20 e le 30 persone, ma in larga parte si tratta di persone ricoverate per altri motivi e con tampone positivo. Occasionalmente arrivano ancora pazienti con polmonite da Covid, ma sono casi sporadici e solitamente legati a gravi fattori di comorbilità, persone immunocompromesse, in terapia oncologica, con sistemi immunitari molto deficitari e con bassa risposta alla vaccinazione. I decessi? Solo una piccola frazione è dovuta al Covid, in larga parte si tratta di persone che hanno altre malattie e il tampone positivo, ma la positività non incide sul decesso».

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Che autunno-inverno dobbiamo aspettarci?

«Qualche tampone positivo in più nelle prossime settimane lo vedremo, tutti i virus respiratori circolano di più tra l’autunno e l’inverno. Ovviamente rimangono le indicazioni sui comportamenti individuali: se si è anziani, un po’ di diffidenza verso le situazioni di affollamento è ancora saggia. Se possibile si evitino gli assembramenti, o si usi la mascherina. Il buon senso rimanga».

Ha senso estendere la quarta dose per tutti gli adulti?

«È possibile che ci si debba arrivare, che convenga arrivarci. Adesso la platea è stata ulteriormente estesa ad alcune categorie, per esempio gli operatori sanitari e le donne in gravidanza, ed è abbastanza ampia, vediamo quante persone saranno raggiunte dalla quarta dose. A quasi un anno di distanza dalla terza dose, è ragionevole l’estensione: ed è ragionevole aprire a tutti gli adulti in questi mesi autunnali-invernali, piuttosto che a febbraio quando ci si avvia verso la primavera».

E se negli ultimi mesi ho fatto il Covid, ha senso vaccinarsi?

«Le indicazioni confermano l’intervallo minimo di 120 giorni. Chiaramente c’è meno urgenza, se si è sicuri di aver fatto l’infezione e si ha già il ciclo vaccinale di base. Ma alla lunga questa vaccinazione sarà periodica come l’antinfluenzale: non stiamo tanto a ragionare se ho già fatto l’influenza o meno, è un’abitudine».

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