L’inflazione alle stelle pesa sui risparmi, in Bergamasca «costa» 1.163 euro a testa

I depositi Con un aumento dei prezzi annuale che si attesta al 5,2%, giù potere d’acquisto rispetto a un anno fa. A rischio erosione 1,3 miliardi. Piarulli: situazione difficile, e si inizia ad attingere dai conti per le spese quotidiane.

C’è il conto «reale» dell’inflazione, quello che ciascuno sperimenta ogni giorno alla cassa del supermercato o alla pompa di benzina. Ma c’è anche un’altra sfaccettatura meno immediata e più virtuale, comunque ugualmente insidiosa: l’erosione del valore dei risparmi. Perché oggi, in sostanza, con un’inflazione tendenziale che ad aprile in Bergamasca si attestava al 5,2% (ultimo dato disponibile), i soldi sul conto corrente si traducono in un potere d’acquisto decisamente inferiore a quello di un anno fa. Il calcolo è teorico e necessita di alcune precisazioni, ma il punto di partenza è nelle cifre della Banca d’Italia. I depositi bancari in Bergamasca ammontavano, al 31 marzo 2022 (ultimo dato disponibile), complessivamente a 37,7 miliardi di euro; di questo stock, 24,6 miliardi sono riferiti alle «famiglie consumatrici», cioè la definizione più vicina al risparmio privato.

A fronte di circa 1,1 milioni di residenti in Bergamasca, i depositi bancari delle famiglie si traducono così in una media di circa 22.365 euro a testa (una cifra altissima, così come altissima è la media nazionale, perché l’Italia è tradizionalmente un Paese di grandi risparmiatori). Appunto con un’inflazione annuale al 5,2% in Bergamasca, vuol dire – virtualmente – un’erosione del potere d’acquisto dei propri depositi bancari pari a 1.163 euro a testa (e, in totale, pari a quasi 1,3 miliardi di euro). Una proiezione, appunto, che viene attutita da alcune considerazioni: in primis il fatto che il galoppo dell’inflazione potrebbe ridursi nei prossimi mesi, con un recupero virtuale di potere d’acquisto.

«Situazione di difficoltà»

«Anche quello dell’erosione dei risparmi è un tema concreto legato all’inflazione», premette Carlo Piarulli, presidente di Adiconsum Lombardia e responsabile nazionale dell’associazione per Credito e Risparmio. «La tendenza degli italiani e dei bergamaschi è quella di avere un’importante liquidità sui conti. Questa situazione di forte inflazione cambia lo scenario – osserva Piarulli –: l’inflazione è la “tassa” più iniqua per pensionati e lavoratori dipendenti, cioè per le persone con entrate sostanzialmente fisse. Ed è ben difficile, tra l’altro, trovare dei prodotti finanziari che garantiscano un tasso paragonabile a quello di un’inflazione che a livello nazionale è attorno al 7% su base annua. Anche per questo è importante più che mai una corretta educazione finanziaria».

Quindi «affidarsi a professionisti, avendo però ben chiara la propria situazione e il contesto del mercato, evitando invece il fai-da-te», rimarca Piarulli. Si torna al punto di partenza: chi ha molti risparmi sul conto corrente, al netto di impiegarli per rincorrere l’inflazione, come può evitare che i soldi depositati vengano virtualmente «svalutati»? «Sul conto corrente – riflette Piarulli – andrebbe tenuto il giusto per far fronte alle spese ordinarie, con una piccola ulteriore riserva per gli imprevisti. È inutile avere troppi soldi depositati: è più sensato investire. Ed è opportuno farlo diversificando sia i prodotti, tra azionario e obbligazionario, sia le scadenze temporali, facendosi aiutare dai professionisti».

L’erosione «concreta»

Un’erosione più concreta dei risparmi – cioè l’effettiva contrazione della liquidità a disposizione – inizia comunque a osservarsi. In maniera complementare, nota Piarulli, «anche lo stock complessivo dei risparmi in Italia si sta riducendo: significa che siamo in una situazione di difficoltà, le persone cominciano ad attingere dal conto per le spese quotidiane». La sensazione pare essere confermata anche in chiave locale da alcuni primi dati della Banca d’Italia. Se il volume totale dei depositi resta comunque in crescita (a fine febbraio in Bergamasca ammontava a 37,2 miliardi, a fine marzo si è saliti a 37,7 miliardi), lo stock di depositi delle «famiglie consumatrici» si è lievemente assottigliato: a marzo – il primo mese influenzato dalla guerra e con l’accelerazione più brusca dei prezzi – è sceso di circa 15 milioni. Una riduzione apparentemente di poco conto, sì, ma che arriva al termine di un periodo in cui i risparmi delle famiglie crescevano ancora: a gennaio erano aumentati di 106 milioni, a febbraio di 179. Ora, il primo segnale d’inversione.

© RIPRODUZIONE RISERVATA