Lo studio dell’ospedale Papa Giovanni: «Cellule Carcik efficaci contro la leucemia»

LA RICERCA. Successo per i test clinici con cellule modificate da donatore. Dopo il trattamento una remissione completa di malattia è stata documentata in 18 pazienti su 27 (66,7%). Fondazione Tettamanti: «Più semplice e meno costoso delle Car-T».

Uno studio clinico di fase 1 condotto dalla Fondazione Tettamanti di Monza e dall’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo su 27 pazienti (23 adulti e 4 bambini) con leucemia linfoblastica acuta tipo B ha dimostrato che la somministrazione di cellule Carcik-cd19, linfociti T geneticamente modificati per aggredire le cellule malate, è ben tollerata dai pazienti, grazie a un livello di tossicità molto contenuto, e si rivela efficace nel portare a una remissione completa di malattia in oltre il 60% dei casi. I risultati sono stati presentati nella giornata di lunedì 23 ottobre a Milano al convegno «Bioskills, terapie avanzate: ricerca, innovazione e risultati clinici», organizzato dalla Fondazione Tettamanti.

Questo studio segna un ulteriore passo in avanti nello sviluppo delle cellule Carcik che rappresentano un’evoluzione della terapia Car-T. Infatti, a differenza di quanto accade nella terapia Car-T standard (dove la fonte dei Car-T deriva da una leucaferesi del paziente stesso), le cellule Carcik sono ricavate dal sangue di un donatore sano attraverso un processo più semplice, meno costoso e meno invasivo che non richiede, peraltro, l’utilizzo di vettori virali (i virus inattivati, utilizzati nelle Car-T per modificare il Dna dei linfociti e renderli cellule-farmaco contro il tumore).

Dopo il trattamento una remissione completa di malattia è stata documentata in 18 pazienti su 27 (66,7%). Percentuali ancora più alte di remissione di malattia sono state osservate nei pazienti cui sono state somministrate le dosi di cellule più elevate. Le cellule infuse si sono espanse rapidamente in vivo e sono rimaste misurabili nel sangue periferico per molti mesi indicando che le cellule Carcik possono esercitare un controllo della malattia prolungato nel tempo. Lo studio è stato condotto, nel ruolo di «principal investigators» da Andrea Biondi, direttore scientifico della Fondazione Tettamanti e dell’Ircss San Gerardo dei Tintori di Monza e da Alessandro Rambaldi, professore di ematologia all’Università Statale di Milano e direttore del Dipartimento di oncologia ed ematologia dell’Asst Papa Giovanni XXIII di Bergamo.

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