Maria Beatrice Stasi: «Vado in pensione a fine anno, con l’ospedale nel cuore»

L’INTERVISTA. Il direttore generale: il «Papa Giovanni» è patrimonio di tutti. «In arrivo un secondo robot e sala per le emergenze».

«È una scelta che ho ponderato a lungo. Ho deciso di chiudere la mia lunga esperienza lavorativa, con gli ultimi 11 anni nel ruolo di direttore generale prima dell’Azienda ospedaliera Valtellina e Valchiavenna e poi all’Ats della Montagna, da dove sono poi approdata a Bergamo: con consapevolezza e spirito di servizio abbandonerò le vesti di direttore generale alla chiusura naturale del mio mandato all’Asst Papa Giovanni XXIII. Un mandato iniziato nel 2019, che è stato per me la “madre di tutte le esperienze”. Ma l’ospedale di Bergamo resterà per sempre nel mio cuore, voglio un gran bene a questa Asst, sarà per me e la mia famiglia il punto di riferimento, così come lo è per tutti i bergamaschi». Ha la voce addolcita dalla commozione Maria Beatrice Stasi, 61 anni il prossimo 3 febbraio, annunciando il suo pensionamento accompagnato dall’evento «Il valore della cura» all’Auditorium Parenzan, in cui è stato illustrato il «bilancio di mandato»: è pubblico e consultabile on line sul sito aziendale, con tutte le attività dal 2019 al 2023.

«Molto è stato realizzato in questi anni»

«Credo che sia un atto doveroso per un’amministrazione pubblica nei confronti dei nostri azionisti, che sono i cittadini – rimarca Stasi –. Ho fatto lo stesso alla fine dei miei mandati nell’Ats della Montagna e nell’Azienda ospedaliera Valtellina e Valchiavenna. Nel caso di Bergamo è anche l’occasione per un passaggio di consegne. Entro dicembre, infatti, verranno nominati i nuovi direttori generali delle aziende sanitarie lombarde: il mio augurio è che i bergamaschi chiedano e ottengano una direzione con indiscutibili competenze tecniche e che sappia valorizzare, con rispetto, l’Azienda e quanto è stato fatto in questi anni, puntando a ulteriori miglioramenti. Molto è realizzato in questi anni: mi piace pensare che non ci si ricorderà di me solo come il direttore generale dell’“epoca Covid” ma anche per quanto messo in campo nonostante la pandemia. Tutti insieme abbiamo fronteggiato uno tsunami, ma abbiamo fatto anche molto altro». E mentre assicura che per il suo prossimo futuro ha diversi progetti e idee - «Attività di volontariato, mi piace l’impegno nella formazione, ma ho anche due nipotini che vorrei vedere di più, visto che mio figlio e la sua famiglia vivono in California, e ho anche tantissimi appunti presi al tempo del Covid, chissà che non mi decida a scrivere il libro a cui sto pensando da tempo» - Maria Beatrice Stasi non nasconde il suo orgoglio per alcuni i traguardi raggiunti.

L’ospedale dei bambini

«Penso al nostro Poas, Piano di organizzazione aziendale strategico, che ha attuato quello che amo chiamare “ospedale dei bambini” all’interno dell’ospedale: abbiamo una struttura complessa di Cardiochirurgia pediatrica, e una di Terapia intensiva pediatrica, e questo deve essere orgoglio di tutti, Bergamo è famosa nel mondo proprio per la Cardiologia e la Cardiochirurgia pediatrica. E poi penso all’ottava torre dell’ospedale, dove concentrare l’attività diurna e ambulatoriale dell’Oncoematologia: un progetto approvato dalla Regione, ha un valore di 56 milioni di euro e potrà risolvere i problemi di spazio ormai pressanti: è inserita tra le opere finanziabili, ma a oggi i fondi non sono stati stanziati – elenca Stasi – . Penso all’arrivo del secondo nuovo robot, per potenziare l’attività mininvasiva in chirurgia, dall’Urologia alla Ginecologia, ma anche altre specialità ne avranno vantaggio: abbiamo lottato per avere il primo robot, entro la fine di quest’anno gli interventi annui previsti saranno oltre 400, il massimo possibile con la sola piattaforma robotica, così ne abbiamo chiesto un secondo e ottenuto dalla Regione l’assegnazione. Continuo: siamo in linea con i progetti previsti con il Pnrr. Abbiamo avviato i lavori al “Matteo Rota” per un polo ambulatoriale e territoriale in pieno centro città, altri investimenti di grande portata sono previsti in Borgo Palazzo, dove è stata attivata la Casa di Comunità: saranno presentati a breve, e sarà un grande “regalo” per la città. Mentre per l’altra Casa di Comunità prevista in via Ghirardelli siamo in attesa dell’accordo di programma di competenza del Comune».

Entro brevissimo, aggiunge, sarà operativa la sala operatoria aggiuntiva d’emergenza: «Un obiettivo cruciale– spiega – .Abbiamo 36 sale operatorie, ma quella d’emergenza in funzione 24 ore su 24 è solo una. E con i trapianti in aumento e la necessità di rispondere alle emergenze, essendo Trauma center, una sola non basta: non si può, quando ci sono trapianti e interventi d’urgenza in concomitanza, dover rinviare quelli programmati. Siamo riusciti ad ottenere le risorse necessarie: avere una sala d’emergenza in più, in funzione 24 ore su 24 significa avere chirurgo, infermieri, anestesista disponibili in più, quindi un organico più ampio. E con i vincoli di costi per il personale fermi al tetto di spesa del 2004 è davvero complicato: con l’emergenza Covid si era potuto avere personale aggiuntivo con assunzioni a tempo determinato, ora non è più così. Occorre un cambiamento anche culturale: i finanziamenti per la sanità non sono mai costi, ma investimenti i cui benefici hanno ricadute soprattutto per la collettività».

Tempi accorciati

A partire, per esempio, dai tempi d’attesa: il «Papa Giovanni», per esempio, è riuscito ad accorciare i tempi per l’area dei ricoveri chirurgici oncologici (nel IV trimestre ha raggiunto l’obiettivo fissato dalla Regione di operare almeno il 90% dei casi oncologici in classe A nei tempi previsti, cioè 30 giorni) ma il problema, rimarca Stasi, è articolato. «Più si aumentano le prestazioni più aumentano le richieste da parte degli utenti – sottolinea – .E occorre affrontare anche la questione pubblico-privato, perché è opportuno che ognuno eroghi ciò che serve e non quello che rende di più: se al pubblico si chiede di aumentare le visite ambulatoriali, che richiedono uno sforzo organizzativo notevole ma un rimborso basso, e al privato invece si aumentano le prestazioni di diagnostica per immagini che hanno una quota di rimborso più elevata, lo sbilanciamento è evidente. Serve poi una valutazione sull’appropriatezza, per le prestazioni ambulatoriali, così come lo si è fatto sui ricoveri. Un tavolo serio di lavoro dovrebbe muoversi su questi temi. La nostra Asst, si è molto impegnata, comunque». Un’Asst, quella del «Papa Giovanni», conclude Stasi, che «sa far bene l’ospedale ma altrettanto bene anche il territorio».

Azienda ospedaliera?

Ma il riconoscimento di Azienda ospedaliera regionale è una speranza che si concretizzerà? «Credo che il tema sia ben presente a livello regionale: c’è anche un riferimento nel piano sociosanitario in via di completamento. E noi come Collegio di direzione, è noto, abbiamo già fatto le nostre mosse. È evidente che andrà risolto, in caso di nomina ad Azienda ospedaliera , il nodo del territorio: diviso tra le due Asst esistenti? Si creerà una nuova Asst?? La mia riflessione è che se abbiamo imparato, con il Covid, che la parte territoriale è una frontiera per evitare l’intasamento degli ospedali, è altresì innegabile che i grandi ospedali, come quello di Bergamo, vanno valorizzati». Proprio come valorizzate, conclude Stasi, vanno le competenze al femminile: «Al “Papa Giovanni”, abbiamo una direzione strategica quasi tutta al femminile. E il 75% della forza lavoro degli ospedali è donna. Ma, ancora, le donne alle direzioni generali delle strutture sanitarie sono solo 5 su 40. Si può e si deve fare di più».

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