Mascherine e vaccini stoppano l’influenza

Dopo la fiammata iniziale contagi più contenuti. A metà febbraio il bilancio è di una diffusione virale del 75% inferiore alla media pre Covid. Pregliasco: «Copertura vaccinale importante nelle fasce a rischio»

Era iniziata con una fiammata anticipata e dai contorni preoccupanti. Poi via via però l’influenza è scemata, «soffocata» da vaccini e mascherine: quel picco di contagi che nel pre-Covid si raggiungeva solitamente tra fine gennaio e metà febbraio, con numeri imponenti, quest’anno non s’è verificato, e anzi l’ondata di malanni stagionali sembra già essersi ritirata.

La risacca dell’influenza è immortalata negli ultimi bollettini di «InfluNet», la sorveglianza delle sindromi simil-influenzali di Regione Lombardia (all’interno della rete nazionale coordinata dal ministero della salute). Guardando all’ultima settimana di monitoraggio, quella 7-13 febbraio, in Lombardia l’incidenza delle sindromi simil-influenzali si è attestata a 3,7 casi ogni mille assistiti (cioè ogni mille pazienti dei medici di base, che fanno da «sentinelle» per questa sorveglianza): un dato superiore a quanto si registrava negli stessi giorni di febbraio 2021 (1,92 casi ogni mille assistiti), ma decisamente più basso di quanti si osservava nel periodo pre-pandemico. Nella stessa settimana del febbraio 2020 l’incidenza era di 14,5 casi ogni mille assistiti, nel febbraio 2019 ci si attestava a 15,4 casi ogni mille assistiti. In altri termini, la circolazione virale è scesa del 75% rispetto ai valori medi dello stesso periodo in epoca pre-pandemica. Da inizio stagione, comunque, gli epidemiologi lombardi stimano 975mila casi d’influenza.

«Un inverno tranquillo»

«Dopo un inizio importante, per l’influenza è stato un inverno relativamente tranquillo», sintetizza il professor Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università degli Studi di Milano e direttore sanitario del «Galeazzi» di Milano. «Siamo comunque in quella che è indicata come “fascia gialla”, cioè con un’attività virale diffusa e superiore al valore basale, anche se decisamente al di sotto degli anni passati – approfondisce Pregliasco -. È stata una stagione che ha visto un mix di virus: all’inizio si sono osservati tanti casi di Rsv (il virus respiratorio sinciziale, ndr) nei bambini, una situazione che poi si è risolta, e successivamente abbiamo fatto i conti con manifestazioni cliniche che da indagine virologica si sono confermate invece come casi Covid». A contenere l’influenza «classica», è stata una ricetta di chiara intuizione: «C’è stato un importante aumento di copertura vaccinale antinfluenzale nelle persone più a rischio – puntualizza il virologo -. Un ulteriore impatto positivo è arrivato dalle misure di contenimento anti-Covid, seppur molto meno stringenti rispetto a un anno fa». La stagione influenzale 2020/2021 resta appunto imparagonabile, perché attraversata da periodi importanti di zone rosse e zone arancioni e da un più alto ricorso allo smartworking. Quanto all’antinfluenzale, al 31 dicembre in Bergamasca risultavano registrate – secondo i dati del sistema regionale – 195.323 somministrazioni, con una copertura del 59% nella fascia degli over 65.

Quest’ultima stagione relativamente tranquilla è forse l’anteprima di ciò che sarà il futuro dei virus respiratori: «Dobbiamo aspettarci qualcosa di simile anche nella prossima stagione – è l’ipotesi tratteggiata da Pregliasco -: il Covid farà capolino nuovamente, dopo un’estate serena. Dovremo considerare la prossima non come una stagione influenzale, ma come una stagione di infezioni respiratorie in cui il Covid sarà protagonista, superando l’influenza tradizionale, ma con effetti contenuti grazie alla vaccinazione. Il Covid è decisamente più diffusivo dell’influenza classica». Sul presente della pandemia da Sars-CoV-2, il virologo inquadra quella che è «una fase di transizione»: «La pandemia non è finita, il dato dei decessi indica che è come se ogni giorno in Italia cadesse un Boeing: ci vorrà ancora un mesetto prima che questi valori si riducano decisamente. Si può però procedere con buon senso nelle riaperture, sempre avendo presente però la spada di Damocle dell’insegnamento di questi due anni».

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