Medici di base, la gestione passa dall’Ats alle Asst: «Più forza al territorio»

LA RIFORMA. Percorso a tappe per consentire il dialogo tra i servizi sanitari. Ma preoccupa la carenza di personale. Il «nodo» delle Case di Comunità. Leggi l’approfondimento su L’Eco di Bergamo di domenica 1° ottobre.

Il passaggio di consegne scatta l’1 ottobre, e si completerà in modo progressivo entro il 2024. E per l’utente finale, cioè il cittadino a cui devono essere fornite risposte per i suoi bisogni di salute, questo passaggio non sarà troppo «visibile», almeno in questa fase iniziale transitoria, se non per il «cambio» di sigle: la responsabilità della gestione e il governo dei medici di assistenza primaria, pediatri di libera scelta e medici di continuità assistenziale (quella che si chiama più comunemente «guardia medica») passano dall’Ats, Agenzia per la tutela della salute, alle singole Asst del territorio ovvero le Aziende sociosanitarie territoriali a cui fanno capo anche gli ospedali.

Scelta e revoca

Se quindi, per esempio, per il cittadino bergamasco che da oggi intende scegliere o cambiare medico di medicina generale la procedura non subirà modifiche (dovrà rivolgersi comunque allo sportello di Scelta e revoca), questo passaggio di consegne comporta però, per le strutture interessate, una serie di step organizzativi piuttosto complessi, con l’obiettivo, insito nelle leggi di riforma sanitaria della Regione Lombardia, di rendere strettamente collegati il territorio e gli ospedali: le Asst già gestiscono gli specialisti in ambito ospedaliero e con questo trasferimento delle competenze anche i medici di medicina generale, i pediatri e le guardie mediche, che operano nel territorio di competenza delle singole Asst e che devono essere il primo punto di approccio per l’erogazione di servizi di salute, saranno strettamente legati. A questo quadro vanno aggiunte le Case di Comunità, di recente introduzione (e non tutte ancora realizzate e completate) che nel disegno di riforma sono «presidio» territoriale per diversi servizi sanitari e sociali; le Case (e gli Ospedali) di Comunità fanno capo alle Asst: qui, secondo gli obiettivi della riforma, dovranno operare anche i medici di medicina generale; una unica «regia» territoriale, con il trasferimento delle competenze sui medici di medicina generale alle Asst dovrebbe quindi permettere un maggiore dialogo tra i servizi, e tra i servizi e gli ospedali. Ma la «messa a terra» di questa rete, in realtà, deve fare i conti, per cominciare, anche con un handicap non indifferente, che in Bergamasca è peraltro più pesante che altrove, ovvero la carenza generale di medici.

Le varie tappe

Il trasferimento che scatta l’1 ottobre è solo la prima tappa di un percorso, come indicato dalla Direzione generale Welfare della Regione che ha diramato a tutte le Asst e Ats gli «indirizzi» per il trasferimento e la gestione della medicina generale e della pediatria di libera scelta: la formalizzazione contabile delle attività dei Dipartimenti di Cure primarie avverrà con il bilancio di previsione 2024, l’assegnazione del personale delle Ats alle Asst, con relativo trasferimento dei costi, avrà decorrenza dall’1 gennaio 2024; mentre entro il 30 giugno 2024 dovranno essere elaborati i protocolli per l’inserimento dei medici di medicina generale nelle Case di Comunità e le loro relazioni con la rete territoriale dei servizi. E, al momento, non è chiaro come e con quali modalità i medici di medicina generale entreranno nelle Case di Comunità: ci sono interlocuzioni, ma nessun accordo (i medici di medicina generale sono liberi professionisti) è stato siglato.

«Il passaggio alle Asst, così come disposto dalla Regione – rimarca Massimo Giupponi, direttore generale dell’Ats di Bergamo – è parte di un percorso finalizzato a facilitare il raccordo tra i medici di medicina generale e il territorio e dare più forza alla riforma regionale. L’Ats e le Asst stanno lavorando da mesi e in sinergia».

Un cambio di passo

«Il trasferimento delle cure primarie alle Asst – sottolinea Maria Beatrice Stasi, direttore generale dell’Asst Papa Giovanni XXIII – comporta un cambio di passo non indifferente, soprattutto in relazione alla natura di un ospedale di rilievo nazionale come il “Papa Giovanni”. Con ottobre iniziamo ad attivare le funzioni di coordinamento della medicina generale del territorio, che si perfezioneranno a partire dall’1 gennaio 2024, con il passaggio definitivo del personale e dei fondi di bilancio per le cure primarie, mettendo a frutto le strutture già esistenti sul territorio che abbiamo istituito in questi anni. Questo passaggio dall’Ats alla Asst è sfidante: sono note le difficoltà e lo scenario di carenza di medici del territorio in cui avviene. Per l’Asst Papa Giovanni rappresenta il proseguimento di un percorso che abbiamo già iniziato con i medici del territorio e le loro aggregazioni funzionali. Si tratta di una vera sfida».

«Questo passaggio garantirà, con modalità e tempi in fase di definizione, il coordinamento tra la medicina ospedaliera e quella territoriale in un percorso di dialogo in cui condividere non solo le problematiche, ma anche le proposte per ulteriori soluzioni concrete», specifica Francesco Locati, direttore generale dell’Asst Bergamo Est. E sull’organizzazione sta già lavorando l’Asst Bergamo Ovest, come illustra il direttore generale Peter Assembergs a proposito del nuovo Dipartimento di Cure primarie: «Sono già stati individuati 4 dipendenti e un dirigente, che sono in formazione all’Ats di Bergamo da mesi, per essere pronti dall’1 gennaio 2024 a cogliere la sfida».

Le reazioni

Guido Marinoni, presidente dell’Ordine dei medici di Bergamo a proposito del trasferimento delle competenze dall’Ats alle Asst evidenzia: «È coerente che il Dipartimento di Cure primarie passi alle Asst, perché la riforma lombarda dice questo: deve esserci un unico soggetto che gestisca la parte ospedaliera e la parte territoriale. Il problema credo siano le risorse umane. Se una struttura di coordinamento unica viene divisa su tre aziende, si moltiplicano per tre le attività che devono essere svolte. E siccome le risorse umane anche in questo settore di gestione sono poche e risicate, c’è qualche preoccupazione per capire come sarà integrato l’attuale personale, affinché si ottenga una gestione efficiente ed efficace, e soprattutto per non aggiungere un altro elemento di crisi alla sanità territoriale». Da parte di Ivan Carrara, segretario della Fimmg Bergamo, il principale sindacato dei medici di base si rimarcano pro e contro: «Al momento il passaggio appare un po’ un’incognita, dobbiamo conoscere i nostri nuovi interlocutori. In teoria, il passaggio alle Asst può avere un risvolto positivo perché l’Asst conosce meglio il territorio, è più vicina e si va in una direzione di prossimità: conoscendo più da vicino le potenzialità e limiti del territorio, in quest’ottica si possono sviluppare in maniera migliore delle reti tra i professionisti che vi operano. Viceversa, il decentramento può essere un limite perché di fatto si divide la provincia in tre e si possono perdere alcuni momenti di confronto su scala provinciale, utili anche per condividere buone pratiche e soluzioni».

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