Mirko Rossi, quarant’anni in divisa: «Una vita di servizio sulla strada»

Vigilanza. In pensione la guardia giurata della Sorveglianza italiana, punto di riferimento in città. Sparatorie, furti sventati, inseguimenti: «Fin da ragazzo il fascino della divisa: ora farò il nonno».

Sulla cartolina d’invito alla festa che ha organizzato per il suo pensionamento ha scritto, con un po’ di ironia: «la fine di un’era». E di fatto, in realtà, è proprio così. Mirko Rossi ha rappresentato per quarant’anni a Bergamo un punto di riferimento non solo sul fronte della sicurezza, ma anche una presenza amichevole sulle strade della città, dov’è stato inevitabilmente protagonista nella lotta al crimine: dentro la sua divisa dell’Istituto di vigilanza Città di Bergamo (la «Cvb») prima e della Sorveglianza italiana (in cui il primo è confluito) poi, ha vissuto la città e la provincia, spesso andando oltre il suo ruolo di guardia particolare giurata e diventando un paladino della legalità, imitato da tanti colleghi e stimato dagli amici delle forze del’ordine, dalla questura all’Arma dei carabinieri, dalla polizia locale alla Guardia di finanza.

E anche dalle istituzioni: non a caso in questi giorni, da quando si è diffusa la voce del suo pensionamento «per raggiunti limiti di età», come si dice con un formalismo che a Rossi non si addice, sindaci e amministratori lo stanno contattando per un saluto. Non la semplice pacca sulle spalle che si riserva a chi si conosce da anni e che ora inevitabilmente cambia vita, quanto una vera espressione di ringraziamento, con targhe e omaggi istituzionali. Del resto nessuno avrebbe mai pensato che un giorno Mirko Rossi sarebbe andato in pensione e avrebbe appeso l’amata divisa al chiodo. Invece quel giorno è arrivato e ha spiazzato in primis l’interessato. «Se mi dispiace? Certo che mi dispiace. E molto anche. Ma questa è la vita e tutte le cose belle iniziano e finiscono. Anche questa», confida Rossi, nel contempo incredulo e orgoglioso dell’affetto che sta raccogliendo in questi giorni.

Mirco con la «c» all’anagrafe, sulla stampa è sempre stato Mirko, quasi per affiancare a un cognome così diffuso un nome più incisivo. Come è stato il suo operato in quarant’anni di servizio di guardia giurata: mai scontato, mai oltre il suo ruolo, mai indifferente. Nato in città il 26 marzo del 1964 e sempre residente a Dalmine, ha fin da bambino sentito un’attrazione particolare per la divisa. «Mio nonno era fornaio e aveva un negozio dove spesso, di notte, passavano i carabinieri per fare dei giri di controllo – racconta –: il fascino di quelle divise mi ha colpito fin da ragazzino e mi è sempre rimasto dentro. Mi sono sempre detto: da grande devo anch’io indossare la divisa. E così è stato, fino a oggi, quando è giunto il momento di toglierla». La prima ad arrivare sarebbe stata quella dell’esercito, che vide il giovane Mirko Rossi uscito dalle scuole svolgere il sevizio militare in diverse località italiane, da Padova a Nocera Inferiore. Congedato, diventa guardia giurata – oggi è maresciallo, secondo i gradi degli istituti privati parificati a quelli degli organismi statali – e, soltanto nove mesi dopo, resta coinvolto in un conflitto a fuoco a Osio Sotto, dove riesce a mettere in fuga una banda di ladri che abbandona due camion carichi di refurtiva: risponde al fuoco dei malviventi e, illeso, li fa scappare.

È il 1983 e un giovane Mirko Rossi – che oggi ha ancora da parte l’articolo de L’Eco, uno dei tanti della sua carriera che parlano di lui – si chiede dove sia finito: «Eh sì, all’epoca i banditi sparavano – ricorda – e il lavoro era piuttosto pericoloso. Arrivavo dalla leva militare, dove nessuno mi aveva mai sparato, per finire nel mirino di una banda a Osio Sotto». Ma l’idea di abbandonare la carriera da «metronotte», come lo definiva l’articolo di quarant’anni fa, non lo sfiora minimamente. L’episodio – che sarebbe poi stato uno dei tanti – gli crea anzi una corazza protettiva sotto la divisa, ora diventati i suoi quarant’anni di esperienza. Il suo operato quotidiano è solo in parte contenuto nei faldoni che custodisce gelosamente in ufficio e che raccolgono tutti gli articoli di giornale che parlano di lui. Affissi alla parete ci sono poi encomi e riconoscimenti. Tra gli episodi, uno su tutti è emblematico: negli Anni Novanta Rossi, in servizio con la moto della «Cvb», nota lungo la Dalmine-Villa d’Almè un tir che procede a passo d’uomo.

«Superata la coda, lo affianco e mi accorgo che il conducente è riverso sul volante, svenuto – ricorda Mirko, ancora emozionato –. Riesco a salire al volo e lo scuoto: lui apre gli occhi e mi indica un pulsante che è quello che ferma il camion. Riesco così a frenarlo prima di schiantarci contro una colonna di auto. Mi volto e vedo nella cabina anche un bambino di 8 anni, pure lui addormentato. Era il figlio dell’autista, sardo: entrambi erano sfiniti dal viaggio interminabile». Nel 1996 in via Carducci aiuta la questura a bloccare un malvivente che aveva un arsenale in auto e che forse avrebbe partecipato a una maxi rapina o a un sequestro di persona (l’episodio gli fruttò un encomio).

E, ancora, una sparatoria a Dalmine, a seguito di una rapina. Oltre a decine di grandi e piccoli interventi in città – arresti, furti sventati, inseguimenti –, tutti con l’obiettivo di garantire la sicurezza ai bergamaschi, spesso a fianco delle forze dell’ordine, con ben chiari i ruoli di ciascuno. «Il mio operato si è sempre sviluppato in città, con qualche eccezione anche in provincia – racconta ancora Mirko –. Mi sono sempre spostato sul territorio con la pattuglia della vigilanza, oltre che, per una decina di anni, anche con la moto. Oggi rispetto a 40 anni fa fare la guardia giurata è completamente diverso: tempo fa era fondamentale la presenza fisica, oggi invece aiuta molto la tecnologia». In questi giorni Mirko è contattato per i saluti da forze dell’ordine e istituzioni.

È già stato ricevuto dai sindaci di Dalmine, Lallio e Verdellino. Nei giorni scorsi è stato a Firenze a trovare l’amico ex questore di Bergamo Maurizio Auriemma, poi a Roma e Napoli, dove ha incontrato il presidente dell’associazione Nazionale guardie giurate, Giuseppe Alviti, che si è complimentato con lui. Ma ora – è la vera domanda – Mirko Rossi cosa farà? «Il nonno – ammette, commuovendosi –: mio figlio Christopher, che oggi ha 33 anni, mi ha dato due splendide nipotine, Sara e Serena, gemelle di tre anni. Il mio tempo ora sarà tutto per loro e per la mia passione per i cavalli». Questa è quindi veramente la fine di una bella storia? Forse sì. Tuttavia, qualcuno ha già visto Mirko Rossi bazzicare dalle parti della Protezione civile di Dalmine. Del resto, l’intangibile passione per la divisa, qualunque essa sia, ignora per sua natura quelle cose invece tanto concrete come i limiti di età e le pensioni. Dunque, bando alla parola «fine». Qui, siamo certi, ci sta meglio un bel «continua».

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