Nuovi contagi e giovani
A Bergamo non è allarme

Dopo la riduzione, nelle ultime settimane l’età mediana dei positivi è risalita a 61 anni. Zucchi: «Variazioni legate ai test sierologici».

Non è tramite la movida che s’è mosso il Covid a Bergamo, in quest’ultima coda di epidemia. Non ha viaggiato nelle discoteche, non s’è propagato negli assembramenti dei giovani. I focolai che incendiano il divertimento notturno – tema che rimbalza nella cronaca – restano ancora spenti qui nella terra più ferita dal dramma, almeno per il momento. Lo raccontano i numeri, di nuovo fotografia di come s’è allargata la macchia del virus.

Nelle ultime settimane, anzi, l’età mediana (il valore intermedio fra gli estremi) dei contagi a Bergamo è risalita, mentre la quota di giovani che compongono la platea dei nuovi positivi s’è assottigliata, come evidenzia uno studio dell’Ats di Bergamo sull’«analisi longitudinale per età dei positivi». Nella fase acuta della pandemia, dai primi casi sino al 5 aprile, l’età mediana ha oscillato partendo dai 64 anni e scendendo a 59, con un picco intermedio di 71 anni, alzandosi poi a 72 in concomitanza dei test nelle Rsa e quindi riducendosi nuovamente: quest’ultimo è lo scenario di maggio, giugno e luglio, mesi segnati dagli screening sierologici, in cui l’età mediana dei nuovi positivi è variata tra i 52 e i 55 anni.

Da fine luglio, infine, una nuova crescita: l’ultimo dato (3-9 agosto) indica un’età mediana di 61 anni. Anche una seconda elaborazione, cioè la distribuzione dei positivi per classi d’età, smorza l’allarme sul possibile boom tra i giovani. Cessata l’emergenza, la quota di giovani – che nello studio di Ats si individuano nella classe d’età al di sotto dei 50 anni – aumenta dapprima in maniera cospicua, passando dal 24% di aprile al 40% di maggio e ingrossandosi fino al 43% di giugno, ma a luglio la «fetta» degli under 50 scende al 41% e nei primi nove giorni di agosto plana al 34%.

C’è una spiegazione, nella variazione dell’età. Più che alle catene del contagio via-movida (almeno sino ad ora), ha a che fare col metodo con cui oggi si scoprono i nuovi positivi: cioè tramite i test sierologici, non attraverso tamponi a tappeto per eventuali focolai del divertimento. «La riduzione dell’età mediana appare determinata dalla modalità del processo di tamponamento, più che da un cambiamento dell’attività biologica propria del virus in termini di contagiosità differenziale per età – spiega Alberto Zucchi, direttore del Servizio epidemiologico aziendale di Ats Bergamo che ha realizzato lo studio -. Nella fase più acuta dell’epidemia sono state tamponate prioritariamente le persone ricoverate in ospedale. Nel periodo aprile-marzo sono stati sottoposti a tampone in maniera massiva gli ospiti delle Rsa. Riguardo alle settimane successive, si sono attivati numerosi programmi di screening sierologico sulla popolazione in età lavorativa attiva, con successivi tamponi sui positivi e conseguente effetto di riduzione dell’età mediana. Le ultime due settimane disponibili, sia pur sulla base di una quantità di dati limitata, iniziano a mostrare un nuovo incremento dell’età mediana, ragionevolmente determinato dall’impatto degli screening sull’intera popolazione adulta effettuati in numerose aree della provincia».

La variazione della curva complessiva dei contagi è impressionante, perché nella settimana 9-15 marzo erano positive 237 persone ogni 100 mila, mentre dal 20 luglio in poi 2 ogni 100 mila: un centesimo del picco. La guardia deve però rimanere alta, anche e soprattutto tra i più giovani, considerati gli allarmi che si rincorrono per lo Stivale: «Con l’attuazione rigorosa delle misure di contenimento e attraverso gli importanti sforzi di identificazione, tracciamento e quarantena, possiamo ragionevolmente affermare come in provincia di Bergamo, nonostante l’impressionante impatto subìto nella fase iniziale dell’epidemia, si sia raggiunto un valido controllo della malattia. Tuttavia l’epidemia non può dirsi conclusa – avverte Zucchi -. Un atteggiamento di precauzionale prudenza deve indurre a mantenere in essere le misure di rapida diagnosi, tracciatura e isolamento, per evitare anzitutto l’insorgere di nuovi pericolosi focolai. Appare pertanto molto rischiosa un’errata percezione dell’attuale situazione epidemica, soprattutto se ciò si traducesse in un sostanziale allentamento delle attuali moderate misure di contenimento dell’infezione da Covid-19».

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