«Ospedale, l’ottava Torre si farà. Nel 2026 sarà aperto il cantiere»

L’INTERVISTA. L’assessore al Welfare Bertolaso giovedì al «Papa Giovanni» ha parlato del futuro della sanità bergamasca. «Intervenire sul disagio giovanile, servono reparti per adolescenti».

«Voglio sottolinearlo bene e, mi raccomando, lo metta in evidenza: non sono tipo da fare da promesse da marinaio». Esordisce così l’assessore regionale al Welfare Guido Bertolaso, intercettato dopo l’appuntamento di ieri all’Auditorium Parenzan dove ha incontrato, con il direttore generale del Welfare lombardo Marco Cozzoli, i sindaci e gli stakeholder del territorio per discutere dei progetti per la sanità bergamasca e presentare i nuovi vertici dell’Ats e delle Asst Papa Giovanni e Bergamo Ovest (lunedì sarà alla Bergamo Est).

Quindi assessore, c’è speranza che l’ottava Torre all’ospedale diventi realtà? La comunità bergamasca tiene molto a questo ampliamento.

«La risposta è sì. L’ottava Torre del “Papa Giovanni” si farà. L’intervento va inserito in un quadro che riguarda ulteriori grandi interventi che la Regione sta progettando per la sanità: si investiranno più risorse per i fragili e per le apparecchiature. L’ottava Torre di Bergamo in questo contesta ci sta».

I tempi?

«Entro il 2026 il cantiere sarà avviato: ripeto, non faccio promesse da marinaio. Mi aspetto che l’Asst Papa Giovanni abbia un progetto pronto».

A proposito di investimenti: Il governo ha appena disposto in sede di decreto Pnrr la misura che prevede che per il riammodernamento degli ospedali non si possano più utilizzare i fondi del Piano complementare al Pnrr ma i fondi dell’edilizia sanitaria. Le Regioni sono sul piede di guerra, si parla di tagli per 1,2 miliardi. Cosa comporta tutto questo per la Lombardia? Le Case e gli ospedali di Comunità in via di realizzazione subiranno una battuta d’arresto?

«Le Regioni hanno chiesto un confronto con il ministro Schillaci su questo punto. E la Lombardia ha già espresso un parere negativo. Anche se complessivamente non siamo toccati dalla misura, sempre che passi: i progetti per le Case e gli ospedali di Comunità sono ben avviati, abbiamo qualche ritardo per una decina di strutture, ma Bergamo è in linea con la tabella di marcia. Per il resto, personalmente, con un passato da responsabile della Protezione civile non posso certo pensare di non mettere a norma gli ospedali che hanno bisogno di ammodernamenti, non si discute. E con il Pnrr abbiamo a disposizione risorse importanti per innovare il sistema sanitario, più rispondente alle esigenze dei cittadini».

Liste d’attesa: i problemi ci sono,è innegabile. La Regione ha investito per aumentare gli slot e offrire più prestazioni e un più facile accesso a visite ed esami. Ma le segnalazioni di disservizi sono quotidiane. Come se ne esce?

«Il nodo è la necessità di una nuova organizzazione. Non è un problema economico: prevediamo ulteriori investimenti, per aumentare slot e incentivare il personale. Gli sforzi sono stati notevoli e i numeri ce ne danno riscontro: sono state effettuate 700mila prestazioni in più, e i valori dell’offerta sono cresciuti fino all’8 per cento. La strada da percorrere è il Cup unico, l’obiettivo è consentire che tutti abbiano la possibilità di ottenere le visite o gli esami prescritti. E per questo serve un coordinamento e una condivisione di tutti gli ospedali, pubblici e privati, che devono mettere a disposizione il 100% dei loro slot in agenda per il Cup unico. La Regione ha appena chiuso il bando di gara per il sistema informatico del Cup unico, l’assegnatario è il Rit, raggruppamento temporaneo di imprese con prima mandataria Enginering Ingegneria informatica Spa».

I tempi per il Cup unico?

«Non è cosa semplice né rapida: il sistema deve dialogare con tutti i sistemi in uso attualmente negli ospedali. In Lombardia abbiamo già 12 Asst con sistemi compatibili: partiremo con una sperimentazione a Brescia, e l’inserimento anche di almeno tre realtà private, poi credo sia ragionevole affermare che al massimo entro il 2025 si potrebbe cominciare ad andare a regime, con la messa in condivisione di tutte le agende».

Ci sono vincoli per quelle Aziende che non metteranno a disposizione tutte le agende per tutte le prestazioni?

«Sono già previste penalizzazioni, con sanzioni».

Si teme che le liste d’attesa possano allungarsi anche per l’introduzione del nuovo tariffario dall’1 aprile, con un taglio dei rimborsi da parte del Servizio sanitario nazionale per molte prestazioni. Aiop, l’ospedalità privata, ha espresso preoccupazione, per Aris, l’ospedalità di area cattolica, i pazienti non dovrebbero soffrire impatti dai tagli.

«Rimarco che la Regione si è spesa per ridurre l’impatto del nuovo tariffario. In teoria, inoltre, gli ospedali con queste nuove tariffe dovrebbero puntare a garantire maggiori offerte di prestazione, e quindi il cittadino dovrebbe averne vantaggi».

Liste d’attesa e carenza di medici vanno a braccetto.

«La carenza di medici specialisti in ospedale andrebbe affrontata con una rivoluzione culturale: ai nuovi medici dobbiamo garantire la giusta remunerazione e la possibilità di lavorare senza timore di aggressioni. La riforma in atto per i Pronto soccorso sono certo che invoglierà più giovani a operare nel settore, bellissimo, dell’Emergenza e urgenza. E la Regione metterà in campo risorse per il personale. Intanto si continua sulla strada intrapresa per sanare la questione dei medici cosiddetti gettonisti: non si può accettare che un medico ospedaliero venga pagato 2.200 euro al mese mentre i professionisti a gettone ne guadagnano 1.500 con pochissimi turni settimanali. Per questo abbiamo aumentato anche le tariffe per i medici liberi professionisti che verranno reclutati con il nuovo sistema centralizzato e coordinato da Areu. So che anche a Bergamo sono già state fatte assunzioni con questa modalità e c’è soddisfazione. Infine, è allo studio con i ministeri della Salute e dell’Università un intervento perché gli specializzandi possano essere impiegati in tutti gli ospedali da subito, non solo negli Irccs, senza vincoli legati alle loro scuole di specialità. Le giovani leve devono poter mettersi in gioco. Altrettanto, per quei medici ospedalieri che scelgono di spostarsi sul territorio come medici di medicina generale abbiamo proposto che sia sufficiente un anno di scuola di formazione e non tre per poter esercitare».

Medici di base: anche il territorio soffre. Intanto,nella Bergamasca la Cad (Continuità assistenziale diurna) verrà sostituita dagli Amt, gli Ambulatori medici temporanei: diversi medici di medicina generale potrebbero non aderire, perché la retribuzione oraria, e non a prestazione, è troppo bassa.

«Il progetto della Cad era sperimentale, e andava uniformato al resto della Regione. Manteniamo gli aspetti positivi, rendendo omogeneo un servizio, anche con una equità di retribuzione, come previsto dalle regole di sistema. Il passaggio comunque da Cad ad Amt sarà graduale. Per quanto riguarda le carenze, agli studenti della scuola di formazione per la medicina generale è consentito, da subito, di avere un ambulatorio con un certo numero di pazienti, proprio per favorire nuovi ingressi. Una connessione più efficace tra ospedale e territorio passa anche dalla valorizzazione dei medici di famiglia: a Bergamo sta funzionando, nelle case di Comunità per esempio, dove specialisti ospedalieri e medici di medicina generale dialogano, a tutto vantaggio del paziente».

Tra le emergenze su cui è necessario intervenire subito lei ha messo in risalto il disagio giovanile.

«È un problema su cui la società deve interrogarsi, a partire dalle famiglie e dalla scuola. Sul fronte sanitario, l’offerta deve rapidamente adeguarsi per fronteggiare una situazione dilagante. Occorre potenziare i servizi per la neuropsichiatria infantile; e servono reparti, per esempio, riservati agli adolescenti, che oggi invece si ritrovano ricoverati o tra gli adulti o tra i bambini».

Quindi sono previsti posti letto in più sia per la neuropsichiatria infantile che gli adolescenti ?

«Le linee di indirizzo della Regione parlano chiaro: questa è la strada indicata. La Regione stanzierà risorse per quest’area d’intervento, sta poi alle Asst metterle in pratica».

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