Per le famiglie dei deportati in arrivo risarcimento per 55 milioni di euro

La novità I fondi sono stati stanziati con il Pnrr. In Bergamasca le famiglie interessate potrebbero essere circa 30mila. Per le modalità di accesso bisognerà attendere i decreti attuativi.

Ci sono voluti 77 anni esatti, ma con il Pnrr il Governo ha trovato finalmente i fondi per risarcire le decine di migliaia di deportati italiani, vittime di crimini di guerra e contro l’umanità, che sono stati perseguitati durante l’ultimo conflitto mondiale. Il Fondo, istituito per legge, compare all’articolo 43 del Decreto Legge 36 pubblicato il 30 aprile in Gazzetta Ufficiale (ma ancora in discussione in Parlamento) e prevede uno stanziamento di 55,4 milioni di euro dal 2023 al 2026 da destinare alle famiglie che sono già in possesso di una sentenza che testimonia l’accertamento e la dovuta liquidazione dei danni. Il provvedimento dà ancora la possibilità di ricorrere contro la Germania, per chi non lo avesse ancora fatto, ma solo entro 30 giorni dalla pubblicazione del Decreto Legge. Una scelta che ha fatto storcere il naso all’Associazione Nazionale Reduci dalla Prigionia (Anrp), ma che potrebbe essere corretta nel dibattito attualmente in atto al Senato.

«Il provvedimento prevede uno stanziamento di 55,4 milioni di euro dal 2023 al 2026»

Secondo le stime dell’associazione, l’iniziativa del Governo potrebbe interessare circa 3 0mila famiglie bergamasche; tanti sono i nostri concittadini che sono stati deportati nei campi di sterminio e di lavoro dalle forze del Terzo Reich nel periodo tra il 1° settembre 1939 e l’8 maggio 1945. «Di questi – spiega Maurizio Monzio Compagnoni, tra i pochi membri rimasti dell’associazione nella nostra provincia –, circa 1.500 non tornarono più». Oggi i reduci di quella guerra sono ormai pochissimi, tuttavia la possibilità di accedere al ristoro spetta di diritto anche ai discendenti. La procedura di accesso al Fondo e le modalità di erogazione degli importi saranno stabilite dai decreti attuativi in capo al Ministero dell’Economia che ha tempo sei mesi dal 30 aprile per intervenire. Nel frattempo la discussione va avanti alla Prima e Settima commissione del Senato, con l’obiettivo di licenziare il decreto entro fine agosto.

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