Rapina a casa Facchinetti, la pista della banda dei vip

Le indagini. Gli inquirenti stanno confrontando l’assalto alla villa del cantante con la rapina al pastaio De Cecco in Abruzzo e quelle ad altri noti imprenditori di Iseo e Franciacorta: stesso modus operandi, caccia a banditi dell’Est.

Puntavano a un lauto bottino, gioielli e orologi di valore, ma non hanno trovato né casseforti né collezioni di Rolex. I tre rapinatori che domenica sera hanno sequestrato per «35 minuti terribili» come lui stesso ha pubblicato sui social, Roby Facchinetti e la sua famiglia, se ne sono andati con 4mila euro in contanti, un paio di orologi (ma un Rolex era in realtà una riproduzione) e gioielli per un bottino ancora da quantificare, ma non certo quello che i tre malviventi si aspettavano. Erano convinti che il cantante, nella villa all’angolo tra via del Lazzaretto e via Baioni, tenesse molto più di ciò che effettivamente hanno trovato. Ed è per questo che hanno insistito, con i volti coperti dai passamontagna, minacciando e puntando le pistole contro il cantante e sua moglie, suo figlio Roberto e la sua compagna.

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Analogie con la rapina De Cecco

Emergono nuovi elementi sull’assalto di domenica scorsa alla villa del cantante dei Pooh, 78 anni e in partenza per il Festival di Sanremo: gli agenti della Squadra Mobile della questura, coordinati dal procuratore aggiunto Maria Cristina Rota che ha aperto un fascicolo per rapina pluriaggravata, potrebbero far parte delle bande che in questi mesi stanno prendendo di mira personaggi noti, formate per lo più da albanesi. L’ultima a finire sui giornali è stata quella del 23 gennaio nella villa di Saturnino De Cecco, membro della famiglia proprietaria dello storico pastificio abruzzese, nella zona collinare di Montesilvano.

Un colpo fotocopia di quello di Bergamo: quattro banditi armati e incappucciati sono entrati in casa poco dopo le 21, hanno bloccato la moglie e la figlia in cucina e hanno costretto l’imprenditore a consegnare gioielli e oggetti di valore. Parlavano con accento straniero, ha raccontato De Cecco, colpito al volto, fortunatamente senza gravi conseguenze. «Abbiamo avuto la fortuna che quando la situazione stava precipitando è scattato l’allarme – ha aggiunto la moglie –. Si sono spaventati e sono scappati. Ma non era quella l’intenzione. Sarebbero rimasti ancora. Avevano già preso tutto, ma volevano e chiedevano altro».

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Cercavano la cassaforte

A Roby Facchinetti è stata risparmiata la violenza fisica, anche se la moglie Giovanna Lorenzi ha avuto un malore a causa del forte choc. Per entrare nella villa di Roby i tre rapinatori hanno scavalcato il cancello e hanno aspettato in giardino, approfittando del fatto che l’allarme e la videosorveglianza in quel momento (stesso orario, poco prima delle 21) non fossero attivi perché la famiglia era in casa. Non appena il figlio ha aperto la porta per far rientrare il cane, sono entrati anche loro: hanno minacciato Roberto e la compagna nell’appartamento al piano terra, si sono fatti consegnare i gioielli e gli orologi che indossavano e i contanti, poi sono saliti al primo piano dove c’erano Roby e la moglie. Anche loro hanno obbedito e consegnato tutto, ma i rapinatori volevano di più: peccato però che nella villa non ci fossero né una cassaforte né collezioni di preziosi orologi. Dopo averli tenuti in ostaggio 35 minuti sono scappati e Facchinetti ha chiamato il 112.

Il questore: massimo impegno

«Siamo intervenuti immediatamente e siamo sempre stati vicini alla famiglia, non perché si tratta di un personaggio famoso ma perché lo facciamo con tutti – spiega il questore Stanislao Schimera –. Il nostro primo pensiero è stato per la salute delle persone, poi ci siamo messi al lavoro per le indagini, sulle quali non posso dire nulla se non che garantiamo il nostro massimo impegno».

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I tre banditi sono fuggiti in auto e gli investigatori stanno controllando le telecamere e il sistema Thor per la lettura delle targhe. Certamente l’auto risulterà rubata, ma potrebbe comunque dare un’indicazione del percorso utilizzato dalla banda per arrivare in città e per allontanarsi. Si stanno inoltre facendo confronti con altre rapine analoghe messe a segno negli ultimi mesi, in particolare sul lago d’Iseo e in Franciacorta: a metà gennaio a Iseo l’imprenditore Roberto Botti, titolare della «Simes», importante azienda nel settore elettrico, è stato aggredito da tre banditi a volto coperto che hanno aspettato che rincasasse in auto e poi, sotto la minaccia delle armi e colpendolo con il calcio della pistola, lo hanno obbligato ad aprire la porta di casa in cui c’erano la moglie (anche lei picchiata) e la figlia. Si sono fatti aprire la cassaforte e sono scappati con soldi e gioielli per circa 20mila euro. A metà dicembre invece quattro persone a volto coperto hanno rapinato il patron della «Gefran» di Provaglio d’Iseo, Ennio Franceschetti, in casa con la badante e il nipote. I banditi sono riusciti a farsi dare 4mila euro in contanti, gioielli e orologi.

«Ci hanno minacciato pesantemente e chiesto di aprire la cassaforte», ha raccontato il nipote. Anche per loro erano stati 25 minuti di terrore. Nella frazione di Corte Franca a fine settembre invece le vittime, due medici, erano state sequestrate per tre ore perché restii a consegnare soldi e gioielli.

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