Sfratti, la storia di una mamma con due bimbi: «Meno lavoro con il Covid, affitto insostenibile»

Amina, un part time, e due figli piccoli. La convalida di sfratto è arrivata a fine anno: «Vorrei trovare una soluzione per pagare il debito»

È una questione di settimane, al massimo di un paio di mesi. Tanto manca al giorno in cui Amina (il nome è di fantasia) sarà costretta, insieme alla sua famiglia, a riconsegnare le chiavi del suo appartamento alle porte della città, nel quale vive ormai da 12 anni con il marito e due figli piccoli.

La raccomandata con la notifica della convalida di sfratto è arrivata alla fine di novembre; con lo sblocco delle esecuzioni ogni giorno è buono per ricevere la visita dell’ufficiale giudiziario. Amina ha 36 anni, è originaria del Nordafrica, ma è naturalizzata italiana; dal 2010 vive e lavora regolarmente in provincia di Bergamo; in città sono nati Omar e Samir, rispettivamente 4 e 9 anni fa. Fino al 2018 lavorava anche il marito, poi lui ha perso il lavoro e per tutto il 2019 è andato avanti a piccoli impieghi saltuari, perlopiù fuori città. Faceva il magazziniere, ma anche il lavapiatti, l’aiuto giardiniere o l’imbianchino, a seconda delle offerte che questa o quell’agenzia di lavoro temporaneo gli presentavano di volta in volta.

Da quando è scoppiata la pandemia, il suo telefono ha smesso di squillare e la responsabilità della famiglia, a livello economico, è ricaduta unicamente sulle spalle di Amina. «Ho un contratto part-time in una ditta di pulizie – spiega –. Fino a due anni fa riuscivo ad arrotondare lavorando qualche ora in più, poi con il Covid molte delle nostre commesse sono state cancellate». Negozi, aziende e uffici chiusi da una settimana all’altra, non hanno più avuto bisogno di qualcuno che li riassettasse tutti i giorni. E così gli orari di lavoro si sono ridotti, fino quasi a scomparire.

Nell’estate del 2020 le prime mensilità d’affitto non pagate: «Ho dovuto scegliere se continuare a fare la spesa, o pagare l’appartamento», dice Amina. L’anno scorso, nonostante qualche aiuto ricevuto dai Servizi sociali, si è consumato il tracollo: i 6 euro e mezzo all’ora (lordi) per le poche ore di lavoro alla settimana non hanno lasciato scelta alla giovane mamma.

Prima l’avvertimento del padrone di casa, poi l’istanza presentata in tribunale, infine la convalida di sfratto, arrivata prima della fine dell’anno: «Da allora la notte non dormo più – dice ancora Amina –; vorrei trovare una soluzione per ripagare questo debito, ma non è facile. E non so che fine faremo, se ci costringeranno davvero a lasciare questa casa». Due locali (ampi) per quattro persone e 480 euro di affitto al mese: una cifra diventata ormai insostenibile da pagare. «L’azienda dice che tanti contratti non sono ancora stati riattivati e noi dipendenti non possiamo che aspettare la ripresa del lavoro», prosegue Amina, che nel frattempo sta provando a cercare, così come suo marito, un altro impiego.

Nel 2021 la famiglia si è rivolta al Sunia, il sindacato degli inquilini, che ora sta provando a fare riconoscere la condizione di «morosità incolpevole». «Non sarà possibile recuperare la situazione pregressa – spiegano dal sindacato –, ma è un tentativo per aiutare queste persone a trovare un altro appartamento. Stiamo aspettando che arrivi un parere favorevole a questa richiesta; da parte nostra c’è sempre la volontà di interloquire con le istituzioni, anche se purtroppo di storie simili in provincia di Bergamo ce ne sono parecchie e non sempre riusciamo ad aiutare tutti».

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