
Cronaca / Bergamo Città
Lunedì 16 Giugno 2025
Studenti del Sarpi di Bergamo a caccia di resti etruschi: «Un viaggio unico nella storia»
IL PROGETTO. Quaranta ragazzi del «Sarpi» tra scavi e reperti. Per giorni nella necropoli di Cerveteri. «Dai libri al campo, che esperienza».
C’è un momento, nel silenzio della terra smossa, in cui una mano spolvera un frammento antico. E qualcosa cambia. Non è solo un coccio: è una voce dal passato che torna a farsi sentire. È in quell’istante che si apre un portale tra ieri e oggi, la magia avviene, il passato inizia a dialogare con il presente e la vita assume un altro significato, a cui attaccarsi con vigore.
Il progetto «Archeostage»
Una quarantina di studenti delle classi terze del liceo classico Paolo Sarpi, nell’ultima settimana di maggio, hanno potuto vivere questa esperienza, grazie al progetto «Archeostage» che, ormai, si è lasciato il periodo pandemico alle spalle ed è ripartito con rinnovata energia per offrire agli studenti «sarpini» un’esperienza formativa e umana che permette loro di confrontarsi direttamente con il mestiere dell’archeologo, tra scavi, reperti e polvere millenaria. Il progetto, ideato quasi trent’anni fa dal professor Bruno Ippolito – oggi in pensione ma ancora figura di riferimento – e oggi gestito con passione dalla docente di latino e greco del Sarpi Chiara Soldani, ha portato gli studenti a lavorare in uno dei siti più suggestivi dell’Italia antica: la necropoli della Banditaccia a Cerveteri. Un luogo in cui il tempo sembra sospeso e ogni pietra racconta una storia. Sei giorni a contatto diretto con il passato, tra scavi e catalogazione sono stati accompagnati anche da visite a musei e siti etruschi e romani: il Museo di Tarquinia, il Museo nazionale di Villa Giulia a Roma, l’Ara Pacis a Roma, Villa Adriana a Tivoli e nell’area archeologica dell’antica città etrusca di Roselle.
«Che emozione vedere dal vivo quello che studiamo sui libri e dire: “Esiste davvero!”»
Non si è trattato solo di studiare la civiltà etrusca e romana, ma di toccarla, sentirne la consistenza tra le dita, ascoltarne l’eco nelle aule museali e nei corridoi del tempo. «È stata un’esperienza bellissima. Che emozione vedere dal vivo quello che studiamo sui libri e dire: “Esiste davvero!” E ho scoperto quanto sia affascinante il mondo dell’archeologo», ha detto la studentessa di 3a E, Anna Carlotto. Ciò che più ha colpito, invece, la compagna Anita Navoni, è stato «pensare alle vite delle persone che toccavano quegli oggetti e camminavano per quelle strade. Ho capito che la storia non è passata, ma continua a esistere nel ricordo, grazie alla memoria di cui gli archeologi si prendono cura».
«Ragazzi dal grande valore umano»
Per Sofia Betti, 3 C, «l’ambiente era magico, per i suoi colori, per il viaggio nel tempo che ci ha permesso di fare fuori dai libri e dalla classe». Ma l’Archeostage non è stato solo apprendimento: è stato anche confronto, scoperta dell’altro, amicizia. «I ragazzi coinvolti si sono dimostrati motivati, puntuali, attenti, dal grande valore umano. È stato bello vedere anche studenti, all’inizio introversi, uscire dal guscio grazie al gruppo che si era creato, motivati dalle relazioni», ha detto il professor Bruno Ippolito. Un progetto prezioso per le nuove generazioni, per accendere la passione verso l’archeologia e la storia, sensibilizzare i ragazzi al patrimonio storico-archeologico italiano e ai temi della sua conservazione, ma anche formare cittadini consapevoli. «Ringrazio per aver autorizzato la realizzazione del progetto, Vincenzo Belleli, direttore del Parco archeologico di Cerveteri e Tarquinia – ha puntualizzato Bruno Ippolito –. Un grazie va anche all’archeologo Carmelo Rizzo per aver seguito gli studenti nelle attività archeologiche e ai suoi colleghi Federico Petetti e Patrizio Fileri. Solo grazie alla collaborazione dei tanti che hanno dato la propria disponibilità abbiamo potuto realizzare questo progetto così importante per gli studenti». E così, tra vanghe, pennelli e taccuini, qualcosa è germogliato. Un nuovo sguardo sul passato, forse anche bozze di futuro. Perché a volte basta un granello di terra su un dito, un frammento che riaffiora, per accendere una passione che durerà tutta la vita.
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