Su e giù dalle Alpi per 330 chilometri: la sfida del prof corridore

LA STORIA. Michele Pellegrini, 42 anni, prof di italiano, partecipa alla Tor des Géants, la «regina» dell’ultra trail, la corsa in alta quota.

È una via di mezzo tra ciò che diceva il vecchio barone de Coubertin, quello dell’«importante è partecipare», e l’agonismo da vittoria. C’è un sentimento che sta a metà strada, ed è una strada lunga la bellezza di 330 chilometri, su e giù dalle Alpi della Valle d’Aosta: si chiama Tor des Géants, la «regina» dell’ultra trail, la corsa in alta quota.

Si parte domenica 10 settembre da Courmayeur, con una trentina di bergamaschi al via. E se qualcuno ha ambizioni ed esperienze di vittoria, come i fuoriclasse nostrani Melissa Paganelli (tra le donne favorite) o Oliviero Bosatelli (due volte vincitore, ma alle prese con problemi fisici), ci sono anche i «normal one» che sfidano prima di tutto se stessi: «È una passione, e l’obiettivo vero è arrivare in fondo», sorride ad esempio Michele Pellegrini, 42enne residente in città, alla sua seconda esperienza al Tor. Di professore insegnante di italiano, storia e geografia in un istituto di formazione professionale, Pellegrini ha stampato nella mente il display di un cronometro: 138 ore. Tante ne ha impiegate, lo scorso anno, per completare quei 330 chilometri (la stessa distanza che c’è tra Bergamo e Udine, per fare un esempio) di corsa su e giù tra le Alpi, attraverso 24mila metri di dislivello positivo.

«La sfida vera è la notte – racconta Pellegrini –. Durante il giorno il Tor è una festa, con tantissimo pubblico sui sentieri. Quando cala il buio, invece, subentra tutta la stanchezza, e il sonno è il vero grande avversario, l’elemento più duro da affrontare». Perché è vero che in quota sono allestiti ristori e rifugio e che la sicurezza è garantita dall’organizzazione. Ma è comunque una prova atletica di grandissimo sforzo, con un tempo massimo fissato in 150 ore: e se si dorme troppo e non si è un «superman» della corsa in montagna, stare entro i limiti non è semplice. «Come vivrò la gara? Io sono un cane sciolto – sorride l’insegnante-runner, che nel tempo libero coltiva anche la passione della scrittura –: per gli aspetti logistici mi appoggio ad alcuni amici valdostani, poi si parte in solitaria. Ma durante la gara si finisce per conoscere altre persone e viaggiare con loro, condividendo fatica ed emozioni, sfidando se stessi più che la classifica». L’importante, qui, è arrivare al traguardo.

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